L’8 aprile, durante una conferenza stampa il presidente del consiglio italiano Mario Draghi ha commentato l’incidente diplomatico tra il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Due giorni prima ad Ankara, Erdoğan e il presidente del consiglio europeo Charles Michel avevano occupato le sedie preparate per l’incontro lasciando in piedi Von der Leyen. Draghi ha detto: “Non condivido assolutamente le posizioni del presidente Erdoğan, credo che non sia stato un comportamento appropriato, mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Von der Leyen ha dovuto subire”. Poi riferendosi a Erdoğan l’ha definito un dittatore “di cui però si ha bisogno”. Secondo il quotidiano spagnolo El País, le parole di Draghi sono nate dal suo recente viaggio in Libia, “dove s’intrecciano gli interessi dei due paesi”, e “potrebbero aprire un nuovo incidente con la diplomazia turca”. Il ministro degli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha condannato le “brutte parole” del presidente del consiglio italiano. In riferimento al viaggio di Draghi, anche il sito spagnolo d’informazione Nius sottolinea che “l’Italia cerca di riconquistare l’influenza persa nel paese nordafricano e d’imporre l’agenda europea contro il peso crescente della Turchia a Tripoli. Il viaggio di Draghi rivela l’interesse di Roma a rioccupare un ruolo centrale nella sua ex colonia”. Diversa l’opinione del blog turco Yetkin Report: “Il fatto che Mario Draghi ignori la rivalità tra i due rappresentanti dell’Unione europea e qualifichi Erdoğan come un dittatore alimenta il pregiudizio nei confronti della Turchia. La natura del problema sollevato dall’incidente del protocollo è una doppia morale: l’Unione europea afferma di difendere valori e princìpi mentre si preoccupa solo di difendere i suoi interessi”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati