Il 17 novembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato il piano di pace del presidente statunitense Donald Trump per la Striscia di Gaza, che prevede tra le altre cose l’invio di una forza internazionale.

Trump ha definito la votazione “una delle più importanti nella storia delle Nazioni Unite”.

Il presidente statunitense ha ringraziato i paesi membri del Consiglio di sicurezza, comprese Russia e Cina, che si sono astenute, mentre gli altri tredici hanno approvato il piano.

Modificata più volte nel corso di difficili negoziati, la risoluzione “sostiene” il piano di Trump, che a partire dal 10 ottobre ha garantito una fragile tregua tra Israele e Hamas.

Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, ha definito la sua adozione “un passo importante nel consolidamento della tregua”.

Hamas ha reagito contestando la risoluzione, sostenuta invece dall’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). “Il testo non risponde alle necessità e ai diritti politici e umani dei palestinesi, imponendo un meccanismo di tutela internazionale sulla Striscia di Gaza che rifiutiamo categoricamente”, ha affermato Hamas.

La risoluzione conferisce mandato fino al 31 dicembre 2027 a un “comitato di pace”, definito “un organismo di transizione” in attesa di poter coinvolgere nell’amministrazione un’Anp profondamente riformata. Il comitato sarà presieduto da Trump.

Prevede anche una “forza di stabilizzazione internazionale” (Isf), che avrà il compito di garantire la sicurezza dei confini con Israele e l’Egitto, la smilitarizzazione di Gaza, il disarmo dei “gruppi armati non statali”, la protezione dei civili e la formazione di una polizia palestinese. Il testo non fornisce dettagli sulla composizione dell’Isf.

Contrariamente alle prime versioni, la risoluzione menziona la possibilità di uno stato palestinese. Dopo la riforma dell’Anp “potrebbero esserci le condizioni per un percorso serio verso l’autodeterminazione palestinese e la nascita di uno stato”, afferma il testo.

“La nostra ferma opposizione a un qualunque stato palestinese non è cambiata”, aveva però ribadito il 16 novembre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon ha insistito sul ritorno dei corpi degli ultimi tre ostaggi ancora a Gaza e sulla “smilitarizzazione di Hamas”.

Pur astenendosi, la Russia ha criticato la risoluzione statunitense, sostenendo che non vada abbastanza lontano sulla prospettiva di uno stato palestinese, schierandosi apertamente per una soluzione a due stati.

“Votare contro la risoluzione significa votare per la ripresa alla guerra”, aveva avvertito l’ambasciatore statunitense Mike Waltz.