Awdah Hathaleen, attivista e giornalista palestinese che ha contribuito alla realizzazione del documentario No other land, premiato con l’Oscar, è stato ucciso da un colono israeliano in un villaggio sulle colline a sud di Hebron, in Cisgiordania, suscitando un’ondata di condanne per l’impunità di questa violenza.
L’attacco del 28 luglio è stato immortalato da un video in cui si vede il colono Yinon Levi, già inserito nella lista della sanzioni statunitensi dal presidente Joe Biden e poi rimosso da Donald Trump, mentre spara con una pistola contro i residenti del villaggio di Umm al Khair nello stesso momento in cui è avvenuta l’uccisione di Hathaleen.
Levi è stato fermato dalla polizia israeliana per essere interrogato e poi rilasciato agli arresti domiciliari mentre proseguono le indagini.
Il video del colono israeliano che spara con una pistola durante un attacco contro i palestinesi
Il 29 luglio Alaa Hathaleen, cognato di Awdah Hathaleen, presente al momento dell’uccisione, ha detto: “[Levi] ha cominciato subito a sparare a caso. Gli abbiamo detto: ‘Ci sono molte persone, ci sono i bambini, non sparare!’. Ma lui ha sparato lo stesso. Awdah non era neanche coinvolto”.
L’uccisione di Awdah Hathaleen è avvenuta in un contesto di crescente violenza da parte dei coloni e dell’esercito israeliano contro i palestinesi nei territori occupati. Almeno 1.009 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania dall’ottobre del 2023, mentre i feriti sono stati oltre settemila. Raramente gli israeliani responsabili delle violenze sono processati dalle autorità, anche se gli insediamenti sono considerati illegali dal diritto internazionale.
Secondo gli attivisti del villaggio di Umm al Khair, che si trova vicino all’insediamento israeliano di Carmel fondato nel 1980, l’uccisione è avvenuta dopo che un colono ha devastato con un bulldozer i terreni dei palestinesi, distruggendo alberi ed edifici. Quando un residente si è avvicinato per dire all’autista del bulldozer di fermarsi, quest’ultimo lo ha colpito con la lama anteriore della ruspa. Gli abitanti del villaggio, a quel punto, hanno cominciato a lanciare pietre. Levi sarebbe arrivato dal suo insediamento e avrebbe aperto il fuoco, secondo alcuni testimoni. Hathaleen, che si trovava lontano dallo scontro, è stato colpito da un proiettile.
“La mattina ridevamo e scherzavamo”, ha detto il cognato Alaa Hathaleen. “Non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto. Il suo sangue era ovunque”.
Una dozzina di soldati israeliani ha in seguito fatto irruzione nella tenda in cui si stavano svolgendo i riti funebri, spingendo fuori le persone e minacciandole di usare le granate stordenti. I soldati hanno chiuso l’area alle persone non residenti nel villaggio, dichiarandola zona militare. Hanno arrestato due attivisti e lanciato granate stordenti contro i giornalisti che non sono andati via subito.
“Venire qui, nel luogo in cui è stato ucciso e cacciare via le persone? Questa non è vita, è contro ogni legge del mondo”, ha detto Alaa Hathaleen mentre i soldati lo spingevano fuori dalla tenda.
L’uccisione di Awdah Hathaleen ha suscitato un’ondata di solidarietà e di condanna internazionale, con il ministero degli esteri francese che ha definito la violenza dei coloni “una questione di terrorismo”. “La Francia condanna con la massima fermezza questo omicidio e tutte le violenze deliberate perpetrate dai coloni estremisti contro la popolazione palestinese che stanno proliferando in tutta la Cisgiordania”, ha dichiarato il ministero degli esteri francese, invitando il governo israeliano a ritenere responsabile l’assassino di Hathaleen.
Hathaleen era padre di tre figli e residente a Masafer Yatta. Gli sforzi per impedire alle forze israeliane di distruggere le case dei palestinesi sono stati il soggetto del documentario No other land che ha vinto l’Oscar.
“Il mio caro amico Awdah è stato massacrato”, ha scritto Basel Adra, uno dei registi palestinesi del documentario. “Era nel suo villaggio quando un colono gli ha sparato, colpendolo al petto e uccidendolo. È così che Israele ci cancella, una vita alla volta”.
Gli attivisti hanno condiviso l’ultimo messaggio inviato da Hathaleen prima della sua morte, in cui invitava la popolazione a intervenire per fermare l’invasione dei coloni a Umm al Khair. “I coloni si muovono vicino alle nostre case”, aveva scritto. “Hanno provato a tagliare il condotto principale dell’acqua che rifornisce la comunità. Se avete la possibilità di farvi sentire dal congresso, dai tribunali o da qualsiasi altra istituzione, per favore fate tutto il possibile”.
Il ministero dell’istruzione dell’Autorità palestinese ha accusato i coloni israeliani in Cisgiordania di uccidere deliberatamente gli attivisti e ha dichiarato sui suoi social che Hathaleen “è stato ammazzato dai coloni […] durante un’aggressione nel villaggio di Umm al Khair”.
L’esercito israeliano ha detto di essere a conoscenza dell’accaduto, confermando che un “civile israeliano” armato ha aperto il fuoco contro un gruppo di persone che lanciavano pietre. La polizia israeliana ha dichiarato di aver fermato un cittadino israeliano per interrogarlo e ha precisato di aver aperto un’inchiesta. L’esercito ha arrestato nove residenti di Umm al Khair, compresi due attivisti internazionali.
“In seguito all’incidente è stata accertata la morte di un palestinese”, ha precisato la polizia. Durante l’udienza di custodia cautelare, un rappresentante della polizia ha dichiarato che Levi e un minorenne sono stati attaccati da persone che lanciavano pietre e che sembrava che “la loro vita fosse in pericolo”.
Michael Sfard, uno dei principali avvocati israeliani per i diritti umani, ha detto che i coloni godono di una “quasi totale impunità” in Israele. “La giustizia è scomparsa completamente. La violenza dei coloni è violenza di stato e serve agli interessi politici e ideologici di Israele”, ha aggiunto.
Il mese scorso Hathaleen e suo cugino Eid al Hathaleen, artista e leader di comunità, si erano visti negare l’ingresso negli Stati Uniti all’aeroporto internazionale di San Francisco dopo la revoca del loro visto. I due dovevano partecipare a una serie di conferenze sponsorizzate da organizzazioni religiose.
Bilal Mahmood, esponente della corte dei supervisori di San Francisco, ha protestato contro la decisione di revocare il visto ai due palestinesi ed espellerli. Il 28 luglio ha dichiarato: “Poche settimane fa Awdah aveva cercato di venire a San Francisco per costruire ponti tra le culture e condividere un messaggio di pace. Voleva raccogliere fondi per organizzare campi estivi e permettere ai bambini palestinesi di assaporare la vita sicura che nel loro paese è impossibile. E invece lo hanno respinto all’aeroporto”. E ha aggiunto: “Questa è una tragedia enorme che bisogna condannare con fermezza”.
Nel suo primo giorno da presidente dopo il ritorno alla Casa Bianca, Trump aveva cancellato le sanzioni imposte da Biden contro Levi e un’altra decina di coloni e organizzazioni estremiste che terrorizzano i palestinesi nella Cisgiordania occupata. Levi è sottoposto a sanzioni da parte del Regno Unito e dell’Unione europea.
Hathaleen aveva documentato la campagna di espulsioni forzate e demolizioni per la rivista israelo-palestinese +972. Un anno fa, in un articolo intitolato “A Umm al Khair l’occupazione ci sta condannando tutti a un trauma che attraversa diverse generazioni”, aveva scritto: “Le forze di demolizione entrano nel villaggio. Tutti i bambini corrono dalle madri, che si affrettano a mettere in salvo quello che possono dalle case prima che sia troppo tardi. Tutti osservano con ansia per scoprire chi perderà la casa oggi. I bulldozer si raccolgono nel centro del villaggio, poi si fermano. I soldati scendono dai mezzi. Gli abitanti del villaggio si guardano negli occhi, cercando parole di conforto. Ma non ce ne sono. I nostri bambini ci chiedono perché tutto questo stia accadendo. Non abbiamo risposte”.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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