Truth è un social network creato e lanciato nel 2022 dal Trump media & technology group, azienda di proprietà di Donald Trump. La parola truth, in italiano, significa “verità”. “Il nostro obiettivo”, si legge sul sito ufficiale del social media, “è sempre stato fornire una piattaforma sociale nello spirito del primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, per la libertà d’opinione e la possibilità di condividere liberamente le idee”. Il sito dell’azienda rincara la dose: “Una forza unificante per la libertà di espressione. Nessuna discriminazione politica. Cancellare la cancel culture. Opporre resistenza alle grandi aziende tecnologiche”.

Trump aveva annunciato Truth nel 2021, dichiarando che sarebbe diventato uno spazio contro la tirannia delle big tech, le grandi aziende tecnologiche. All’epoca, infatti, i miliardari della Silicon valley non avevano ancora radicalmente cambiato il proprio allineamento politico. Anzi, Trump era stato bandito da Facebook e da Twitter.

Secondo i dati disponibili, Truth viene usato da qualche milione di persone ogni mese: non ha né la penetrazione né la partecipazione dei social media più famosi. Però è diventato uno dei tanti palcoscenici che Trump usa per lanciare i suoi messaggi, spesso amplificati su altri canali.

Il 21 luglio 2025, proprio su Truth, Trump ha pubblicato un video che era stato diffuso, originariamente, su TikTok. Nel video si vede un montaggio di vari esponenti politici democratici che affermano che nessuno è al di sopra della legge. Poi fa la sua comparsa Pepe la rana – il protagonista di una serie di meme molto usati dall’estrema destra statunitense – con capelli e naso da pagliaccio. Quindi, in una sequenza evidentemente generata con uno strumento di intelligenza artificiale, si vede Trump nello studio ovale con Barack Obama. Nel video, agenti dell’Fbi fanno inginocchiare e arrestano Obama sotto lo sguardo compiaciuto di Trump. Gli agenti si deformano, uno dei tanti segnali che il video è un artefatto, anche piuttosto grossolano. Poi segue un montaggio di Obama in carcere, con una serie di immagini che fin dal primo sguardo appaiono poco credibili.

L’immagine di partenza da cui poi ha origine il finto arresto è una delle tante fotografie di un vero incontro fra Obama e Trump: quello avvenuto il 10 novembre del 2016, poco dopo il primo successo elettorale di Trump alle presidenziali.

Molte ia generative di video consentono l’animazione, anche iperrealistica, di fotografie che si trasformano, appunto, in video. Per farlo si usa la cosiddetta multimodalità: si inserisce all’interno dello strumento un’immagine dai cui partire, poi un comando testuale, quindi si ottiene un video come output. Si può fare con Midjourney – che però ha delle forme di censura interne molto elevate: se si chiede alla macchina di generare un video con qualcuno arrestato, il sistema si blocca – oppure con Sora, con Runway e con molte altre ia.

Il rapporto del presidente degli Stati Uniti con la verità e il modo in cui concepisce la libertà di espressione sono unidirezionali: è vero ciò che piace a lui, si può dire tutto, anche senza prove, purché convenga. Fa tutto parte della strategia politica e comunicativa di Trump, che nasce dal suo rapporto con l’avvocato Roy Cohn: attaccare sempre, contrattaccare sempre, non scusarsi mai.

Qualche giorno fa, Trump ha accusato esplicitamente Obama di aver cercato di rubare le elezioni del 2016. “È colpevole. È stato un tradimento”, ha detto Trump, che non ha alcuna prova di quel che afferma. Anzi, sappiamo che alcune realtà russe hanno cercato, senza successo, di manipolare il voto del 2016 proprio in favore dei repubblicani. Accuse dirette e indirette servono anche a distogliere l’attenzione dai legami fra Trump e Jeffrey Epstein, l’imprenditore arrestato e condannato per abusi sessuali e traffico internazionale di minori. Una parte della base elettorale di Trump, infatti, sta prendendo posizione contro il presidente.

Le intelligenze artificiali che producono video diventano uno strumento perfetto per queste strategie. E anche l’attenzione che l’amministrazione Trump dedica alle tecnologie è perfettamente integrata in questo approccio.

Nel documento Vincere la gara – Il piano d’azione americano per l’ia, pubblicato a luglio del 2025, c’è di tutto. Si parte dal nazionalismo e dalla competizione con la Cina per arrivare alla necessità di costruire più data center e infrastrutture. “Simply put, we need to ‘build, baby, build’”, si legge nel documento. In parole povere, dobbiamo costruire, tesoro, costruire. [Il riferimento è alla dottrina drill, baby, drill in campo energetico, uno slogan repubblicano del 2008 che invitava a scavare per produrre più combustibili fossili statunitensi. Lo slogan è stato ripreso da Trump e poi declinato secondo convenienza, ndr].

I regolamenti ambientali vengono definiti frutto di un “dogma climatico radicale” che ostacola l’innovazione. Le politiche di inclusione sono un’“agenda ideologica” che rischia di compromettere l’oggettività e la libertà di espressione. La stessa di Trump su Truth, ovviamente.

Questo testo è tratto dalla newsletter Artificiale.

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