Nella casa di Luisa Rodríguez Bislick la finestra che dà sulla strada è sempre aperta. C’è un piccolo bancone pieno di vassoi con meringhe, biscotti e paté cocó, come si chiamano i dolcetti di cocco in patois, la lingua derivata dal francese delle Antille che si parla a Güiria e nel golfo di Paria, nell’est del Venezuela. Ci sono anche le domplinas, un piatto tipico a base di farina.
“È una ricetta che si tramanda da generazioni”, dice Luisa, 50 anni, che da tempo vive della vendita di dolci, di piccoli lavori di sartoria e facendo decorazioni per le feste. I pavos rellenos sono una delle merende preferite dagli abitanti di Güiria. La ricetta usata da Luisa è della bisnonna: li prepara con un impasto a base di zucchero di canna e un ripieno di banana. Le delizie creole aiutano tutta la famiglia a tirare avanti. “Prima vivevamo anche grazie all’impresa edile di mio padre, ma nel 2005 l’ha lasciata perché non c’era più lavoro”. Da allora i dolci sono la fonte di reddito principale della famiglia.
Negli ultimi mesi, però, Luisa lavora a ritmo ridotto. A causa delle spese per la casa e per la scuola dei figli riesce a comprare meno ingredienti. Per cuocere usa la legna, perché da quasi un anno il gas è introvabile nella regione. “Abbiamo costruito un forno in mattoni che funziona a legna. Così possiamo continuare a preparare i dolci. Vengono bene”, dice.
La famiglia Bislick ha lavorato sodo per risollevarsi dall’incendio che nel 2010 gli bruciò la casa. Le fiamme divamparono per un cortocircuito provocato dagli sbalzi d’intensità della corrente elettrica, un fenomeno frequente a Güiria, dove ogni giorno salta la luce. Il fuoco distrusse tutto, perfino i vestiti. Si trasferirono a casa della signora Carmen. Nei periodi più difficili sanno come reinventarsi, perché già una volta sono letteralmente riemersi dalla cenere.
“Quando non c’era farina di mais preparavamo e vendevamo impasto di mais decorticato e _arepas _(focacce tipiche della regione). Visto che non ci sono contanti accettiamo pagamenti sul cellulare o in valute estere. Andiamo avanti così”, spiega Luisa.
Un lungo viaggio
I Rodríguez Bislick sono una delle poche famiglie ancora attaccate al loro luogo d’origine, in una città segnata dalla migrazione verso Trinidad e Tobago. L’ultimo censimento dell’istituto nazionale di statistica, fatto nel 2010, indicava che nel municipio di Valdez, di cui Güiria è capoluogo, vivono 40mila persone. Secondo i dati non ufficiali di alcune autorità comunali, oggi Valdez ha al massimo 25mila abitanti. Chi non è partito ha sicuramente assaggiato la varietà di piatti e dolci tradizionali preparati da Luisa e dalla madre. A Güiria si conoscono tutti.
“Facciamo dolci con la banana, con la guava e qualsiasi altro frutto disponibile. Prepariamo anche biscotti, pane ripieno e torte e bevande tradizionali come il mabí”, spiega Luisa.
Il mabí è una specialità di famiglia. Si dice che la bevanda, fatta con la corteccia dell’albero di mabi, sia arrivata a Güiria per la vicinanza con Trinidad e Tobago, quando la migrazione andava in senso inverso e dalle isole molte persone raggiungevano via mare il Venezuela. Gli abitanti di Güiria lo bevono fermentato e freddo, ma sulle coste del golfo di Paria si trova un po’ ovunque. Si vende solo su ordinazione o in alcune case come quella dei Bislick, che usano bottiglie di birra o di malto riciclate. Secondo gli abitanti della zona, la bevanda ha proprietà medicinali e afrodisiache. “Pulisce il sangue”, dicono.
Con un paio di sacchi in una mano e un machete nell’altra, Nectalí Velásquez, 68 anni, parte tutti i lunedì dalla sua casa a Güiria per raggiungere un terreno di due ettari chiamato Mi esperanza, che si trova in un piccolo villaggio nel municipio di Mariño, nello stato di Sucre. Il viaggio è lungo. Prima di tutto Velásquez deve percorrere un tratto di un’ora in autobus. Poi scende a San Antonio de Irapa e cammina fino al piccolo paese di Maribela, dov’è nato e cresciuto. Da lì prosegue a cavallo fino al suo terreno, che si trova sulla montagna.
“A cavallo ci metto due ore”, dice.
La terra è di sua proprietà. L’ha ereditata dal padre trent’anni fa, e negli ultimi quattro anni ha vissuto esclusivamente di quello che raccoglie dal terreno con sforzi e sacrifici. L’unico strumento che ha è un machete.
“Per arrivare fino al terreno devo attraversare una passerella sul fiume. Se piove è più pericoloso, perché il fiume s’ingrossa”, afferma.
In passato Velásquez usciva di casa alle cinque del mattino e alle otto era arrivato a destinazione. Oggi invece per raggiungere Mi esperanza può metterci anche sei ore.
“A causa della mancanza di benzina mi ci vogliono come minimo tre ore per trovare un mezzo di trasporto, e a volte devo andare a piedi. Ogni tanto chiedo un passaggio, ma se posso cerco di usare i mezzi pubblici”, dice.
“Ora che la benzina è poca e le limitazioni per la pandemia ci impediscono di muoverci, compriamo tutto qui, anche se è più caro”, dice Azócar
Il biglietto da Güiria a San Antonio de Irapa costa due milioni di bolívar (l’equivalente di 1,3 dollari) e dev’essere pagato in contanti. Ma in questa zona del Venezuela ottenere dei contanti è praticamente impossibile. Le banche ne sono quasi sempre sprovviste oppure danno al massimo 400mila bolívar al giorno. Se Velásquez non trova i contanti, paga il biglietto in valuta straniera. In quel caso la tariffa aumenta a cinque dollari. Sono soldi che ottiene vendendo i prodotti che crescono nelle montagne fertili dello stato di Sucre.
“Coltivo cacao, caffè, avocado, yucca, banane e verdure di ogni genere. E poi frutta, cipolla, mais e cereali. Il cacao e il caffè li vendo, il resto serve per me e per i miei cinque dipendenti”, dice.
Quest’agricoltore – dai capelli bianchi, la pelle scura e le braccia e le gambe forti per la sua età – vende il raccolto a Irapa o a Güiria.
“Vado dove riesco, i trasporti sono complicati”, spiega. Finora non ha subìto furti né estorsioni da parte delle bande criminali della zona, forse perché tutti nel paese lo apprezzano.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Observatorio venezolano de violencia, lo stato di Sucre è il quinto più violento del Venezuela; e il municipio di Valdez, dove si trova Güiria, con l’aumento della criminalità organizzata è diventato uno dei più pericolosi della zona nordorientale del paese. Quando Velásquez va a lavorare sul suo terreno ci resta almeno tre o quattro giorni: “Ma a volte mi fermo di più. C’è una piccola casa e due belle cascate d’acqua”, dice sorridendo. Gli abitanti più anziani di Güiria raccontano che il fiume vicino a Maribela era uno dei più visitati per la sua bellezza e la profondità dei pozzi. È lì che Velásquez trascorre le sue giornate prima di tornare a Güiria.
Spettacoli a carnevale
La scuola di ballo Berbesí, l’unica di Güiria, si trova in una vecchia casa con il tetto di lamiera arrugginita, il pavimento in cemento e sei inferriate. In un grande salone Jeferson Berbesí, il fondatore della scuola, dà lezioni di danza a bambini e bambine, adolescenti e adulti. Berbesí ha 27 anni e viene da Caracas. La sua famiglia materna ha sempre vissuto a Güiria e da piccolo lui andava a trovarla tutti gli anni. Crescendo, durante una di quelle visite, ha realizzato che in tutto il municipio di Valdez, grande 590 chilometri quadrati, non c’era nessuno spazio dove i bambini potessero imparare a ballare.
Berbesí balla da quando aveva 14 anni. Nel 2016 ha cominciato a dare lezioni di danza nell’unica accademia per modelli che all’epoca c’era a Güiria. Poco dopo l’accademia ha chiuso e lui ha affittato uno spazio suo.
“La famiglia mi ha aiutato. All’inizio avevo solo cinque bambine. Oggi ci sono cinquanta allievi”, racconta.
L’entusiasmo con cui i ragazzi arrivano a lezione e il talento dei bambini e delle bambine spinge Berbesí ad andare avanti. Tutti i mesi deve pagare quaranta dollari di affitto al proprietario della casa e ai suoi alunni chiede cinque dollari al mese.
“Se fosse per me lavorerei gratis”, dice. “Prima, quando la gente ci prestava la casa per fare le prove, praticamente non mi facevo pagare. Ma non troviamo più spazi in prestito. Oggi sono in pochi a sostenere la cultura. Offro delle borse di studio ai bambini che non possono pagare le lezioni, ma purtroppo non posso darle a tutti”.
Dal lunedì al sabato i bambini fanno lezione e i passanti li osservano dalla porta. Nella sala non ci sono specchi.
“È difficile vedere le formazioni degli allievi e i dettagli dei volti e delle mani, ma ci arrangiamo, perché gli specchi sono costosi”, spiega Berbesí.
Le settimane di prove sono compensate dagli spettacoli organizzati in plaza Bolívar o, in un’atmosfera più riservata, nel campo sportivo. A Güiria non ci sono teatri o altri spazi per gli spettacoli.
“In queste occasioni usiamo i soldi dei biglietti per pagare la musica, i costumi e il trucco. All’inizio mi sono dato da fare per trovare qualche sponsor, ma non mi ha mai risposto nessuno”, dice. Però non si è perso d’animo e continua a mandare avanti l’attività dell’accademia. Ci sono spettacoli almeno tre volte all’anno, nelle occasioni speciali: “A carnevale, ad halloween o per la festa della mamma”, dice.
◆ Ogni settimana da Güiria, nello stato venezuelano di Sucre, partono imbarcazioni clandestine con a bordo persone che scappano dalla crisi economica e sociale del paese e provano a raggiungere Trinidad e Tobago, a soli cento chilometri dalla costa venezuelana. Il 12 dicembre 2020 il ritrovamento di diciannove persone annegate in un naufragio, tra cui sette bambini, ha portato all’attenzione dei mezzi d’informazione una situazione che va avanti da anni. Secondo i dati dell’Encuesta nacional condiciones de vida e dell’Universidad católica Andrés Bello, il 97 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Il contrabbando è diffuso e la crisi economica ha spinto molte persone a emigrare o a fare guadagni con la tratta di persone. Anche la violenza è in aumento. Secondo l’Observatorio venezolano de violencia, nel 2018 Sucre è stato il quinto stato più violento del paese, con un tasso di 97 omicidi per centomila abitanti. Dal 2014 a oggi quasi cinque milioni di venezuelani hanno lasciato il paese. Efecto Cocuyo, Bbc, Oim
Il carnevale è la festa principale e più sentita del paese. In quell’occasione gli abitanti di Güiria amano ballare la soca, un ritmo delle Antille derivato dal calipso di Trinidad e Tobago. Il ballo, in cui si dimenano i fianchi, è così popolare a Güiria che Berbesí ha dovuto inserirlo nelle lezioni e nelle coreografie di carnevale.
Un altro problema è la preparazione dei costumi per gli spettacoli, perché a Güiria non ci sono negozi che vendono tessuti. Ma tutti collaborano: “Stabiliamo un tetto di spesa con i genitori e mandiamo qualcuno a comprare le stoffe a Cumaná e Maturín, a sei ore di strada. A volte mi spingo io fino a Caracas: faccio cinquecento chilometri in dodici ore”, dice. “Ma per fortuna c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarmi. E quando non si può viaggiare per i divieti agli spostamenti, mi faccio spedire i tessuti. È sempre un’avventura”.
Idee per il futuro
“Un maestro che non prepara dolci non può definirsi tale”, afferma convinta Mirla Azócar, che ha sempre preparato torte da offrire in classe durante i compleanni dei bambini. Cucinare è da sempre la sua passione, preparava torte per gli studenti, ma anche per gli amici e i parenti. E a un certo punto ha deciso di sfruttare il suo talento.
“Ho pensato di fare qualcosa per il mio futuro”, dice. “Dopo la pensione mi sarebbe piaciuto aprire un bar per continuare a fare vita sociale e sentirmi attiva e produttiva. Oltre che per guadagnare”.
Dopo venticinque anni d’insegnamento e di servizio per il ministero dell’istruzione, Azócar ha lasciato l’unità educativa Alejandro Villanueva, la scuola primaria più grande di Güiria. E nel 2015 il suo progetto, Antojitos café, ha cominciato a prendere forma. Insieme al marito e alle due figlie, nel 2017 ha creato l’unico spazio a Güiria in cui le persone possono sedersi a bere un caffè all’aria aperta o fare merenda con i figli. Ha offerto agli abitanti di Güiria un “piccolo angolo dolce”, come lo chiama, e un’alternativa a plaza Bolívar.
“È un luogo gradevole e mi piace servire i clienti e offrire prodotti di qualità”.
Le sue torte e i suoi caffè sono conosciuti da tutti. Per lavorare anche senza gas domestico, che dall’inizio del 2020 si trova difficilmente a Güiria, usa un forno elettrico. Per ogni imprevisto cerca una soluzione, non si lascia scoraggiare. Se non trova qualche ingrediente al mercato di Güiria, va a Puerto la Cruz, nel vicino stato di Anzoátegui, dove studiano le figlie. Si fa accompagnare in auto dal marito o chiede a qualcuno di comprarglieli.
“Ora che la benzina è poca e le limitazioni per la pandemia ci impediscono di muoverci, compriamo tutto a Güiria, anche se è più caro. Abbiamo dovuto aumentare il prezzo delle torte”.
Azócar è una persona gioviale e carismatica. A 51 anni accoglie con un sorriso tutti quelli che si avvicinano al locale, e risponde con cortesia alle telefonate di chi le ordina un dolce a domicilio. Il marito l’aiuta a fare le consegne in macchina, se la distanza è lunga, o in bicicletta, se il posto è vicino. Lui lavora come marinaio e ha usato i suoi risparmi per aprire l’Antojitos café.
“È stata una benedizione. Ci siamo aiutati in quest’impresa. Così siamo riusciti a sostenere economicamente le nostre figlie, a farle studiare, perché tutti sanno che una maestra guadagna poco”, dice Azócar.
Di pomeriggio a Güiria fa sempre molto caldo. Giovani e adulti bevono il mabí _sul bancone davanti alla casa dei Bislick, così si rinfrescano e scambiano due chiacchiere. Altri, dopo aver ballato la _soca alla scuola di Berbesí, fanno merenda nel bar di Azócar e poi, sulla strada del ritorno, si fermano a comprare la verdura o il caffè da Velásquez. ◆fr
Alianza Periodismo Investigación y Memoria è un progetto di collaborazione giornalistica nato dopo il naufragio, nel dicembre del 2020, di un’imbarcazione con a bordo dei migranti venezuelani partiti da Güiria e diretti a Trinidad e Tobago. Ne fanno parte i mezzi d’informazione venezuelani Crónica Uno, Efecto Cocuyo, Historias que laten e Fe y Alegría.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale, a pagina 54. Compra questo numero | Abbonati