Avevo bisogno di un po’ di coraggio alcolico. Mentre la birra superforte mi scendeva giù per la gola, ho fatto partire il registratore sul telefono e mi sono guardato intorno nervosamente. Il bar del centro di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, faceva grandi affari nonostante la pioggia battente che tamburellava sul tetto di lamiera. La gente beveva da bottiglie di plastica con l’etichetta Africa ti L’or, “l’Africa è oro” in sango, la lingua franca del paese. La mia inquietudine era dovuta al fatto che i proprietari del locale erano mercenari russi.
Ero arrivato a Bangui sulle orme del gruppo Wagner, la compagnia paramilitare russa fondata da Evgenij Prigožin. Nell’estate 2023 Prigožin aveva guidato un ammutinamento contro il presidente Vladimir Putin e poco tempo dopo era morto in un incidente aereo. Dal 2018 la Repubblica Centrafricana è sempre stata la missione di punta della Wagner in Africa, un laboratorio per le sue tattiche di guardia dei regimi e di sostegno alla repressione delle rivolte. Dopo la morte di Prigožin ci si aspettava che la Wagner a Bangui si sarebbe ridimensionata: in altri paesi africani le sue attività sono state rilevate dallo stato russo e il gruppo è stato rinominato Africa corps. I suoi combattenti hanno subìto alcune sconfitte in battaglia. Ma nella Repubblica Centrafricana la milizia guidata oggi da Dmitri Sytyi, ex braccio destro di Prigožin, ha mantenuto il suo nome e, a quanto pare, è più forte che mai.
Volevo capire che cosa cercasse la Wagner lì e cosa offrisse in cambio, ma dovevo fare attenzione. Con l’aumentare dell’importanza della milizia, Bangui è diventata meno accogliente verso gli occidentali. Alcuni giornalisti stranieri sono stati arrestati e il governo sta esaminando una legge sugli “agenti stranieri”, ispirata a quella russa.
I diplomatici occidentali raccontano di microfoni nascosti nelle camere d’albergo e di spie tra il personale. “Sapranno che sei qui”, mi aveva avvertito un ambasciatore. “È una città piccola e le persone nuove si notano”. Mi aveva consigliato di lasciare il passaporto statunitense a casa, di portarmi sempre dietro il computer e di cancellare dal telefono tutte le informazioni sensibili. I rischi sono alti: qualche anno fa sono stati uccisi tre giornalisti russi che indagavano sulla Wagner nel paese.
In secondo piano
L’aria umida e afosa lungo le rive del fiume che attraversa Bangui è fitta di intrighi. La stampa locale è piena di storie di cospirazioni e colpi di stato sventati. Le strade della città brulicano di voci su agenti della Cia che starebbero tramando per rubare le ricchezze del paese. I ministri, mi ha detto un diplomatico occidentale, vedono complotti stranieri ovunque.
Ma, nonostante le sue riserve di oro, diamanti e legname (e piccoli giacimenti di uranio difficile da estrarre), la Repubblica Centrafricana, grande più o meno quanto la Francia, ha sempre avuto un’importanza geopolitica secondaria. Senza sbocchi sul mare, è circondata da vicini perennemente in crisi. L’Ubangi, il tranquillo affluente del fiume Congo su cui sorge la capitale, è navigabile solo alcuni mesi all’anno. Grazie al suo isolamento geografico, il territorio fu uno degli ultimi a essere reclamati dalle potenze europee nella corsa all’Africa di fine ottocento.
Un secolo fa il paese era poco più di una stazione di posta, un’ansa del fiume usata per trasportare verso le coste del continente le ricchezze saccheggiate nell’entroterra. Un giornalista francese l’ha definito un “fantasma”, un “paese che non esiste”. Perfino Barthélemy Boganda, il primo presidente del consiglio della Repubblica Centrafricana, aveva dubbi sulle prospettive del suo paese dopo l’indipendenza.
Eppure, dal 2018 – l’anno in cui sono arrivati i primi uomini della Wagner, ufficialmente come “istruttori militari” inviati dalla Russia per addestrare i soldati governativi e respingere i gruppi ribelli – la Repubblica Centrafricana non ha mai ricevuto tanta attenzione. In gran parte dai giornalisti, che sperano d’incontrare di persona l’esercito ombra di Prigožin.
Ma anche i governi occidentali tengono d’occhio il paese. Per molte potenze straniere l’Africa è come una scacchiera geopolitica. Gli uomini della Wagner stanno costruendo una base nella Repubblica Centrafricana, destinata a ospitare diecimila soldati entro il 2030. I diplomatici occidentali temono che possa servire a espandere l’influenza russa nel continente, soprattutto in Rdc, nell’Africa occidentale e nel Sahel. Dal canto loro, i leader centrafricani sono ansiosi di sfruttare la loro nuova rilevanza.
Una mattina presto mi sono presentato senza preavviso a casa di Fidèle Gouandjika, un imprenditore e consigliere del governo, noto per la sua amicizia con Prigožin. Rintracciarlo è stato facile. Il Palais des Gouandjika, un grande edificio di diversi piani dall’aria fatiscente, si staglia sulla città. Il nome, scritto a caratteri cubitali luminosi sopra l’ingresso, si vede da più di un chilometro di distanza. Anche se il palazzo è vicino alle baraccopoli, il cancello era spalancato e incustodito, perciò sono entrato direttamente con l’auto.
Gouandjika, settant’anni, era seduto su una sedia di plastica, circondato da macerie e mucchi di cemento grezzo. Dirigeva i lavori di ristrutturazione urlando ordini agli operai sulle impalcature. Indossava scarpe da ginnastica, un cappellino da baseball e pantaloncini rossi, che gli davano l’aria di un attempato giocatore di basket professionista. Sulla maglietta, la scritta “Je suis Wagner”, sono Wagner.
Quando mi sono avvicinato è balzato subito in piedi. Pochi istanti dopo stava già facendo battute e indicando con orgoglio la sua imponente ed eccentrica abitazione, le sculture classiche nel giardino, la limousine sul retro. Dietro di lui c’era un assortimento di attrezzi da palestra, tra cui panche e un tapis roulant. Un busto di donna ci fissava da una finestra.
Soprannominato il “miliardario di Boy-Rabe”, dal nome del quartiere povero di Bangui dov’è cresciuto, ha avuto una carriera che rispecchia la tumultuosa storia del paese. Da giovane, negli anni settanta, era stato un oppositore di Jean-
Bédel Bokassa, il primo e il più appariscente dittatore centrafricano. Bokassa si era proclamato imperatore e aveva una reputazione terribile. Per anni torturò e uccise gli oppositori; nel 1979 fece arrestare e mise a morte un centinaio di studenti. Sotto Bokassa, Gouandjika passò tre mesi in prigione. Quando fu rilasciato, fuggì in Romania, sposò una donna del posto e diventò campione di arti marziali.
È tornato nella Repubblica Centrafricana a metà degli anni ottanta e ha avuto vari incarichi governativi fino al 2013, quando una coalizione di gruppi ribelli ha invaso Bangui. Colpi di stato e rivolte – molti dei quali condotti con la complicità di Parigi – sono sempre stati all’ordine del giorno. Dagli anni ottanta il paese è stato lacerato da una serie di gruppi armati transnazionali, molti provenienti da regioni di confine marginalizzate, tutti impegnati in una disperata lotta per il potere e le risorse. Nel 2013 l’alleanza ribelle era composta da gruppi provenienti dal nord, alcuni addirittura dal Ciad.
Gouandjika era fuggito di nuovo ed era tornato dopo il breve intervento militare francese che aveva allontanato i ribelli dalla capitale. In seguito è entrato nel governo dell’attuale presidente, Faustin-Archange Touadéra, un docente universitario dall’aria pacata con un particolare talento per mettere le potenze straniere una contro l’altra.
Entrambi sono abili nel cavalcare il sentimento anticoloniale diffuso tra la popolazione, ma Gouandjika è sempre stato il più sfrontato. Pochi politici sono più noti o più famigerati di lui. Nel 2021 ha scritto su Facebook che la Repubblica Centrafricana era pronta a offrire le sue donne per soddisfare i bisogni sessuali dei combattenti russi. In un altro post ha accusato la Francia di voler organizzare un golpe e ha minacciato di scatenare rappresaglie contro i “bianchi” se ci fosse riuscita.
Dal primo momento in cui sono arrivate le forze del gruppo Wagner, Gouandjika ha mostrato un profondo entusiasmo. Dai tempi dell’indipendenza, nel 1960, il paese ha ospitato vari spiegamenti di truppe straniere: francesi (sette volte), sudafricani, ciadiani, gabonesi, congolesi, sudanesi e ruandesi. Per più di un decennio, migliaia di caschi blu delle Nazioni Unite hanno sostenuto il governo di fronte alle continue ribellioni nelle province. Per Gouandjika, come per molti altri suoi connazionali, i russi sono semplicemente dei militari come gli altri. Non sembrava preoccuparsi neanche del fatto che fossero mercenari di un’azienda privata e non soldati di un esercito ufficiale. “Abbiamo scoperto che erano della
Wagner solo in un secondo momento”, mi ha detto. “Che siano wagneriani, mozartiani, beethoveniani, per me non è un problema”.
Aveva fatto amicizia con Prigožin, che ospitava nel suo palazzo, e con cui condivideva pasti sontuosi. Gouandjika ha raccontato al Wall Street Journal che ai russi serviva vodka e prelibatezze locali come bruchi saltati in padella, trippa di manzo in foglie di manioca, banane verdi e pesce persico del Nilo. In cambio, Prigožin gli faceva dei regali. “È stato un eroe”, ha detto Gouandjika, ridacchiando mentre sventolava una bandiera con il teschio e le ossa incrociate, simbolo della Wagner.
Subito dopo il loro arrivo, le truppe di Prigožin si erano stabilite nel palazzo in rovina di Bokassa, a ottanta chilometri da Bangui. Si occupavano di addestrare l’esercito nazionale, dandogli anche quelle armi che i paesi occidentali si erano rifiutati di inviare. Proteggevano ventiquattr’ore su ventiquattro il presidente Touadéra e controllavano l’unica miniera d’oro industriale del paese, del valore di un miliardo di dollari, che era stata abbandonata dai proprietari canadesi nel 2013. Con i loro passamontagna e giubbotti antiproiettile, i mercenari russi sono diventati una presenza familiare a Bangui, dove cenano nei ristoranti eleganti e bevono fino a tarda notte nei bar lungo il fiume.
Nel gennaio 2021, quando una nuova alleanza di ribelli contrari alla rielezione di Touadéra ha minacciato la capitale, la Wagner ha lasciato il segno. In poche sanguinose giornate ha respinto i ribelli, permettendo all’esercito – sostenuto da soldati ruandesi e da quelli dell’Onu – di riprendere il controllo della città. Nei mesi successivi ha aiutato il governo a imporsi sulla maggior parte del territorio nazionale, per la prima volta dopo anni. Per molti centrafricani la Russia ha salvato non solo Touadéra, ma il paese. “Non avevamo niente. Eravamo tagliati fuori da tutto. Perfino i francesi ci avevano abbandonato”, mi ha detto un soldato centrafricano. “Ma i russi ci hanno aiutato”.
Secondo Gouandjika in quel momento i russi hanno dimostrato di essere diversi dagli eserciti stranieri che li avevano preceduti.
Nel centro di Bangui è stato eretto un monumento ai caduti della Wagner. Al momento della mia visita era pieno di mazzi di fiori
Il prezzo da pagare
In segno di gratitudine la Repubblica Centrafricana ha adottato il russo come terza lingua, dopo il francese e il sango (gli studenti universitari frequentano lezioni obbligatorie di russo e si pensa d’introdurlo anche nelle scuole primarie e secondarie).
Nel centro di Bangui è stato eretto un monumento ai caduti della Wagner. Al momento della mia visita era pieno di mazzi di fiori in memoria di Prigožin. Il primo anniversario della sua morte era stato celebrato con una grande parata, mentre i jet russi rombavano in cielo.
Non tutti condividevano questo senso di gratitudine. Ali Ousmane, un religioso musulmano di un’area a maggioranza islamica della parte est di Bangui, ha paragonato la presenza dei combattenti della Wagner al colonialismo francese e i loro metodi a quelli della Gestapo. Quando sono andato nella sua moschea, mi ha detto che i mercenari si erano uniti alle forze di sicurezza statali per saccheggiare le comunità musulmane considerate ostili al regime. Ha ammesso che avevano portato una certa stabilità: “Ma a che prezzo?”.
Nelle campagne, lontano dagli occhi degli osservatori internazionali, molti provano questi sentimenti. Tra il 2020 e il 2023, secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani e il monitoraggio dei conflitti, nei raid della Wagner sono morte centinaia di persone. Interi villaggi sono stati rasi al suolo, case con donne e bambini intrappolati all’interno sono state date alle fiamme. Si racconta che alcune abitanti delle zone dove agivano i russi erano troppo spaventate per uscire di casa per paura di essere violentate dai “soldati bianchi”. Intanto migliaia di combattenti locali, tra cui ex ribelli, si erano uniti ai mercenari. Li chiamano i “russi neri”.
Touadéra e i suoi alleati non tollerano critiche ai mercenari. In un’intervista rilasciata alla Bbc nel 2023, il presidente centrafricano ha detto che è solo grazie alla “cooperazione” con i russi se il governo controlla l’80 per cento del territorio nazionale. Alcuni funzionari governativi ostentano i loro legami con i mercenari. Quando ho incontrato uno dei consiglieri di Touadéra, al centro della sua scrivania c’era un libro sulla Wagner ben visibile. Un ministro con cui ho parlato sorseggiava tè da una tazza con il volto di Putin.
Lo stesso vale per Gouandjika. Invitare la Wagner nel paese non è stato un atto di disperazione, mi ha detto, ma un atto di sfida anticoloniale, un’uscita dall’orbita della Francia e dell’occidente: “Non è piaciuto agli europei. Non è piaciuto all’occidente. Ma in Africa centrale, quelli della Wagner sono eroi”.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, la competizione per l’Africa tra la Russia e i paesi occidentali si è fatta più intensa e Prigožin ha ampliato le attività della Wagner nella Repubblica Centrafricana. Consiglieri russi sono stati affiancati ai vertici del governo, operazioni di propaganda e campagne di disinformazione ideate sul posto sono state diffuse in tutta la regione. Nel 2023 l’Africa centre for strategic studies, un centro studi del dipartimento della difesa statunitense, ha avvertito che la Russia cercava di minare la democrazia in più di venti paesi africani. Il governo centrafricano intanto è improvvisamente diventato più influente. Mentre la Wagner continuava a espandersi, Stati Uniti, Francia e Unione europea hanno cercato di ingraziarsi Touadéra. Nel 2023 gli Stati Uniti gli hanno proposto – senza successo – di inviare una delle loro aziende di sicurezza private, la Bancroft Global Development, in alternativa alla Wagner. Un anno dopo a Parigi Touadéra e il presidente francese Emmanuel Macron hanno concordato una serie di passi per migliorare le relazioni bilaterali. Touadéra ha ottenuto da Macron l’impegno a ripristinare gli aiuti finanziari al paese senza, a quanto pare, offrire nulla in cambio. Nel 2023 il presidente centrafricano ha manipolato un referendum costituzionale per prolungare il suo mandato, sempre con l’aiuto della Wagner.
“Siamo in mezzo a una guerra geopolitica”, mi ha spiegato il ministro delle comunicazioni Maxime Balalou. Ma nel nuovo conflitto il suo paese non deve schierarsi. Rifiutandosi di giocare “al gioco delle grandi potenze”, la Repubblica Centrafricana può raccoglierne i frutti.
La principessa rana
Il mio ultimo giorno a Bangui ho assistito a uno spettacolo teatrale sulla principessa rana, una famosa fiaba russa. Era alla Maison russe, un centro culturale fondato nel 2022 per fare concorrenza a quello francese. La Maison russe ospita corsi di lingua e ha una sala dove si proiettano film con titoli come AK47. In giardino c’è un cartello con la scritta “I Russia”. Sul retro ci sono gli uffici del birrificio Africa ti L’or, di proprietà della Wagner.
Anche se avevo avvistato alcuni uomini della Wagner in un centro commerciale e intravisto i loro pick-up sfrecciare agli angoli delle strade, non ero ancora riuscito a incontrarne nessuno di persona. Li avevo cercati invano sulla terrazza dell’hotel Oubangui e nella hall del Ledger Plaza. I miei messaggi all’ambasciata russa erano caduti nel vuoto. Mentre lo spettacolo volgeva al termine, ho intravisto Dmitri Sytyi, un uomo esile e allampanato sulla trentina con il viso da ragazzino e una folta chioma di capelli neri arruffati. Avevo visto le sue foto online e letto articoli sulla stampa occidentale che lo descrivevano come una persona pericolosa. Ma quel giorno Sytyi sembrava uno studente d’arte bohémien, con la macchina fotografica in mano e le Converse ai piedi.
Alla fine dello spettacolo sono andato a presentarmi. Sytyi, laureato in una business school di Parigi, era arrivato nell’impero di Prigožin attraverso l’Internet research agency, una fabbrica di troll con sede a San Pietroburgo. Era andato nella Repubblica Centrafricana nel 2017 per fare il traduttore dal russo al francese e aveva rapidamente scalato i ranghi fino a diventare il capo delle operazioni civili della Wagner, responsabile delle iniziative culturali, della propaganda e della produzione di birra.
Di questi tempi, Sytyi è considerato ancora più influente ed è noto per la sua libertà di accesso all’ufficio del presidente. Nonostante la sua apparente mancanza di addestramento militare, indossa l’uniforme quando partecipa agli eventi della Wagner in tutto il paese. È socio della Midas Resources, l’azienda di proprietà del gruppo che ha acquisito gran parte dell’industria dell’oro, il che significa che è soggetta alle sanzioni statunitensi ed europee.
Al posto della mano destra ha una protesi. Quella vera gli è stata strappata via da un pacco bomba nel 2022, un incidente che la Russia ha attribuito ai servizi segreti francesi (la Francia nega). Mentre Sytyi si sottoponeva a cure mediche d’urgenza in Russia, per le strade di Bangui erano comparse delle magliette con il suo volto. Secondo alcune fonti, erano state distribuite dalla Maison russe.
Di persona, Sytyi non è una figura imponente. Nella nostra breve chiacchierata, tra le risate dei bambini e il rumore di una giostra, mi ha parlato con entusiasmo della creazione di uno spazio in cui i centrafricani possano studiare e recitare. Ha osservato che il paese aveva “attori ma nessun teatro”, e mi ha detto che stava scrivendo il primo dizionario russo-sango. Sembrava impacciato, perfino un po’ goffo. Ho cominciato a chiedermi se, come i progetti russi sull’Africa, Sytyi non sia più potente nella fantasia che nella realtà. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 55. Compra questo numero | Abbonati