Su una remota isola giapponese dove vivono circa centocinquanta persone, ci sono due uffici postali. Solo uno, però, consegna la posta ai vivi. L’altro, chiuso da trent’anni, oggi si chiama Ufficio postale alla deriva. È un archivio che custodisce più di 60mila lettere, cartoline di auguri e messaggi di Capodanno spediti da ogni angolo del Giappone a destinatari senza indirizzo. Amici perduti, animali scomparsi, versioni passate o future di sé, ma soprattutto, persone che non ci sono più.
È il luogo dove finiscono i messaggi di dolore, nostalgia e speranza che non hanno altro posto in cui andare. Parole che offrono un sollievo momentaneo. Quando sono indirizzate ai defunti, creano un legame sottile tra i due mondi, anche se solo in uno si può toccare la carta.
L’ufficio postale si trova ad Awashima, una delle migliaia di isole minori del mare interno di Seto, tra le principali del sud del Giappone. Fino agli anni novanta Awashima aveva un porto attivo e la maggior parte degli abitanti lavorava come marinaio. L’ufficio postale, che offriva anche servizi telegrafici, era l’unico collegamento con chi si trovava in mare. Quando, nel 1991, la sede fu chiusa e i servizi trasferiti, l’edificio fu abbandonato, com’è accaduto in molte zone remote del Giappone che si stavano spopolando. Nel 2013 l’artista Saya Kubota ha riaperto l’ufficio postale per un mese, in occasione della Triennale di Setouchi. I visitatori hanno potuto inviare lettere all’ufficio o scrivere e leggere i messaggi sul posto. L’iniziativa ha attirato più di 31mila persone e raccolto circa quattrocento lettere in poche settimane.
Finita l’esibizione, l’edificio era destinato alla demolizione, ma Katsuhisa Nakata, l’ex direttore delle poste e proprietario della casetta, ha deciso di mantenere vivo il progetto. Ha trovato un accordo con l’artista e ha avviato una ristrutturazione.
Nato ad Awashima, Nakata aveva cominciato a lavorare alle poste a diciott’anni, dopo essere stato escluso dalla carriera di marinaio perché daltonico. Ha continuato per 45 anni, di cui 17 da direttore. Oggi, a novant’anni, gestisce ancora con entusiasmo l’Ufficio postale alla deriva, che apre ogni sabato. Le lettere vengono consegnate dal servizio postale e Nakata le legge e le registra. “Qui confluiscono tutte le emozioni della vita: i momenti più tristi e quelli più felici. Il nostro compito è riceverle e dargli il giusto riconoscimento”, racconta. Ogni settimana arrivano visitatori da tutto il Giappone per leggere e scrivere lettere che sono poi custodite in cassette accessibili a tutti. Per loro l’ufficio è uno spazio dove condividere emozioni intime e universali.
In Giappone si crede che i morti non si allontanino mai del tutto. Nonostante l’assenza di una religione dominante, il legame con l’aldilà s’ispira alle credenze buddiste e shintoiste, che vedono lo spirito dei defunti rimanere vicino ai vivi. Molte famiglie allestiscono altari domestici, dove offrono cibo e incenso ai morti. Durante l’obon, la festa dei defunti, si organizzano pranzi, incontri e cerimonie per stare insieme a loro. Negli ultimi anni, con il rapido invecchiamento della popolazione, sono aumentati i luoghi che raccolgono lettere destinate a chi non c’è più, come forma di elaborazione del lutto.
L’Ufficio postale alla deriva riceve ogni giorno tra le dieci e le venti lettere, quasi sempre anonime. C’è chi scrive al proprio io del passato, segnato dal bullismo, o a un futuro sé più realizzato. Altre persone si rivolgono a oggetti di cui hanno nostalgia: un giocattolo amato, una macchina fotografica tanto desiderata. Nakata riconosce ormai alcuni mittenti abituali. Tra le storie che ricorda meglio ci sono: quella di un’anziana che per anni ha scritto al fidanzato morto in guerra come kamikaze, e quella di una nonna che inviava due lettere al mese al nipote Yuta, anche lui scomparso. Poi, all’improvviso, le lettere di quest’ultima hanno smesso di arrivare. “Forse ha trovato finalmente un po’ di pace”, dice Nakata. “Il lutto, con il tempo, cambia forma”. ◆ svb
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Questo articolo è uscito sul numero 1625 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati