Gli operai sono alle ultime rifiniture di un insolito progetto residenziale nel nord di Parigi: la riconversione di un ex parcheggio sopraelevato in 83 appartamenti ad affitto accessibile, sovvenzionati dallo stato. Entro poco tempo un gruppo di persone selezionate in base a criteri specifici – studenti, famiglie monoparentali e cittadini a basso reddito – si trasferirà nelle nuove abitazioni di rue Nollet, contribuendo ad alleviare la cronica carenza di alloggi nella capitale francese. Gli architetti hanno reso vivibili gli spazi bui e in cemento dell’edificio, aprendo la parte centrale per creare un cortile interno con giardino e ricavando due edifici paralleli con facciate finestrate. Inoltre è stato necessario bonificare l’area dall’inquinamento sotterraneo e garantire la stabilità strutturale. “Riconvertire un parcheggio è come un’opera di alta sartoria: è un lavoro tecnico, ma estremamente gratificante”, spiega Sandra de Giorgio, architetta a capo del progetto. Il suo studio ha già realizzato quattro interventi simili.

L’opera fa parte di una strategia che la giunta di sinistra porta avanti da anni e che punta a portare al 40 per cento la quota di case sovvenzionate entro il 2035. Il 30 per cento sarà riservato a persone senza reddito o a basso reddito e il restante 10 per cento a chi rientra nei redditi medi. Per raggiungere l’obiettivo l’amministrazione guidata dalla sindaca socialista Anne Hidalgo sta ampliando il ventaglio degli interventi, considerati l’unico modo per correggere le distorsioni del mercato, accentuate dagli affitti turistici a breve termine e dagli appartamenti vuoti. Tra le misure adottate c’è l’uso del “diritto di prelazione”: il comune può bloccare una compravendita immobiliare e acquistare direttamente l’edificio per convertirlo in case popolari. Il nuovo piano urbanistico ha individuato circa 800 edifici – un terzo sono uffici – come potenziali candidati all’esproprio. I costruttori, inoltre, dovranno destinare una percentuale molto più alta dei nuovi fabbricati all’edilizia sociale: fino al 50 per cento nei municipi con forte deficit abitativo. Anche i proprietari di uffici saranno tenuti a prevedere una quota di alloggi popolari in caso di nuove costruzioni o grandi ristrutturazioni.

Jacques Baudrier, vicesindaco comunista con delega alla casa, difende questa politica, necessaria per permettere alla classe lavoratrice – dagli insegnanti ai pompieri – di continuare a vivere in città. “Se lasciamo fare al mercato, avremo solo uffici, appartamenti a uso turistico e seconde case: una Parigi senza parigini, una Parigi per i ricchi”, ha dichiarato.

Grandi città in tutto il mondo, da New York a Barcellona, affrontano problemi simili legati alla carenza e all’accessibilità degli alloggi. Parigi, però, sta adottando misure più radicali per contrastarli. La questione degli alloggi sarà centrale nelle elezioni amministrative della prossima primavera anche nella capitale, che la destra punta a riconquistare per la prima volta dal 2001.

Con una politica nazionale in profonda crisi il governo ha fatto poco per fronteggiare il problema del costo e della disponibilità degli alloggi, che secondo i sondaggi è una delle priorità per gli elettori. Se il piano per arrivare al 40 per cento di abitazioni sovvenzionate a Parigi avrà successo, potrebbe trasformare profondamente la composizione demografica ed economica della città e, secondo alcuni, migliorare la qualità della vita. Altri, però, sostengono che questi interventi rischiano di far diminuire le entrate fiscali e accelerare i trasferimenti in periferia. Negli ultimi dieci anni la popolazione di Parigi è calata del 5 per cento, mentre in molte altre capitali europee è cresciuta.

Un parcheggio trasformato in appartamenti ad affitto agevolato, a Parigi (Bruno Fert)

Meno uffici, più alloggi

A pochi passi dall’Île Saint-Louis, sulla riva destra della Senna, il colosso del lusso Lvmh ha dovuto aggiungere 96 alloggi sociali al progetto di ristrutturazione da 750 milioni di euro dell’ex grande magazzino La Samaritaine, trasformato in un tempio dello shopping di fascia alta. Julien, un assistente sanitario, vive lì con la sua compagna e due figli in un appartamento di tre stanze. Paga 1.400 euro al mese per 80 metri quadrati, circa la metà del prezzo di mercato nella zona. “Non ci sembra vero”, dice. “Il tragitto per andare al lavoro è molto più breve e i nostri figli frequentano scuole migliori”. A Parigi la carenza di spazi edificabili, i vincoli sull’altezza degli edifici e le norme di salvaguardia del patrimonio architettonico rendono difficile per i costruttori realizzare nuove abitazioni. Le aziende private e gli investitori istituzionali sono disincentivati dai controlli sui canoni di affitto, dalle rendite basse e dalle restrizioni sugli affitti per le abitazioni con scarsa efficienza energetica. Per questo la riconversione di uffici, parcheggi ed edifici pubblici in alloggi è diventata una soluzione apprezzata. L’amministrazione sta anche aumentando la pressione sui quartieri più ricchi, dove la quota di alloggi sovvenzionati varia tra il 2 e il 7 per cento, contro il 42 per cento nei più poveri.

La riconversione del parcheggio in rue Nollet, nel 17° arrondissement, è uno dei circa quaranta progetti simili avviati dalla città, in linea con l’obiettivo di ridurre la presenza delle automobili a Parigi. Il comune ha pagato più di un terzo dei 12,3 milioni di euro necessari, mentre il resto è stato finanziato con prestiti statali garantiti di durata compresa tra i 40 e i 50 anni, una formula senza cui l’intervento comunale non sarebbe stato economicamente sostenibile. L’agenzia che ha realizzato l’edificio e che lo gestirà per conto dello stato prevede un tempo di rientro di circa quarant’anni, ben oltre ciò che accetterebbe un’impresa privata. Baudrier sottolinea che Parigi ha fissato un bilancio annuale per l’edilizia abitativa di circa 800 milioni di euro, quasi il doppio rispetto a cinque anni fa e il quadruplo rispetto a quanto stanziato dal governo centrale. “Il nostro obiettivo è far scendere i prezzi degli affitti e ridurre complessivamente il valore degli immobili”, spiega. Claire Carriou, docente esperta in politiche abitative presso l’École d’urbanisme de Paris, sostiene che l’espansione dell’edilizia sociale è stata indispensabile per evitare la trasformazione della capitale in una “città-museo”. “La situazione a Parigi è talmente grave che servono misure audaci”, osserva.

Non solo per ricchi

Il periodo d’oro dell’edilizia sociale in Europa è cominciato dopo la seconda guerra mondiale, quando l’urbanizzazione ha spinto molte persone a lasciare le campagne e c’era necessità di più alloggi per i lavoratori dell’industria manifatturiera. Ancora oggi molti paesi continuano a costruire case popolari e a regolamentare il mercato privato, ma con approcci diversi: alcuni puntano su interventi diretti dello stato, altri preferiscono trovare accordi o negoziare con le imprese private. Le misure più diffuse sono la pianificazione urbanistica, gli espropri, i sussidi pubblici e i prestiti garantiti a lungo termine. La Francia – e non solo Parigi – ha scelto una strategia centralizzata. Nel 2000 il governo ha introdotto la legge Sru, che impone a molte città e comuni di raggiungere entro il 2025 una quota tra il 20 e il 25 per cento di alloggi destinati all’edilizia sociale. I piccoli centri sono stati esentati dal provvedimento, ma alcuni sindaci ritengono comunque che la norma sia troppo rigida. Oltre ai miliardi di euro di sovvenzioni pubbliche, il ruolo chiave lo svolge la Caisse des dépôts, un istituto finanziario statale che fornisce circa due terzi dei fondi necessari per costruire. Questi prestiti a lungo termine sono finanziati grazie al Livret A, un conto di risparmio molto diffuso in Francia.

L’ex grand garage Haussmann, aprile 2025 (Bruno Fert)

Nazioni come i Paesi Bassi e l’Austria da oltre un secolo si affidano a progetti pubblici e associazioni non profit per l’edilizia abitativa; in altre, come il Regno Unito o la Germania, il ruolo principale è affidato ai costruttori privati. “È una storia infinita: cercare di trovare un equilibrio tra intervento pubblico e iniziativa privata”, osserva Gerard van Bortel, esperto di politiche abitative presso l’Università tecnica di Delft, nei Paesi Bassi. “In molte città c’è una battaglia costante tra operatori del mercato e amministrazioni locali per l’assegnazione dei terreni, i permessi di costruzione e la regolamentazione degli affitti”. Le politiche, aggiunge, oscillano a seconda che al governo ci sia la sinistra o la destra.

Anche se i confronti tra paesi sono complicati dalle diverse definizioni di edilizia sociale o sovvenzionata, i dati dell’Ocse indicano che nei Paesi Bassi la quota è pari al 34 per cento; in Austria è il 24 per cento, nel Regno Unito il 16 per cento, in Francia il 14 per cento e in Germania appena il 3 per cento, mentre la media europea si attesta sull’8 per cento. Nel Regno Unito, dopo il boom edilizio del dopoguerra, gran parte degli alloggi popolari gestiti dalle amministrazioni locali è stata venduta agli inquilini attraverso i programmi right to buy (diritto di acquisto) avviati negli anni ottanta. Oggi, invece, lo stato impone alle imprese edili di prevedere una quota di alloggi a buon mercato nelle nuove costruzioni: a Londra la soglia minima richiesta è del 35 per cento. Tuttavia, come spiega Kathleen Scanlon, esperta di politiche abitative alla London school of economics, i costruttori possono ridurre questa quota offrendo in cambio opere pubbliche come parchi o piscine comunali.

Vienna e Amsterdam sono state tra le città più attive in questo senso, con oltre il 40 per cento riservato all’edilizia sociale. Entrambe hanno deciso fin dall’inizio di costruire in centro anziché in periferia, evitando così la formazione graduale di aree di povertà e criminalità. Nelle città europee dove l’edilizia sociale è stata concentrata in periferia, ci sono gravi problemi. Parigi è uno dei casi più emblematici: nel tempo le banlieue sono diventate il punto di approdo per le comunità di migranti e hanno perso progressivamente la loro composizione socioeconomica interclassista. Oggi i residenti devono spesso fare i conti con trasporti scadenti, scuole poco attrezzate e servizi pubblici insufficienti, fattori che hanno contribuito alle periodiche esplosioni di tensione sociale. “È stato un errore concentrare l’edilizia popolare ai margini delle città: ha generato segregazione e isolamento per chi ci abita”, osserva Tadashi Matsumoto, responsabile dello sviluppo urbano sostenibile presso l’Ocse. Le politiche abitative, sostiene, non devono limitarsi al contesto urbano, ma essere coordinate con le comunità periferiche.

È stato un errore concentrare l’edilizia popolare ai margini delle città: ha generato segregazione e isolamento per chi ci abita

Se da una parte la realizzazione di alloggi popolari nelle città può aiutare le persone a basso reddito a trovare casa, dall’altra comporta dei rischi: quando i costruttori privati sono soggetti a troppi vicoli e il mercato degli affitti si restringe, le conseguenze possono essere negative, osserva van Bortel. Ad Amsterdam, dove tre quarti degli affitti sono regolati o rientrano nei programmi di edilizia sociale, il mercato immobiliare è diventato molto costoso, perché i proprietari non possono aumentare i canoni altrove.

Sull’avenue George V, a due passi dagli Champs-Élysées, sorge un edificio ottocentesco in stile Haussmann, impreziosito da colonne e decorazioni in pietra. Presto ospiterà 23 appartamenti sovvenzionati a equo canone. Il progetto è diventato il simbolo della volontà di Parigi di portare l’edilizia sociale anche nei quartieri più ricchi della città. E delle polemiche che ne sono seguite.

Nel 2008 il comune di Parigi aveva esercitato il diritto di prelazione su una vendita tra società immobiliari private, acquistando l’edificio per 17 milioni di euro con l’obiettivo di favorire una maggiore diversità sociale in uno dei quartieri più esclusivi della città, famoso per le boutique di lusso e gli hotel a cinque stelle. Ma il venditore designato ha contestato l’esproprio in tribunale per più di dieci anni, e solo di recente sono cominciati i lavori di ristrutturazione.

Il vicesindaco Baudrier dice che il progetto ricade in una zona dove gli edifici vuoti sono molto spesso seconde case, e che contribuirebbe a rendere la città più sostenibile, adeguando gli immobili storici agli standard energetici moderni. “Il progetto è ideale, ma molto costoso”, ammette, sottolineando che il costo per unità abitativa sarà nettamente superiore rispetto a una zona più a buon mercato. Secondo i critici il progetto di avenue George V è la prova di come l’ideologia sta prevalendo sulla logica economica. I politici di destra e gli investitori immobiliari contestano la legittimità degli espropri e si oppongono all’obbligo per i proprietari di uffici di mettere a disposizione alloggi sovvenzionati. “Il diritto di prelazione ha conseguenze pesanti sul mercato immobiliare”, dice Geoffroy Boulard, sindaco del 17° arrondissement. “Le norme urbanistiche della città sono un attacco al diritto di proprietà”. L’Aspim, associazione di categoria degli investitori immobiliari, ha definito preoccupante la decisione del comune di raddoppiare il numero di edifici potenzialmente espropriabili. “Toglie attrattività al mercato immobiliare e causerà una svalutazione”, sostiene Frédéric Bôl, presidente dell’associazione.

Diritto alla casa
Abitazioni ad affitto agevolato in alcuni paesi dell’Ocse, percentuale del totale (Ocse)

Nonostante le critiche i dati ufficiali confermano che la legge Sru ha aumentato il numero di alloggi sovvenzionati in tutta la Francia. Tuttavia, più della metà dei circa 2.100 comuni soggetti al provvedimento non ha ancora raggiunto l’obiettivo del 25 per cento di edilizia sociale.

Secondo la corte dei conti nel 2024 circa 340 comuni sono stati multati per non aver rispettato la normativa, generando cento milioni di euro di entrate per lo stato.

Per sempre

Tra le città che non raggiungono la soglia c’è Nizza, storicamente governata dalla destra, che si ferma al 14 per cento. L’anno scorso il sindaco Christian Estrosi ha criticato la legge, definendola “una truffa orchestrata dallo stato che non risolve il vero problema degli alloggi”. Anthony Borré, vicesindaco con delega alla casa, sostiene che la conformazione geografica della città, stretta tra mare e montagne, e i prezzi alti degli immobili rendono impossibile raggiungere l’obiettivo: “È un problema di spazio, non di volontà politica. Ma perché deve esserci un approccio unico per tutte le città?”. Lo scorso anno Nizza ha pagato sei milioni di euro di multa, una cifra che Borré definisce “altissima e ingiusta”. Non tutti però sono d’accordo con la posizione del comune: una nota associazione per il diritto alla casa ha accusato il comune di Nizza di “immobilismo e malafede politica” per aver ignorato gli obiettivi di edilizia sociale per oltre un decennio.

A Parigi chi riesce a ottenere un alloggio sovvenzionato di solito non se ne va più: solo il 6 per cento degli appartamenti cambia inquilino ogni anno. Il comune non obbliga le famiglie a trasferirsi nemmeno se il reddito aumenta o la composizione familiare cambia. Kuthub Khan, padre di tre figli e con una moglie disabile, era al settimo cielo quando ha saputo che alla sua famiglia era stato assegnato un appartamento in un complesso nuovo nel raffinato 7° arrondissement, dopo tre anni di attesa. Dice che riesce a pagare l’affitto con il suo stipendio e che la casa è dotata di tutte le soluzioni per l’accessibilità. “È un’ottima cosa che l’amministrazione si sia attivata per costruire posti come questo, altrimenti sarei in una situazione disperata”, dice di fronte all’edificio, a pochi passi dall’assemblea nazionale e dalla tomba di Napoleone. “Non voglio andarmene più da qui”. ◆ fas

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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 52. Compra questo numero | Abbonati