La pornografia viene raccontata da due tipi di persone: chi la fa e chi la contrasta. I primi tendono a esaltare un mondo in realtà oscuro fatto anche di violenza privata, abuso di sostanze e suicidi. I secondi elevano una barriera morale che impedisce qualsiasi analisi su un fenomeno di cui ci sarebbe bisogno di parlare. In realtà la rappresentazione letteraria o visiva dei desideri sessuali è stata consumata dalla quasi totalità degli esseri umani attraverso i periodi storici e le differenze culturali. Eppure non riusciamo a parlarne con serenità e ci nascondiamo dietro al silenzio del pudore. La giornalista Molly Lambert affronta questo silenzio da due fronti: da un lato riconosce all’industria pornografica la capacità di anticipare le dinamiche sociali ed economiche della nostra quotidianità. Dice, per esempio, che da come viene trattato un personaggio in un porno si possono ricostruire le dinamiche di potere in ogni luogo di lavoro. Dall’altro dà al discorso sul porno un valore intellettuale complesso, senza cadere nel facile sarcasmo. Il momento storico su cui Lambert si concentra è il successo alla fine degli anni novanta dell’attrice Jenna Jameson, che da una roulotte alla periferia di Las Vegas è diventata una star da più di un milione di dollari l’anno, ritirandosi mentre un’intera industria veniva spazzata via dalla gratuità di internet.

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Questo articolo è uscito sul numero 1641 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati