L’accordo per “favorire i flussi migratori legali tra Italia e Tunisia come risposta concreta ai bisogni di entrambi i paesi” avrebbe dovuto aprire le porte a una migrazione sicura, legale e organizzata, limitare quella irregolare e garantire un lavoro dignitoso e una retribuzione equa agli immigrati. Dopo un anno queste promesse sono già andate in fumo? Il memorandum italo-tunisino firmato il 23 ottobre 2023 a Tunisi prevede il rilascio di dodicimila permessi di soggiorno non stagionali in tre anni per i lavoratori tunisini che vogliono andare in Italia, cioè quattromila all’anno. Il 1 marzo 2024 è nata l’agenzia Sviluppo Lavoro Italia spa per incentivare e realizzare politiche nazionali e regionali per l’occupazione degli stranieri. L’agenzia governativa italiana ha poi firmato un protocollo con l’Agenzia tunisina per l’impiego e il lavoro autonomo (Aneti) .
Tuttavia, a un anno dalla firma del memorandum, l’operazione tanto sbandierata per giustificare la lotta contro l’immigrazione irregolare non sembra registrare il minimo successo, anche se i responsabili dei due paesi hanno più volte fatto annunci sulla formazione di migliaia di lavoratori tunisini da mandare in Italia. L’ha sottolineato l’ex parlamentare tunisino di Attayar (Corrente democratica) Majdi Karbai, che vive in Italia e segue da vicino la questione. Il 5 ottobre Karbai ha scritto su Facebook che “i quattromila contratti di lavoro promessi da Meloni a Saied si sono rivelati fittizi. I tunisini che arrivano in Italia con i flussi annuali di lavoratori regolari sono rimandati nel loro paese attraverso gli aeroporti e i porti italiani. Alcuni sono stati rimpatriati, altri rinchiusi nei centri di detenzione per migranti”. Queste dichiarazioni vanno prese sul serio e devono portare a un’inchiesta sulla sorte dei tunisini mandati a lavorare in Italia, respinti da una società dove si diffondono la xenofobia, il razzismo e l’islamofobia. ◆ fsi
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Questo articolo è uscito sul numero 1584 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati