Il 26 ottobre il presidente di estrema destra Javier Milei ha vinto con più del 40 per cento dei voti le elezioni per il rinnovo del parlamento. È stato un trionfo inaspettato. Dopo quattro mesi molto complicati, con l’economia tenuta a galla solo grazie al salvataggio finanziario promesso dal presidente statunitense Donald Trump, casi clamorosi di corruzione e candidati fuori gioco per i loro legami con il narcotraffico, il governo temeva un risultato peggiore. Invece La libertad avanza, il partito del presidente ultraliberista, passerà da 37 a 101 deputati e da sei a 20 senatori.
Milei ha festeggiato anche il successo di misura nella provincia di Buenos Aires, dove alle elezioni provinciali del 7 settembre aveva perso contro il peronismo. Questa volta l’estrema destra ha vinto nettamente nella capitale e in alcune grandi province come Córdoba, Mendoza, Entre Ríos e Santa Fe. “Il popolo ha deciso di lasciarsi alle spalle cent’anni di decadenza, oggi comincia la costruzione della grande Argentina”, ha detto il leader argentino nel suo discorso dopo la vittoria.
Il governo ha incentrato la campagna elettorale sulla paura di un ritorno del peronismo. Trump, che si è subito congratulato con Milei, ha contribuito a questa strategia: due settimane fa aveva annunciato che i quaranta miliardi di dollari offerti al presidente argentino (20 miliardi sotto forma di scambio di valuta e il resto come credito privato) erano subordinati alla vittoria dell’estrema destra. Le sue condizioni sono bastate per far crollare i titoli argentini e deprezzare il peso. Se l’idea era di mettere paura all’elettorato, ha funzionato.
Il peronismo ha perso inaspettatamente in diciotto province su 23.
Ma i grandi perdenti sono stati i sei governatori che hanno cercato senza successo di creare un’alternativa all’estrema destra e al peronismo con il partito Provincias unidas. La loro intenzione era diventare l’ago della bilancia all’interno di un parlamento diviso. Gli otto deputati che sono stati eletti non basteranno a svolgere questo compito.
Gli anni difficili
La strategia di Milei di ridurre le elezioni a una guerra tra il bene (rappresentato da lui) e il male (il peronismo che fa capo a Cristina Fernández Kirchner) è stata vincente. Per il politologo Juan Negri, dell’università Torcuato Di Tella, a Buenos Aires, la polarizzazione ha spinto “buona parte dell’elettorato a votare per Milei. Il peronismo non ha proposto un piano per il futuro, limitandosi a dire che il presidente sbaglia tutto. Il successo ottenuto alle elezioni di settembre nella provincia di Buenos Aires sembra aver mobilitato molti antiperonisti”.
Nonostante la vittoria, Milei dovrà rivedere i suoi piani: non ha la maggioranza in parlamento e dovrà creare nuove alleanze. “Deve ripensare alla composizione dell’esecutivo e dimostrare di saper creare sinergie politiche per garantire la stabilità negli ultimi due anni di mandato, che saranno senza dubbio i più difficili”, spiega Patricio Giusto, direttore della società di consulenza Diagnóstico político. “Non potrà ritardare ancora la revisione del suo programma economico, che oggi è sostenuto artificialmente da un salvataggio d’emergenza del tesoro statunitense”.
Milei aveva presentato il voto come una lotta per la sopravvivenza politica, un’insolita scommessa tutto o niente per un appuntamento elettorale che di solito si limita a indicare l’atteggiamento della società rispetto alla gestione del governo. Ma la situazione attuale è diversa dal solito: Milei è salito al potere due anni fa con una rappresentanza parlamentare minima, senza neanche un governatore del suo partito e con una squadra con poche competenze e scarsa esperienza. Quindi sperava che l’esito del voto gli concedesse una tregua nella lotta quotidiana per la governabilità.
Ed è stato così, nonostante i problemi. A partire da giugno si sono susseguite denunce di corruzione contro la sorella, Karina Milei. Poi il presidente ha dovuto sacrificare José Luis Espert, il suo candidato principale alla carica di deputato a Buenos Aires, perché accusato di avere legami con un imprenditore arrestato per traffico di droga. L’economia ha cominciato a vacillare al ritmo degli scandali. In assenza di riserve internazionali, gli investitori hanno venduto i titoli argentini e il peso è crollato. In aggiunta alla paralisi economica seguita ai tagli, l’umore del paese è cambiato rapidamente il 7 settembre, quando il partito di Milei ha perso le elezioni nella provincia di Buenos Aires. La somma dei problemi non poteva essere più pesante.
Più misurato
Ora il governo è tornato in corsa. Un Milei più misurato ha aperto la porta ad alleanze con l’opposizione “razionale”. Questa era la richiesta del Fondo monetario internazionale, che ad aprile ha concesso all’Argentina un altro prestito di 20 miliardi di dollari. Ed è anche la condizione imposta da Washington. Per gli Stati Uniti, oggi l’Argentina è un alleato fedele nella regione. “Preferisco estendere una linea di scambio (di valuta) piuttosto che sparare alle navi provenienti dal Venezuela che trasportano droga, come abbiamo dovuto fare”, ha detto il segretario del tesoro statunitense Scott Bessent il 26 ottobre.
Gli occhi sono puntati anche sull’ex presidente Mauricio Macri (2015-2019), un alleato chiave dell’estrema destra che aveva preso le distanze da Milei. Dopo il voto, Macri ha ricordato che Milei ha il suo numero di telefono e che può chiamarlo in qualsiasi momento. “Sono disponibile a parlare di governabilità e di cambiamenti, ma non abbiamo ancora discusso di ministri”, ha detto uscendo dal seggio elettorale. Il riferimento a possibili cambi ai ministeri non è casuale: tre componenti del governo dovranno lasciare il loro incarico a dicembre perché diventeranno deputati o senatori.
La lite tra il consigliere principale del presidente, Santiago Caputo, e la sorella Karina, è un’altra spada di Damocle che pende sul governo ultraliberista. Finora Milei ha tenuto nascosta la disputa tra il suo stratega e la funzionaria più potente dell’esecutivo, oltre che suo sostegno emotivo. Dopo queste elezioni il problema dev’essere affrontato. Caputo e Karina Milei rappresentano gruppi contrapposti nell’amministrazione, che spesso è rimasta paralizzata per la paura di ministri e collaboratori di morire in battaglia.
In ogni caso, dopo questa vittoria Milei non sarà più lo stesso. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati
 
			 
        
                 
                     
                     
                     
	                 
	                 
	                 
            