**◆ **Resoconto di un’amica: “Metto la sveglia alle 5.3o. Abbiamo un bagno solo, siamo in cinque. Mi ci chiudo io per prima, poi sveglio mio marito, quindi i nostri tre figli. Già prima del covid-19 da quel momento era tutto un gridare: sbrigati se no fai tardi, se no mi fai fare tardi. Adesso è peggio. Con i tre ragazzi – tredici, dieci, sette anni – si perde un sacco di tempo in battibecchi di questo tipo: metti la mascherina sempre, in autobus e sotto scuola. No, se i miei compagni non ce l’hanno. Se non ce l’hanno, fagliela mettere. Così passo per cretino. Sei cretino se ti becchi il covid e fai ammalare noi e i nonni. Uffa. Uffa? Occhei. Non dire occhei e poi fai come ti pare, la malattia è brutta, sono morti in tanti. Berlusconi s’è preso una grossa zaffata di virus ed è guarito anche se è stravecchio e ha le malattie pregresse. Berlusconi si deve sempre distinguere. Mamma, se mi prendo una malattia pregressa muoio? No, metti il termometro. Me lo dice papà se ho la febbre. Papà non è un termometro. Papà è un termometro. In effetti è così, da quando hanno memoria mio marito poggia le labbra sulla loro fronte e vaticina: non hai niente. Oppure: sei un po’ caldo. Il tempo intanto stringe, siamo già tutti in ritardo. Grido al padre: senti un po’ se hanno la febbre. Lui li sfiora con le labbra, dice: 36,4; 36,5; 36,6; segna. Ce la battiamo a scuola, al lavoro, col cuore in gola”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1376 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati





