Lunedì 25 novembre 2019. Un’occhiata al cielo di Santiago: il sole splende. Un orecchio teso verso il coro di donne che cantano: la rabbia risuona. In Cile la rivolta sociale contro le disuguaglianze serpeggia da più di un mese quando, in questo giorno dell’estate australe, una trentina di donne si riunisce davanti all’imponente commissariato di polizia del quartiere di Bellas Artes. La data non è stata scelta a caso. Il 25 novembre è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Occhi coperti da una benda nera, dito accusatorio, voce potente: le donne intonano con passione Un violador en tu camino (Uno stupratore sulla tua strada). Lo stesso giorno, canzone e coreografia vengono riprese davanti a numerosi luoghi simbolici della capitale cilena. Diventeranno rapidamente un inno femminista mondiale.

In prima fila, da sinistra a destra, Paula Cometa Stange, Sibila Sotomayor Van Rysseghem, Dafne Valdés Vargas e Lea Cáceres Díaz, le ideatrici della performance. Dal 2018 formano il collettivo artistico Las Tesis. “Ho provato una sensazione catartica molto forte. Abbiamo sentito di non essere sole di fronte alle violenze legate al genere. Nonostante una società brutalmente patriarcale, possiamo lottare insieme contro quest’oppressione”, spiega Cáceres Díaz, costumista di formazione, in un collegamento video nell’autunno del 2020. “Eravamo immerse in un’euforia mista alla paura, sostenute da una forza immensa. L’energia attraversava ogni parte del mio corpo”.

Nel 2018 la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) ha denunciato che nella regione viene uccisa una donna ogni due ore. In reazione a questa violenza, negli ultimi anni le iniziative femministe si sono moltiplicate. Il movimento Ni una menos (Non una di meno), nato nel 2015 in Argentina, ha organizzato manifestazioni imponenti non solo nelle principali città del paese ma anche in Cile, Perù e Uruguay. Nel maggio del 2018 un’ondata femminista si è abbattuta sulle università cilene per denunciare il sessismo e gli abusi negli atenei.

Desiderio di potere

Nato a Valparaíso, capitale culturale del Cile, il collettivo Las Tesis crea performance per tradurre in linguaggio artistico i lavori di ricercatrici universitarie femministe (il nome Las Tesis significa “le tesi”). Per far passare i loro messaggi, intrecciano coreografie e canti e rivendicano l’effetto perturbatore del loro “artivismo”, o attivismo artistico. “Rendersi conto che il nostro corpo è un territorio di oppressione, di sfruttamento, è un’esperienza molto forte. Dobbiamo riappropriarci del nostro corpo, trasformarlo in uno strumento di lotta e di resistenza attraverso il linguaggio artistico e la sua potenza”, sottolinea Sibila Sotomayor Van Rysseghem, attrice, nata in Belgio, figlia di esuli politici. “Le rivendicazioni a favore dei diritti delle donne non devono esprimersi solo attraverso la parola: l’arte è in grado di toccare e aprire le coscienze in modo diverso”. Lissel Quiroz, docente all’università di Cergy-Pontoise, in Francia, si è interessata alla storia del femminismo, alla maternità e alla salute infantile in America Latina. Secondo lei, “le performance di Las Tesis fanno parte di un repertorio di azioni che hanno cominciato a farsi strada all’inizio degli anni duemila, in particolare nel rap, nel reggaeton e nelle batucadas (un ritmo simile al samba che si suona con le percussioni) femministe, in Cile ma anche in Colombia e in Brasile. Sono un esempio del ruolo centrale dell’artivismo nelle mobilitazioni femministe di oggi”.

Per concepire il testo e la coreografia di Un violador en tu camino, il quartetto si è ispirato alle ricerche dell’intellettuale Rita Laura Segato, in particolare al suo libro La guerra contra las mujeres (Traficantes de Sueños 2016). Per l’antropologa argentino-brasiliana, le violenze sessuali sono un messaggio scagliato contro le donne: devono sottomettersi al patriarcato. “Il crimine sessuale è un crimine di potere, di dominio, di punizione”, ha detto Segato in un’intervista del 2017 al quotidiano spagnolo La Vanguardia. “La società fatica a capire che lo stupro non è un atto utilitaristico, non è il furto di un servizio sessuale. Vengono stuprate donne di settanta, ottant’anni. Non è desiderio sessuale, ma desiderio di dominio, di potere. Ciò che interessa allo stupratore è la sua potenza, e dimostrare questa potenza davanti ad altri uomini per guadagnarsi la definizione di ‘uomo vero’ ai loro occhi”.

Quando ha visto il video della performance sui social network, Segato ha riconosciuto le sue “idee sul potere, sulla violenza, sullo stato”. “Era tutto lì”, ha spiegato al quotidiano francese Le Monde nel gennaio del 2020. “Ero emozionata. Sono venticinque anni che faccio ricerca sulla violenza contro le donne. Non c’è nulla di più bello che vedere il proprio oggetto di studio trascendere il campo teorico e diventare popolare”.

Nell’autunno del 2019 in Cile è nato un movimento senza precedenti dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet nel 1990. Un’ampia parte della popolazione si è ribellata contro le profonde disuguaglianze del paese, in particolare nel campo dell’accesso alla sanità e all’istruzione. Il femminismo e la lotta dei popoli nativi hanno avuto un ruolo di primo piano nell’estallido social (sollevamento sociale), che è stato violentemente represso. Tra l’ottobre del 2019 e l’ottobre del 2020 trentuno persone sono morte, migliaia sono state ferite e quasi dodicimila arrestate, secondo i dati dell’Istituto nazionale dei diritti umani (Indh), un organo pubblico indipendente. È in quel contesto che una compagnia di teatro di strada di Valparaíso ha invitato il collettivo Las Tesis a partecipare a una manifestazione culturale. “Abbiamo deciso di presentare la canzone, anche se all’inizio doveva far parte di un’opera teatrale sullo stupro”, spiega una delle quattro fondatrici del collettivo, Paula Cometa Stange. “Era una necessità: attraverso Quirozla nostra creazione artistica dovevamo partecipare allo straordinario slancio che animava gli abitanti e le strade della nostra città”, ricorda Dafne Valdés Vargas.

“Era la nostra risposta alle violenze sessuali commesse dalla polizia cilena fin dai primi giorni delle proteste”, aggiunge Sibilla Sotomayor Van Rysseghem. “Nei suoi testi Segado spiega che il problema nasce non solo dagli autori degli stupri, ma anche dai sistemi giudiziari inadeguati, che infliggono pene troppo leggere; e dai mezzi d’informazione che a volte presentano le vittime come responsabili per come si vestono. È come se la società intera permettesse questi stupri, ogni giorno. È questo che vogliamo denunciare”. È il senso delle parole della canzone “lo stupratore sei tu / Sono i poliziotti, i giudici, lo stato, il presidente / Lo stato oppressore è un maschio stupratore”.

Ribaltamento

Solo un mese dopo lo scoppio delle proteste nel 2019 l’Indh ha denunciato cinquantotto aggressioni a carattere sessuale commesse dalle forze dell’ordine cilene nei primi dieci giorni di manifestazioni, di cui quaranta contro delle donne. Niente di nuovo per il Cile. “Durante il regime di Pinochet (1973-1990), in particolare nei primi cinque anni, la repressione dei movimenti di sinistra fu molto forte, soprattutto contro le donne impegnate in politica, nelle università e nelle associazioni di quartiere, che avevano sostenuto Salvador Allende. A Santiago decine di dissidenti politiche furono torturate, stuprate e in alcuni casi uccise nello stadio nazionale”, ricorda la storica Lissel Quiroz.

Per Las Tesis, denunciare queste atrocità è fondamentale: “Vogliamo mostrare ai paesi che ci osservano il peso schiacciante delle violenze della polizia, far capire quanto i diritti umani siano calpestati”, dice Lea Cáceres Díaz. “Lo stato nel suo insieme rende invisibili le donne e riproduce le violenze che le colpiscono. Per questo la polizia cilena è presa di mira in Un violador en tu camino”, spiega Lorena Fries Monleón, avvocata cilena specializzata in diritti umani ed ex sottosegretaria ai diritti umani durante la presidenza di Michelle Bachelet.

Le ragazze del collettivo Las Tesis a Valparaíso, 11 dicembre 2019 (Rodrigo Garrido, Reuters/Contrasto)

Sollevarsi contro un’istituzione espone al rischio di rappresaglie. Nel maggio del 2020 Las Tesis si riprendono davanti al commissariato di Valparaíso durante una nuova performance, realizzata insieme alle Pussy Riot. In piedi, in silenzio, le donne indossano le loro tute rosse e hanno il volto coperto da una maschera o da un passamontagna. Una voce fuori campo dice: “Tutti i poliziotti sono degli assassini. Ci perseguitano, bloccano l’uscita delle nostre case, provocano, s’infiltrano nelle manifestazioni e bruciano tutto. Lanciano gas lacrimogeni, picchiano, torturano, stuprano, distruggono, ci accecano. Il governo non ascolta e continua ad armarli”.

Dopo la pubblicazione del video alcuni poliziotti cileni hanno sporto denuncia contro Las Tesis per incitamento alla violenza. “Come altri collettivi artistici, subiamo la censura, le persecuzioni e molti attacchi su internet”, dice Valdés Vargas. “Dobbiamo continuamente lottare contro la paura che cercano di suscitare in noi attraverso le intimidazioni”, conferma Sibila Sotomayor Van Rysseghem. Alla fine del 2019 la performance Un violador en tu camino si è diffusa a macchia d’olio. Tornate da Santiago, Las Tesis hanno invitato le femministe cilene e del mondo intero a farla propria. I video si sono diffusi rapidamente in rete. La performance è stata ripresa a Parigi, Bruxelles, Montréal, Istanbul, Beirut, Tel Aviv, New Delhi, Tokyo, New York, Città del Messico, Melbourne, Nairobi. Il 4 dicembre 2019 diecimila donne, alcune di più di ottant’anni, hanno scandito la canzone all’unisono nello stadio nazionale di Santiago, luogo di torture e stupri durante la dittatura di Pinochet. Un’emozione intensissima.

“Las Tesis hanno condensato le emozioni che tutte le donne provano di fronte all’occultamento delle violenze legate al genere. Il collettivo è il simbolo di tutte le donne che lottano affinché lo stato ascolti e avvii un percorso di cambiamento”, commenta l’avvocata Monleón. “Credo che la performance abbia permesso a numerose donne di sentirsi rappresentate, e questo ne spiega il successo mondiale”, dice Quiroz.

“Abbiamo creato Un violador en tu camino per contribuire al movimento sociale cileno, non pensavamo che avrebbe oltrepassato la cordigliera delle Ande. Ma le donne non si sentono oppresse dalle violenze legate al genere solo in Cile, è un fenomeno mondiale e per questo la canzone ha superato le frontiere”, spiega Paula Cometa Stange. Secondo un rapporto pubblicato nel 2013 dall’Organizzazione mondiale della sanità, le violenze fisiche o sessuali sono un problema di salute pubblica che colpisce più di un terzo della popolazione femminile mondiale. Il collettivo Las Tesis è riuscito nell’impresa di rendere visibile e concreto uno degli aspetti di un problema globale: la cultura dello stupro, ovvero il contesto sociale che permette di normalizzare e giustificare la violenza sessuale, a volte anche istituzionale.

Da sapere
Vittoria degli indipendenti

◆ Il 15 e il 16 maggio 2021 in Cile 14,9 milioni di persone sono state chiamate a eleggere i 155 componenti della convenzione costituente incaricata di scrivere la nuova costituzione del paese, che prenderà il posto di quella introdotta all’epoca della dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990). La decisione di votare in due giorni è stata presa dal governo per evitare assembramenti a causa della pandemia di covid-19. Diciassette seggi erano riservati ai rappresentanti dei popoli autoctoni cileni e i restanti sono stati distribuiti in ugual misura tra donne e uomini. I candidati indipendenti hanno ottenuto la maggioranza relativa dei seggi, precedendo le due liste di sinistra e quella della destra al potere. La partecipazione alle urne è stata bassa: poco più del 43 per cento degli aventi diritto. “La cittadinanza ci ha inviato un messaggio chiaro”, ha detto il presidente Sebastián Piñera (centrodestra). “Non siamo sintonizzati con le loro richieste e le loro aspirazioni”. Afp, La Tercera


La coreografia, sostenuta da un ritmo martellante, ha contribuito al successo della performance. “Le genuflessioni evocano quelle imposte alle donne arrestate durante le manifestazioni, obbligate a spogliarsi. Negli ultimi anni nei commissariati molte ragazze sono state vittime di pratiche degradanti di questo tipo”, spiega Lorena Fries Monleón.

“Come mostrano le foto dell’epoca, dopo il golpe militare del 1973 i prigionieri politici erano costretti a genuflettersi con le mani dietro la nuca”, afferma Quiroz. La fascia nera sugli occhi è un riferimento alle donne stuprate durante la dittatura: gli bendavano gli occhi affinché non riconoscessero i loro aggressori. La vista negata ricorda anche le più di quattrocento persone colpite agli occhi dai proiettili sparati dalla polizia o dai militari durante le proteste del 2019. Infine, per Quiroz, “la benda nera è anche il simbolo della cecità di una parte della società di fronte alle violenze sessuali”.

Il dito puntato in avanti quando vengono pronunciate le parole “lo stupratore sei tu” esprime un’accusa. “È la prima volta che si punta il dito in quella direzione”, osserva Rita Laura Segado. “In passato era sempre stato puntato contro le donne, sotto gli occhi di un pubblico maschile. All’improvviso, nel mondo intero, una moltitudine di donne ha ribaltato la situazione. È un gesto molto forte”.

La performance di Las Tesis s’iscrive nel solco dell’attivismo musicale vivo da tempo in Cile. Da Violeta Parra e Víctor Jara negli anni sessanta alla rapper francocilena Ana Tijoux o al cilenostatunitense Nicolas Jaar oggi, nel paese la creazione musicale si è sempre contraddistinta per il suo impegno sociale. Il brano El baile de los que sobran (Il ballo dei superflui) cantato dal gruppo Los Prisioneros negli anni ottanta è diventato un inno di denuncia senza tempo contro le disuguaglianze in America Latina. Un violador en tu camino fa eco anche ad Antipatriarca, una canzone del 2014 in cui Ana Tijoux attaccava il patriarcato in America Latina. Negli ultimi dieci anni in Cile più di cinquecento donne sono state assassinate da uomini: una media di cinquanta vittime all’anno in un paese di appena diciotto milioni di abitanti. Oggi molte cilene hanno paura di presentarsi da sole in un commissariato.

Una nuova costituzione

Il 25 ottobre 2020 un votazione storica per il Cile ha suscitato un’ondata di speranza tra i gruppi militanti. Cittadine e cittadini hanno approvato con il 78 per cento dei voti la proposta di modificare la costituzione. Con questo referendum, frutto delle richieste sollevate dal movimento sociale del 2019, si è deciso di voltare le spalle alla costituzione adottata durante la dittatura di Pinochet, considerata un ostacolo alla parità di genere. Costituzionaliste e costituzionalisti riconoscono che il testo fu scritto per permettere alle frange conservatrici della società di rimanere al potere, anche dopo la fine della dittatura.

Secondo Lorena Fries Monleón, “cambiare la costituzione è fondamentale, perché quella del 1980 riflette il modello patriarcale applicato durante la dittatura. Nonostante alcuni progressi, sul piano dei diritti delle donne il Cile è il paese più arretrato del continente, l’unico in America Latina dov’è ancora in vigore una costituzione scritta in gran parte da uomini”.

Per il collettivo Las Tesis, la nuova costituzione deve adottare un punto di vista femminista e le politiche pubbliche devono orientarsi verso la legalizzazione dell’aborto e garantire un’istruzione non sessista e neutra in termini genere. Il nuovo testo sarà scritto da persone elette provenienti dalla società civile e le donne saranno la metà. Il Cile diventerà così il primo paese al mondo a scrivere una costituzione rispettando la parità. Questo lungo processo democratico porterà a un testo che sarà sottoposto a referendum nel 2022. Sicuramente le femministe cilene si faranno ancora sentire. ◆ fs

Questo articolo è uscito sul primo numero di La Déferlante, un trimestrale francese fondato e diretto da donne, che si occupa di femminismo e questioni di genere.

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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati