L’11 febbraio sono stati diffusi i rapporti di alcuni funzionari statunitensi su un’imminente offensiva russa contro l’Ucraina. Da quel momento la tensione diplomatica e l’attenzione dei mezzi d’informazione sono ulteriormente aumentati. Secondo i funzionari statunitensi, l’offensiva sarebbe dovuta scattare il 16 febbraio. Gli Stati Uniti e altri venti paesi hanno invitato i loro cittadini a lasciare l’Ucraina. Questo significa che l’attacco è inevitabile? Quali sono i rischi reali? E come interpretare il flusso costante di informazioni?
È importante analizzare la situazione attuale e le posizioni delle parti coinvolte, cercando di trarre conclusioni e avanzare prudenti previsioni.
Le truppe al confine
Al 12 febbraio i soldati russi posizionati alla frontiera ucraina, compresi quelli che si trovano in Bielorussia e nei territori occupati dell’Ucraina orientale e della Crimea, erano 147mila, divisi in 87 gruppi tattici di battaglione. La cifra include il personale della marina e dell’aeronautica. Queste truppe sono equipaggiate con armi e attrezzature adeguate e possono contare su unità di supporto logistico e medico, tuttavia al momento non si registra la presenza dei rinforzi necessari per un’offensiva di grandi proporzioni.
Un comando congiunto e un sistema di controllo sono stati attivati sia in Russia sia in Bielorussia. Le forze russe stanno conducendo attività operative e di addestramento. Le esercitazioni congiunte delle forze armate russe e bielorusse, battezzate con il nome di Sojuznaja rešimost 2022 (Determinazione alleata 2022), sono in corso e dovrebbero concludersi il 20 febbraio.
Circa quindici gruppi tattici di battaglione e altre unità russe sono in Bielorussia, dove sono state raggiunte dalle truppe di stanza nel distretto militare orientale della Russia, comprese alcune unità della 103a brigata missilistica russa, in possesso del sistema balistico a corto raggio Iskander.
Scenari possibili
Al momento le forze russe ammassate al confine non bastano per un’operazione che abbia come obiettivo la conquista di una parte considerevole dell’Ucraina o addirittura dell’intero paese. Perciò le previsioni di un attacco imminente non possono essere confermate.
Allo stato attuale riteniamo che uno scenario simile sia improbabile, perché in questo momento non si rileva in Russia l’attività necessaria per preparare le centinaia di migliaia di soldati indispensabili per un’offensiva di larga portata.
Non sono state neanche adottate misure per creare riserve strategiche e nuove mobilitazioni.
Infine, un’operazione di questo tipo avrebbe conseguenze estremamente negative per la Russia. Se la risposta a un attacco contro l’Ucraina includesse ritorsioni non militari (per esempio sanzioni e isolamento internazionale) le conseguenze sarebbero gravissime non solo per il Cremlino, ma per tutto il paese.
Riteniamo anche che offensive locali, con la conquista di città e territori separati tra loro, siano improbabili, a causa della mancanza di una vera convenienza politica. Tuttavia è possibile che in alcune aree ci siano attacchi con l’obiettivo di distrarre le forze di difesa ucraine.
Continuiamo quindi a credere che l’ipotesi di un bombardamento intenso, che causerebbe un gran numero di vittime civili, sia irrealistica. Un’azione di questo tipo danneggerebbe i piani del Cremlino di conquistare “i cuori e le menti” della popolazione russofona dell’Ucraina.
Allo stesso tempo è ancora plausibile che Mosca cerchi di innescare un evento scatenante, per esempio una provocazione pianificata in Ucraina orientale. Un’operazione simile servirebbe a legittimare l’ingresso delle truppe russe in territorio ucraino o un attacco lungo la linea del fronte. In generale un peggioramento della situazione nell’est dell’Ucraina è molto probabile.
Molto realistica è anche l’ipotesi di un’invasione ibrida, cioè portata avanti non con mezzi militari ma con la disinformazione e il caos politico, minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e attraverso terrorismo, operazioni di sabotaggio e attacchi informatici contro infrastrutture d’importanza cruciale.
Il mar Nero e il mar d’Azov
La situazione nel mar Nero continua a cambiare dopo l’arrivo di navi provenienti dalle flotte russe di stanza nel Pacifico e nel mare del Nord. Il 9 febbraio nel mar Nero erano presenti dodici navi da sbarco anfibio provenienti da tutte le flotte della Russia. Sulla costa ucraina, nella regione di Cherson, potrebbero sbarcare fino a quattromila soldati e 250 veicoli corazzati.
Insieme alle truppe aviotrasportate concentrate in Crimea, questa presenza è una minaccia per il sud dell’Ucraina.
Sfruttando il suo significativo vantaggio in mare e violando il diritto internazionale, con la scusa di un’esercitazione di combattimento la Russia ha imposto un blocco di fatto nel mar Nero e nel mar d’Azov tra il 13 e il 19 febbraio.
Questa provocazione serve a Mosca per capire fino a dove può spingersi e quali saranno le conseguenze delle sua azioni. La situazione nel mar Nero e nel mar d’Azov al momento non promette bene, ma tutto dipenderà dalla reazione dell’Ucraina e della comunità internazionale al blocco marittimo russo.
Verso Kiev
In ogni caso oggi l’attenzione si concentra su Kiev. È evidente che per gli strateghi del Cremlino l’obiettivo principale di un’aggressione è prendere il controllo totale dell’Ucraina, operazione che risulterebbe più facile una volta conquistata la capitale. Le unità militari russe di stanza in Bielorussia, insieme alle truppe dislocate sul territorio della Russia, rappresentano una minaccia per il nord dell’Ucraina e per Kiev. I soldati e i mezzi russi mobilitati in teoria basterebbero per puntare alla presa di Kiev. Ma solo in teoria.
Se cercassero di varcare il confine nelle regioni di Černihiv, Žytomyr e Kiev, le truppe russe subirebbero perdite pesanti. Per Mosca è una prospettiva troppo rischiosa. Per prima cosa, infatti, considerate la quantità e la qualità delle truppe e delle risorse che sarebbero coinvolte nella difesa della capitale ucraina, la conquista di Kiev non sarebbe una versione “economicamente vantaggiosa” di un’invasione su vasta scala.
In secondo luogo assumere il controllo di una metropoli con una popolazione di più di tre milioni di abitanti, molti dei quali pronti a resistere al nemico, è un obiettivo difficile e irrealistico.
Terzo, la speranza che l’offensiva di Mosca sia sostenuta da gruppi interni pronti ad aiutare i russi è infondata: il paese non è più nella situazione del 2014 (quando, dopo la rivolta di Euromaidan, la Russia annesse la Crimea a occupò parte della regione orientale del Donbass).
Infine solo degli strateghi con una mentalità autoritaria potrebbero immaginare di trarre grandi benefici dalla conquista di Kiev. L’Ucraina democratica, infatti, sopravvivrebbe anche se la capitale dovesse cadere. È ridicolo pensare che, una volta conquistata Kiev, la Russia possa assumere il controllo dell’Ucraina. Detto questo, l’ipotesi di una conquista di Kiev, in modo tradizionale o attraverso “operazioni speciali”, non sarebbe una sorpresa.
Pronti alla difesa
Oggi gli ucraini sono pronti a difendere il paese e Kiev. Per scrivere questo articolo abbiamo parlato con diversi esponenti delle istituzioni e possiamo confermare che nessuno sottovaluta il rischio di un attacco. Nell’ultimo periodo il paese ha fatto grandi passi avanti nel prepararsi a un’offensiva.
Primo, gli armamenti a disposizione del paese sono sensibilmente aumentati.
Secondo, alcune truppe ucraine sono state trasferite nei pressi del confine bielorusso, dove sono in atto operazioni di addestramento.
Terzo, sono state organizzate esercitazioni su vasta scala per coordinare le risposte militari in caso d’invasione.
Tutto questo conferma che i vertici politici e militari ucraini prendono sul serio la minaccia russa e stanno lavorando per contrastarla. Decine di migliaia di persone sono pronte a resistere, spiritualmente e fisicamente. Se ci sarà un’emergenza, sapranno cosa fare e agiranno in modo coordinato. Per la Russia sarà quindi molto difficile portare a termine i piani per un’invasione dell’Ucraina, e soprattutto per la conquista di Kiev. ◆ as
Andrij Zagorodnjuk, Alina Frolova, Oleksij Pavliučik e Viktor Kevljuk sono analisti politici del Centro per le strategie di difesa di Kiev.
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Questo articolo è uscito sul numero 1448 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati