Una donna sferra un pugno come se volesse colpire qualcuno o qualcosa. I capelli mossi le coprono il volto. Indossa un maglione con sotto una camicia e un paio di bermuda di jeans. Se non fosse per le mura di una casa sullo sfondo, questa scena illuminata dal flash sembrerebbe tratta da uno spettacolo teatrale. Invece è una delle immagini realizzate dalla fotografa iraniana Atefe Moeini per il suo lavoro Go live. Moeini (1998) è nata e cresciuta a Bushehr, nel sud dell’Iran, e dal 2024 vive negli Stati Uniti dove ha studiato fotografia alla Yale art school. Fino ad allora era stata autodidatta, ha imparato guardando i tutorial su YouTube e sperimentando sul campo.
La serie Go live, ancora in corso, è nata da un’esperienza personale: “Nel 2018 sono stata arrestata dalla polizia religiosa di Teheran per aver indossato jeans strappati, una sciarpa rossa e un cappotto lungo. Sono stata scaraventata in un’auto della polizia, trattenuta per ore e costretta a cambiarmi con abiti che loro consideravano ‘islamici’, prima di essere rilasciata. Ciò che mi è rimasto non è stata solo la paura, ma una frattura profonda, la sensazione che il mio corpo fosse diventato un campo di battaglia”, racconta Moeini.
Da quel momento la fotografa ha deciso di raccontare la storia di altre donne che come lei sono state fermate o arrestate per il loro abbigliamento. “Gli ho chiesto di vestirsi come quel giorno. Alcune mi hanno permesso di mostrare il loro volto, altre hanno scelto di restare anonime. Le loro immagini insieme formano una ribellione silenziosa, una memoria collettiva di resistenza, orgoglio e sopravvivenza”. Il titolo Go live è ispirato al tatuaggio di una di loro, ma fa riferimento anche ai video girati con gli smartphone e diffusi sui social media in cui si vedono donne trascinate, picchiate o arrestate dalla polizia morale per le strade del paese. “Questi video sono diventati strumenti di sfida. Fare un video in diretta significa rivendicare visibilità prima che lo stato possa cancellarla. È un atto di autodifesa”.
La serie è cominciata in Iran, poi Moeini ha continuato a scattare foto negli Stati Uniti alle donne della diaspora e ad altre amiche e conoscenti di nazionalità diverse che vivono in esilio. In collaborazione con loro, immagina queste scene in cui inserisce oggetti che ha portato dall’Iran, come chador, tessuti e uniformi scolastiche. Ha cominciato usando come set la sua camera da letto. Sono visioni apparentemente silenziose, che fanno conoscere storie spesso inascoltate. “Queste fotografie emergono dal contrasto tra passato e presente, libertà e paura, visibilità e cancellazione. Servono a essere viste, dopo anni in cui ci è stato vietato di esserlo”. ◆
◆ La serie Go live di Atefe Moeini è esposta in anteprima alla Triennale di Milano nell’ambito della terza edizione del Photo grant Deloitte fino al 25 gennaio 2026. Il progetto ha vinto nella categoria Open call. Oltre all’artista iraniana, in mostra ci sono i progetti del fotografo e regista ghaneano Carlos Idun-Tawiah (Internazionale 1617), che ha vinto l’edizione 2025 nella categoria Segnalazioni, e della venezuelana Fabiola Ferrero (Internazionale 1484), vincitrice dell’edizione del 2024 nella categoria Open call. Quest’anno il concorso ha promosso il tema Contrast per indagare uguaglianze e disuguaglianze nella società contemporanea.
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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati