Il 15 dicembre il gruppo ribelle M23, attivo nell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e sostenuto dal Ruanda, ha annunciato che “su richiesta degli Stati Uniti si ritirerà dalla città di Uvira”, che aveva conquistato cinque giorni prima. Più di 400 persone sono state uccise e oltre duecentomila sfollate nell’offensiva cominciata il 5 dicembre, il giorno dopo che i presidenti della Rdc e del Ruanda avevano firmato un accordo di pace a Washington con la mediazione di Donald Trump. Dopo la presa di Bukavu a febbraio, Uvira era rimasta l’ultima roccaforte governativa nella provincia del Sud Kivu, al confine con il Burundi che ora, spiega The East African, “si prepara alla guerra”. Le truppe burundesi infatti già combattono a fianco dell’esercito congolese. Con il controllo dell’area di Uvira, la milizia può interrompere le comunicazioni e gli scambi tra il Burundi e l’Rdc, creando un rischio per la sicurezza e per l’economia. “Dal corridoio Bujumbura-Uvira passa il 90 per cento delle merci burundesi esportate in Rdc”, ricorda il settimanale. L’M23, precisa Radio France Internationale, non ha indicato una data precisa né l’entità del ritiro delle sue forze, ma solo “alcune condizioni, come il coinvolgimento dei garanti del processo di pace nella smilitarizzazione della città e il dispiegamento di una forza neutrale per il controllo del cessate il fuoco. Ma cosa si intenda per forza neutrale resta una questione aperta”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati