Nessun autore è in grado di evocare la “vecchia, stramba America” come fa Karen Russell. L’antidoto è ambientato a Uz, una cittadina del Nebraska durante l’epoca della grande depressione, ma si spinge anche più indietro, all’epoca dei pionieri che Russell aveva già evocato nel suo capolavoro breve, Proving up, poi trasformato in un’opera lirica. Il romanzo è incorniciato da due catastrofi meteorologiche realmente accadute: la tempesta di polvere del “Black sunday”, il 14 aprile 1935 – in cui la gente era morta soffocata da un muro nero di sabbia in movimento – e, un mese dopo, l’alluvione del fiume Republican, quando caddero sessanta centimetri di pioggia in un solo giorno. Gran parte di ciò che accade tra questi due disastri è “vero” anche emotivamente, ma, nella visione di Russell, il fantastico e il familiare convivono sullo stesso piano. La protagonista è una strega della prateria, che si fa chiamare Antidoto. In parte ciarlatana, ma soprattutto guaritrice, promette di curare i mali dei suoi clienti togliendo loro “qualunque cosa non riescano a sopportare di sapere”. Karen Russell, la strega della prateria della narrativa americana, riesuma ricordi dal subconscio collettivo statunitense e ci invita a vedere la nostra storia per intero. Ma non esistono, purtroppo, antidoti contro la storia. Le nostre consolazioni risiedono in scrittrici come Russell, che rifrangono orrore e meraviglia attraverso il loro specchio deformante, lasciandoci in attesa della prossima, stupefacente rivelazione.
Maureen Corrigan, Npr

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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati