“Credete nei fantasmi?”. Nell’introdurre la sua nuova raccolta di racconti gotici, Jeanette Winterson comincia con quella che potrebbe sembrare la domanda ovvia. Ma lo è davvero? Nella narrativa la sospensione dell’incredulità è di solito un patto tacito. Lo scrittore si dedica all’invenzione, lasciando al lettore il compito di riflettere, in privato, sulla verosimiglianza. Nei racconti di fantasmi, come in altri generi speculativi, questo contratto implicito sembra ancora più essenziale. Perché in fondo, le nostre convinzioni contano poco. Possiamo goderci un’opera di fantascienza senza credere davvero che il viaggio più veloce della luce sia possibile. E nei migliori racconti di fantasmi – come per esempio Il giro di vite di Henry James – la domanda centrale rimane tanto sottintesa quanto irrisolta. Tiro fuori la questione perché è la stessa Winterson a farlo, ripetutamente. Concludendo la sua introduzione con una nota un po’ agnostica, cita Samuel Johnson: “La ragione è contraria, ma la fede è a favore”. E poi ci torna sopra, una volta che i racconti sono avviati, come a voler supervisionare il nostro studio. L’autrice fa collegamenti intriganti tra il dualismo mente-corpo e la tecnologia dell’intelligenza artificiale, per poi virare improvvisamente verso previsioni alquanto discutibili. “La tecnologia informatica”, dichiara, non solo “riallineerà il nostro rapporto con la morte”, ma ci permetterà di “sconfiggerla”. Affermazioni forti, certo, ma nella narrativa – presentate come possibilità immaginate – non ci darebbero alcun fastidio. Così, quando Winterson comincia effettivamente a fare questo, nella sezione di racconti intitolata Dispositivi, le sue previsioni azzardate diventano inevitabilmente ostaggi della sua persuasività. Ma il vero problema di quello che sembra un manifesto para-futurista di Winterson è che i suoi obiettivi sono incompatibili con quelli della sua arte. La narrazione non è una disciplina empirica e le sue creature sono beatamente libere da vincoli ontologici. Le storie possono rendere qualsiasi cosa credibile, perfino i fantasmi – ma non dovrebbero mai cercare di dimostrare qualcosa. Paraic O’Donnell, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1637 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati