Per narrare l’epopea del Venezuela, paese “di manghi e di battaglie”, Miguel Bonnefoy dispiega un ampio diorama romanzesco, un’opera stregonesca che fa dialogare le anime antiche con quelle non ancora nate. Nel Sogno del giaguaro il Venezuela prende forma attraverso i destini intrecciati di una coppia e la ricostruzione delle vicende della dinastia dei Bracamonte, “esseri venuti con il vento”. Lo scrittore racconta di aver pensato fin dal principio a questi personaggi ricorrenti che si sarebbero incrociati da un libro all’altro, ma anche di essersi lasciato guidare da loro lungo il percorso. In questo romanzo la migrazione è anche ascesa sociale: Antonio, salvato da una “donna che non è sua madre”, diventerà il medico più famoso di Maracaibo e fonderà un’università. E poi gli esili si incroceranno: dopo che sua figlia, Venezuela, lascia la città per andare a vivere a Parigi, suo figlio Cristobal compie il viaggio inverso. Sposando a Parigi un cileno, Venezuela lega il paese del suo nome al Cile e alla Francia. Quando si lascia la propria terra, si liberano i fantasmi delle generazioni passate: il giorno della sua partenza lascia andare lo spirito di Teresa che aveva accolto suo padre, Antonio, alla nascita. Questa trasmissione di una memoria invisibile interseca una lingua del passato con un alfabeto del futuro. Bonnefoy descrive in modo magistrale quel momento in cui un destino individuale incrocia quello del proprio paese.
Juliette Einhorn, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1632 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati