Ci dicono che è bene essere gentili. Quando in ballo ci sono centinaia di miliardi di euro, questo imperativo vale ancora di più. È il caso della conversazione tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, durante una telefonata che è stata definita “molto cordiale”. Il risultato di questa reciproca gentilezza è che Trump ha deciso di sospendere per un mese i dazi del 50 per cento che voleva imporre alle importazioni dall’Unione europea.
La proroga ha dato nuovo slancio ai negoziati. A questo punto cominciamo ad avere la sensazione che la nostra capacità di adattamento sia cresciuta enormemente nei pochi mesi trascorsi da Trump alla Casa Bianca. I mercati mondiali stanno imparando ad assorbire scosse che in altri momenti storici potevano risultare letali per il sistema nervoso della finanza globale.
Trump fa una mossa che, almeno in teoria, rischia di far tremare i pilastri dell’economia mondiale; immediatamente scoppia il panico, ma nel giro di 48 ore cambia idea. Trump sembra godersi l’emozione di assistere allo sconcerto che può scatenare. Ma gridare al lupo al lupo ha delle conseguenze.
Le aziende hanno bisogno di stabilità e sicurezza. Nel 2024 gli Stati Uniti sono stati il principale partner commerciale dell’Unione (circa il 20,6 per cento delle esportazioni europee, soprattutto prodotti medicinali e farmaceutici). Un’imposta del 50 per cento sarebbe un danno enorme per un giro d’affari di 281 miliardi di euro.
Non sorprende che la pausa sia stata accolta con sollievo dai leader europei, ma giocare con la fiducia dei consumatori ha un costo. È chiaro che è nell’interesse di tutti raggiungere un accordo il più rapidamente possibile e ripristinare una certa stabilità nelle relazioni commerciali, ma non si capisce cosa Trump voglia esattamente. In un modo o nell’altro, minacce e controminacce non servono a nessuno. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1616 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati