Possiamo seguire gli umori e gli amori della storia recente del Brasile attraverso le canzoni di Chico Buarque. C’è sempre, nei suoi versi, come in ogni poeta, una magia: parla d’amore, ma sembra che parli di politica; affronta le questioni collettive, ma come se fossero una cosa intima. La letteratura di Chico Buarque segue un’altra strada, come se l’autore fosse stufo dei dischi e degli spettacoli, stanco di trascinare con le emozioni. Nelle sue opere letterarie Chico Buarque è sempre più freddo, più distante, un narratore ragionevolmente separato dai temi che affronta. Quella gente è un ottimo romanzo in forma di diario fatto di appunti, di messaggi inviati e ricevuti tra il dicembre del 2016 e il settembre del 2019. Anni decisivi per il Brasile, in cui una presidente, Dilma Rousseff, veniva messa sotto impeachment, un ex presidente, Lula, era arrestato e il paese cadeva nelle mani di un leader autoritario, Jair Bolsonaro. Niente di tutto questo è evocato esplicitamente nelle pagine di Quella gente: ciò che conta, come nelle canzoni, sono le cose non dette. Il libro non è un pamphlet politico. Nonostante la durezza, è un racconto delicato (e invariabilmente comico, anche se incredulo) che impone una riflessione sul Brasile spaccato a metà. Il personaggio centrale è Manuel Duarte, autore di un romanzo storico, L’eunuco del Palazzo reale. In un declino inesorabile, indebitato, ha un figlio adolescente con cui non scambia una parola e due ex compagne (una traduttrice e una decoratrice). Intorno a lui c’è una Rio de Janeiro che sanguina tra povertà e solitudine. Fábio Altman, Veja

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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati