La luce è dura, implacabile. A mezzogiorno appiattisce tutto sulle coste del Mediterraneo. I colori, di solito vistosi, sono schiacciati, ammorbiditi, perdono ogni pretesa di sedurre, e paradossalmente addolciscono paesaggi poco attraenti: il lungomare cementificato della Costa Brava, dove negli anni sessanta si costruirono in modo sregolato molti edifici brutti per accogliere il turismo di massa; i bordi di strade e autostrade intorno a Barcellona o a Valencia; scorci di canali tra le fabbriche, e distese di terra brulla.

I paesaggi preferiti del fotografo Txema Salvans mostrano l’intervento dell’essere umano, che li ha modificati per renderli “utili” senza preoccuparsi né della natura né del fatto che fossero luoghi piacevoli. In questi spazi s’intravedono delle persone, spesso sole o in piccoli gruppi familiari. Quello che colpisce subito di loro è che si ritrovano schiacciate nel paesaggio che le circonda; perdono la loro identità, ma se non ci fossero quel paesaggio non sarebbe più lo stesso.

Sono piccoli personaggi impegnati in attività che si riassumono in due parole: l’attesa e il tempo libero. Colpiti dal sole, bambini, uomini e donne occupano semplicemente lo spazio, apparentemente immobili, figure statiche che scandiscono il ritmo dell’immagine.

The waiting game I. Murcia C-3223, 2014

Quando è uscito il suo libro Perfect day – risultato di quindici anni di viaggi in furgone lungo le coste spagnole del Mediterraneo – Salvans ha spiegato il modo in cui ha costruito la sua estetica originale. “Tutto è cominciato con un lavoro commissionato. Mi avevano chiesto di raccontare la prostituzione in strada, un fenomeno molto comune nelle nostre regioni. Ci sono diversi progetti fotografici sulla prostituzione, alcuni si concentrano su una persona, altri esplorano un luogo particolare. Storie documentarie, spesso narrative ed enfatiche. Io volevo proporre altro. Così ho preso una macchina fotografica di grande formato e sono andato in giro per il paese. Per non modificare l’ordine delle cose mi sono tenuto a distanza e le donne, anche se potevano vedermi, pensavano che fotografassi il paesaggio, a causa della mia apparecchiatura ingombrante. E in un certo senso era vero, perché ero più interessato al contesto che alle ragazze. Una volta finito il lavoro e consegnato le due o tre foto che mi avevano chiesto, mi sarei potuto fermare lì, ma questo approccio, che rompeva con la pratica del bianco e nero dei miei lavori precedenti, mi ha interessato e attirato”.

Perfect day. Torrevieja, 2016 (Perfect day. Torrevieja, 2008.)

L’uso del reale

Così il fotografo ha continuato quel progetto per otto anni. “Quando ho mostrato le immagini ovviamente ci sono state polemiche. Tuttavia non penso che sia necessario chiedere autorizzazioni. Sono un documentarista e sono consapevole di usare le persone, quello che vedo, in altre parole il ‘reale’, per realizzare le mie immagini. Ma ho un grande rispetto per le persone, non le ridicolizzo mai. E non mi permetto di giudicarle. Mi limito a constatare con (credo) la giusta distanza, per non essere né invadente né moralista. E al contrario di un fotografo come Martin Parr, per esempio, non cerco il gesto o l’aneddoto”, spiega. “Ho capito che m’interessano i paesaggi dove la presenza delle persone sottolinea una dimensione tragica: paesaggi modellati dall’essere umano, che pensa di costruire cose di cui ha bisogno. Anche se visivamente cerco di non enfatizzare, nel caso della prostituzione è la vita stessa di quelle donne a essere e a mostrarsi drammatica. E sento che questo si riflette sulla percezione del paesaggio”.

The waiting game II. Embalse de la Pedrera, CV-950, Alicante, 2014

Per questo progetto, intitolato _ The waiting game I_, Salvans ha scelto una distanza che accentua la contraddizione degli spazi postindustriali, in cui l’individuo cerca e trova un luogo per evadere dalla quotidianità. Mentre ci lavorava ha incontrato molti pescatori in posti incredibilmente brutti, come ama sottolineare il fotografo, da cui poi è nata la serie The waiting game II. Nulla a che vedere con il romanticismo dei fiumi che scorrono sinuosi tra i prati o con i luoghi ombrosi per i picnic di famiglia. Questi uomini pescavano e si riposavano in mezzo al cemento.

Perfect day. Torrevieja, 2008

Una scelta voluta

In Perfect day Salvans continua, con una nuova estetica, i precedenti lavori fatti in bianco e nero sugli spagnoli in vacanza e raccolti nel libro My kingdom. La situazione è la stessa e il principio fotografico è semplice: anche se siamo al mare non bisogna mostrarlo, non si deve seguire mai lo sguardo di queste persone che interrompono per un momento la loro attività per entrare a far parte dell’inquadratura. Una sorta di controcampo per dei paesaggi che assumono un valore sociologico.

The waiting game I. Hostalrich, Girona C-35, 2010

Salvans si chiede perché queste persone sembrano aspettare, lottare contro il tempo. “Ho una formazione scientifica, ho studiato biologia. E non cerco di trovare o di proporre soluzioni, perché la fotografia non può farlo”, dice. “Ma mi rendo conto che l’essere umano è capace di adattarsi a tutto in modo incredibile e al tempo stesso di adattare il paesaggio a quello che pensa sia necessario alla sua felicità o alla sua comodità. L’attesa è una situazione molto comune. Tutti nel corso della vita aspettiamo qualcosa: un primo bacio, una situazione migliore, un altrove, la realizzazione di un sogno, la fine dell’insoddisfazione o semplicemente la fine. Per questo non ho bisogno di andare lontano per realizzare le mie fotografie. Mi basta fare attenzione. È tutto lì”.

The waiting game II. Deltebre T-340, Tarragona, 2016 , 2016.

In fotografia, e ancora di più nella fotografia documentaria, è raro che si rida o semplicemente che si sorrida. Nel lavoro di Salvans, che è un lavoro molto serio sulla condizione umana, l’ironia è usata per svelare. Si comincia sorridendo, poi si ride un po’ di più, ma a poco a poco il riso si trasforma in una smorfia desolata. Non si pensa che i personaggi delle foto siano degli stupidi, ma si arriva a condividere l’afflizione del fotografo di fronte alla condizione dell’essere umano. Come nelle immagini dell’artista svedese Lars Tunbjörk, che Salvans adora. Il tutto accompagnato da una passione per la fotografia tradizionale.

“So che uno dei problemi della fotografia – come viene rimproverato a Sebastião Salgado – è che una certa bellezza, o ciò che è considerato come tale, allontana dall’obiettivo fondamentale e finisce per imporsi come elemento principale. Ma la mia scelta della pellicola e del grande formato è voluta. Me ne assumo la responsabilità. Con il digitale scatti una foto che guardi prima di fare la seconda e così via. Con la macchina analogica invece non puoi vedere nulla, devi essere molto concentrato. E c’è come un gioco. Non mostro mai il mare ed è come con la magia, sai che c’è un trucco ma non sai qual è”. ◆adr

Da sapere
I libri

◆ Il libro _Perfect day _(Mack) è uscito a maggio del 2020, con un’introduzione di Joan Fontcuberta. Gli altri libri di Txema Salvans sono _The waiting game I _(sulla prostituzione), _The waiting game II _(sui pescatori), _My kingdom _(le vacanze degli spagnoli), _Nice to meet you_ (un insieme di ritratti fatti ad amici, parenti e sconosciuti).


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Questo articolo è uscito sul numero 1373 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati