L’India ha ordinato alle aziende produttrici di smartphone di dotare tutti i modelli venduti nel paese di un’app di cibersicurezza governativa, una misura che ha suscitato forti critiche in nome del rispetto della privacy e della libertà.

Presentata la sera del 1 dicembre dal ministero delle comunicazioni, la misura punta a proteggere i codici Imei, che identificano i dispositivi mobili, da qualunque manipolazione fraudolenta, in particolare a fini criminali.

L’applicazione Sanchar saathi (”partner di comunicazione”) dovrebbe permettere ai proprietari di bloccare e localizzare i propri telefoni in caso di furto o smarrimento, oltre a individuare qualunque utilizzo sospetto.

Secondo il governo, ha già dato prova della sua efficacia permettendo di localizzare 2,6 milioni di dispositivi.

Entro 90 giorni dovrà essere “preinstallata su tutti gli smartphone prodotti o importati in India”, e non potrà essere disattivata o rimossa.

L’annuncio del governo ha però suscitato forti critiche.

“La misura sancisce un aumento significativo e preoccupante del controllo governativo su dispositivi privati, senza fornire alcuna delle garanzie che ci si aspetterebbe da una democrazia costituzionale”, ha affermato il 2 dicembre l’ong indiana Internet freedom foundation (Iff).

“Chi ci dà la garazia che l’applicazione non venga usata per accedere ai file e alle conversazioni memorizzate sui nostri smartphone? Si tratta di una chiara violazione della nostra privacy”, ha dichiarato l’analista Nikhil Pahwa sui social network.

“È solo un modo per monitorare ogni spostamento, contatto e affermazione dei cittadini indiani”, ha affermato K. C. Venugopal, un deputato del Congresso nazionale indiano, il principale partito d’opposizione.

Il paese più popoloso del pianeta, con i suoi quasi 1,5 miliardi di abitanti, è anche uno dei principali utilizzatori di telefoni cellulari. Secondo i dati ufficiali, nel 2024 aveva 1,16 miliardi di utenti.

Ad agosto la Russia aveva imposto ai produttori di smartphone l’installazione dell’app di messaggistica locale Max, considerata dalle ong per i diritti umani un possibile strumento di sorveglianza.