Un giovane violinista ha accompagnato migliaia di sostenitori dell’opposizione che hanno intonato l’inno nazionale venezuelano il 30 luglio, in una manifestazione a Caracas, per dire un pacifico, ma deciso “no” della vittoria elettorale del presidente Nicolás Maduro.
Molti manifestanti indossavano indumenti bianchi, il colore preferito dalla leader dell’opposizione María Corina Machado, oppure magliette e cappellini della nazionale di calcio. Un mare di bandiere venezuelane gialle, blu e rosse riempiva il viale, alcune indossate come mantelli dai manifestanti.
“Lo vedete, lo sentite, Edmundo è presidente!”, ha cantato la folla. “Maduro dittatore!”, hanno gridato alcuni, mentre altri dicevano: “No alla frode!” e “Non abbiamo paura!”.
Milioni di venezuelani non accettano la vittoria elettorale assegnata a Maduro dal Consiglio elettorale nazionale (Cne) vicino al governo, che però è contestata a livello internazionale. L’opposizione sostiene che il legittimo vincitore sia Edmundo González Urrutia, 74 anni, arrivato in cima alla lista, dopo che Machado è stata eliminata dalla corsa elettorale.
Contro un muro all’esterno degli uffici delle Nazioni Unite a Caracas un adolescente, con il volto coperto da una bandiera, usava due pentole per fare rumore, mostrando un piccolo cartello con la scritta: “Abbiamo le prove, Edmundo è il presidente”.
Machado e González Urrutia sono arrivati al comizio sopra lo stesso camion che avevano usato per la campagna elettorale, mentre la folla entusiasta tirava fuori i cellulari per immortalare il momento. “Vi avevo detto che avremmo vinto e abbiamo vinto!”, ha detto Machado, mentre la folla esultava.
I leader dell’opposizione hanno dichiarato di avere i registri di voto per “dimostrare” la vittoria di González Urrutia, avvenuta con un ampio margine.
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La commissione elettorale nazionale (Cne) ha assegnato il 51 per cento dei consensi a Maduro, anche se non ha pubblicato una mappa dettagliata dei risultati. Il sito web della commissioneè inattivo dal giorno delle elezioni.
“Sfidiamo la Cne a fornirci i risultati. Perché questo ritardo? Qual è la paura?”, ha accusato Machado. “I risultati non si negoziano. L’unica cosa che siamo disposti a negoziare è una transizione con garanzie per tutti”. La risposta delle autorità alle proteste è stata aggressiva.
Le forze di sicurezza hanno sparato gas lacrimogeni e proiettili di gomma contro i manifestanti e un’ong ha dichiarato che undici persone sono state uccise il 29 luglio. Altre decine sono rimaste ferite.
Il 30 luglio Maduro ha dichiarato che l’opposizione sarà ritenuta responsabile di “violenza criminale”. In un discorso in cui ha inveito contro gli Stati Uniti, l’imperialismo e il fascismo, Maduro ha detto di aver ordinato il dispiegamento delle forze armate contro l’opposizione.
Maduro li accusa di essere finanziati da forze esterne che vogliono creare il caos in Venezuela. González Urrutia, da parte sua, ha esortato le forze armate a non “reprimere” la volontà del popolo, affermando che “non c’è motivo di questa persecuzione”.
Le proteste del 29 luglio sono cominciate nei quartieri più poveri della capitale, duramente colpiti dalla crisi economica, caratterizzata da una diminuzione del pil dell’80 per cento in dieci anni e dall’emigrazione di sette milioni di venezuelani nello stesso arco di tempo.