La conversazione sembrava improbabile, tanto i due uomini sono diversi e opposti. Eppure c’è stata davvero. Il presidente statunitense Donald Trump e il venezuelano Nicolas Maduro si sono parlati dieci giorni fa, al telefono.

Secondo il Miami Herald, quotidiano della Florida molto informato sulle questioni che riguardano l’America Latina, Trump ha presentato un ultimatum al suo interlocutore, intimandogli di dimettersi e lasciare immediatamente il paese. In cambio ha offerto un salvacondotto che si estenderebbe anche alla famiglia e ai collaboratori stretti di Maduro, ma solo in caso di dimissioni. Maduro ha rifiutato.

E ora? Il seguito potrebbe passare da un episodio militare. Gli Stati Uniti hanno ammassato un’armata e negoziato il sostegno di alcuni piccoli paesi dell’America Centrale, mentre Trump ha dato il via libera ad azioni segrete della Cia. Per aumentare la pressione, Washington ha annunciato che lo spazio aereo del Venezuela è chiuso. Si tratta chiaramente dell’avvio di un blocco non dichiarato.

Trump vuole liberarsi di Maduro e cercherà in tutti i modi di rovesciare il suo governo. Per il momento, però, si limita a mettere alle strette il dittatore venezuelano, nella speranza che si faccia da parte o che venga tradito dal suo esercito.

In realtà è poco probabile che Trump si lanci in un’invasione terrestre, con il rischio (già sperimentato in Iraq) di ritrovarsi impantanato in una guerra impossibile da vincere e molto costosa. Per ora la strategia seguita sembra privilegiare gli attacchi concentrati su un numero ridotto di obiettivi, come il bombardamento contro l’Iran del mese di giugno, per poi vedere che succede.

Tre tappe

La campagna statunitense contro Maduro, è cominciata tre mesi fa con gli attacchi contro le imbarcazioni accusate di trasportare droga, che hanno provocato in totale 83 vittime. La seconda tappa è stata l’accusa a Maduro di essere a capo dei cartelli della droga. La terza, logicamente, sarà eliminarlo.

Fino a che punto queste azioni sono legali? È un interrogativo cruciale che però Trump non si pone. Se ne infischia del diritto internazionale, ignora le Nazioni Unite (che hanno definito “esecuzioni extragiudiziali” gli attacchi in mare) e difende il suo segretario alla guerra Pete Hegseth, l’uomo che ha ordinato di uccidere i sopravvissuti nel mar dei Caraibi.

L’azione di Trump è assolutamente caotica, anche alla luce della recente grazia concessa all’ex presidente dell’Honduras Juan Orlando Hernández, che era in carcere negli Stati Uniti dove stava scontando una condanna a 45 anni di prigione per traffico di droga. Trump ha giustificato la sua scelta parlando di “persecuzioni politiche” contro Hernandez, ma ormai non si capisce più nulla: fermezza da un lato, lassismo dall’altro.

Il regime di Maduro può essere considerato una catastrofe da ogni punto di vista, ma resta il fatto che non spetta a Trump rovesciarlo, anche se nella sua campagna ha l’appoggio della leader dell’opposizione venezuelana Maria Corina Machado, premio Nobel per la pace del 2025. Invocare il diritto internazionale è ormai diventato inusuale e ingenuo. Ma l’alternativa, che abbiamo davanti, è la legge del più forte.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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