Negli Stati Uniti le elezioni del 2 novembre hanno prodotto un risultato eccellente per il Partito repubblicano, pessimo per il Partito democratico e misto per Donald Trump.
Nella sua corsa vincente alla poltrona di governatore della Virginia, il repubblicano Glenn Youngkin – come altri candidati repubblicani anche in altri stati – ha puntato sui temi cari all’ex presidente. Dopo tutto ormai il partito è suo. Tuttavia Youngkin ha saputo trionfare tenendo Trump a una certa distanza, dimostrando che è possibile immaginare un partito che non sia dominato completamente dall’ex inquilino della Casa Bianca.
Forse è per questo che i primi commenti di Trump sulla corsa elettorale sono stati più pacati del solito. “Vorrei ringraziare la mia base per aver votato in massa per Glenn Youngkin”, ha dichiarato Trump. “Senza di voi non avrebbe mai potuto vincere. Il movimento Maga (Make America great again) è più grande e forte che mai”.
Trump è apparso molto più interessato ad attaccare il candidato democratico. “Sembra che la campagna di Terry McAuliffe diretta contro un certo ‘Trump’, abbia aiutato enormemente Glenn Youngkin. McAuliffe non ha fatto altro che parlare di Trump, senza mai fermarsi. E ha perso!”, ha scritto l’ex presidente in un secondo comunicato. “Non ho dovuto nemmeno fare campagna per Youngkin. McAuliffe l’ha fatta al mio posto”.
Al momento il presidente Joe Biden è parecchio impopolare, e questo sembra aver penalizzato i democratici
In realtà il ragionamento vale anche in senso opposto. È vero che McAuliffe ha cercato di motivare gli elettori agitando lo spauracchio dell’ex presidente, fallendo clamorosamente. Ma il rovescio della medaglia è che Youngkin non era certo ansioso all’idea che Trump si impegnasse per sostenerlo. Con grande equilibrismo, infatti, Youngkin è riuscito a evitare di snobbare gli elettori di Trump modulando al contempo il suo messaggio in modo da conquistare i moderati dei sobborghi, come ho scritto ieri. Quando Steve Bannon ha organizzato un comizio per i candidati repubblicani a cui Trump ha partecipato, Youngkin ha fatto in modo di essere altrove. Il Washington Post ha riportato che Youngkin e Trump hanno parlato al telefono ripetutamente durante la campagna, ma è significativo che nessuno dei due abbia fatto trapelare questa informazione prima del voto.
Altri fattori si sono rivelati ben più decisivi della presenza di Trump. Prima di tutto l’affluenza, piuttosto elevata. McAuliffe ha ottenuto più voti di quelli incassati nel 2017 dal governatore uscente Ralph Northam, ma è stato comunque superato da Youngkin.
Al momento il presidente Joe Biden è parecchio impopolare, e questo sembra aver penalizzato i democratici. In uno stato che nel 2020 Biden aveva conquistato con un margine del 10 per cento, le inchieste della Cnn indicano che appena il 44 per cento degli elettori approva il suo operato, contro un 54 per cento di scontenti. Più o meno le stesse percentuali registrate da Trump nello stesso sondaggio (42 per cento favorevoli e 54 per cento contrari).
Forse il fattore che potrebbe rivelarsi più determinante per le prossime elezioni è il voto dei sobborghi. Nel 2020 gli exit poll della Cnn avevano indicato che Biden aveva conquistato l’appoggio dei sobborghi delle grandi città (53 per cento contro 45 per cento), e secondo gli opinionisti l’avvicinamento al Partito democratico degli elettori dei sobborghi, un tempo fedeli al Partito repubblicano, era stata una delle dinamiche più rilevanti nel panorama politico, in grado di bilanciare la perdita del sostegno dei bianchi della classe operaia che si erano schierati con i repubblicani. Ma ora gli exit poll indicano che Youngkin ha vinto nei sobborghi (53 per cento contro 47 per cento), ribaltando la situazione. “A quanto pare i democratici avevano solo preso in prestito quegli elettori”, ha dichiaro a Politico un portavoce dell’Associazione dei governatori repubblicani.
A questo punto viene da chiedersi se ha senso interrogarsi sul peso di un risultato misto a livello personale per Trump, nel contesto di una vittoria repubblicana. Dopo tutto Trump resta la figura dominante del partito e il favorito alla nomination per le elezioni presidenziali del 2024.
Una potenziale fonte di conflitto è la tendenza di Trump a voler manipolare le contese elettorali più importanti appoggiando i candidati che gli sono stati leali, anche nei casi in cui è prevedibile che possano incontrare difficoltà in un’elezione generale. Ma Youngkin non era uno di loro. Va detto che alle primarie della Virginia Trump non aveva appoggiato nessun candidato, ma resta il fatto che Youngkin somiglia più al candidato presidenziale del 2012, Mitt Romney, e alle primarie ha sconfitto un candidato molto più simile a Trump come Pete Snyder. In questo senso la scelta di candidati più estremisti potrebbe creare un conflitto tra gli interessi di Trump e quelli del partito. Tuttavia se i repubblicani sono stati in grado di conquistare perfino la Virginia, è plausibile che nel 2022 possano sconfiggere i democratici anche scegliendo candidati “sbagliati”.
Un indizio importante arriverà dall’attività di governo di Youngkin. Se il governatore si comporterà come ha fatto il suo omologo della Florida Ron DeSantis, che ha cercato in tutti i modi di farsi paragonare a Trump, vorrà dire che l’ex presidente mantiene ancora una presa salda sul partito. Ma Youngkin potrebbe anche agire con più moderazione, cercando di soddisfare gli elettori di Trump senza però esserne schiavo. In questo caso Youngkin si manterrebbe più in linea con la sua personalità politica e opererebbe una scelta più prudente, anche se il limite del mandato singolo in Virginia significa che non dovrà affrontare nuovamente il voto nel 2025.
Un’indicazione fondamentale arriverà dal comportamento degli elettori dei sobborghi. È possibile che i democratici li abbiano soltanto presi in prestito alle elezioni locali del 2017, a quelle di metà mandato del 2018 e alle presidenziali del 2020, ma non è chiaro se questi elettori appartengano ai repubblicani o se possano nuovamente essere “dirottati”. Il percorso politico del paese potrebbe dipendere da come voteranno questi elettori nel 2024 nel caso Trump fosse nuovamente candidato. Trump sarà nuovamente dannoso al punto da allontanarli? Oppure a quel punto avranno dimenticato e perdonato i suoi eccessi?
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è stato pubblicato sul sito dell’Atlantic.
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