Il Circolo degli artisti, uno storico locale di Roma con un grande giardino vicino ai resti dell’antico acquedotto tra il Mandrione e via Casilina vecchia, è stato per quasi trent’anni un punto di riferimento della musica indipendente e della cultura in città. Poi nel 2015 è stato chiuso a causa delle inchieste che hanno travolto i gestori. Ma la mattina del 21 luglio un centinaio di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo lo ha occupato a sorpresa per l’intera giornata, convocando un’assemblea permanente in collegamento web con altre sedici città italiane.
Con gli striscioni “Vogliamo tutt’altro” e “Non è che l’inizio”, gli artisti sono entrati nel vecchio edificio abbandonato in cui alcuni giardinieri del comune stavano facendo dei lavori di ripristino e hanno occupato quello che un tempo era l’ingresso della sala concerti, mettendosi a sedere per terra sotto alla tettoia, con dei teli, e dichiarando aperta una mobilitazione che è andata avanti fino alle 22.
I lavoratori di questo settore, già caratterizzato da precarietà e insicurezza, hanno denunciato i tagli ai finanziamenti per la cultura fatti dal governo di Giorgia Meloni, che mettono a rischio la sopravvivenza di istituzioni storiche come il festival teatraledi Santarcangelo di Romagna. Gli artisti del teatro, della danza, dello spettacolo e delle arti performative hanno annunciato una mobilitazione che continuerà per tutta l’estate per arrivare a uno sciopero l’8 e il 9 settembre, cercando di coinvolgere anche altre aree del settore culturale, sempre più in difficoltà come nel caso dell’università e della ricerca.
“Nell’ultimo mese e mezzo ci sono stati dei tagli e degli attacchi allo spettacolo da parte delle commissioni governative che gestiscono il finanziamento pubblico, un duro colpo per un sistema strutturalmente fragile e ‘intermittente’ come quello della cultura. Hanno tagliato i finanziamenti ai singoli festival e alle singole compagnie. Hanno colpito in maniera sistematica in particolare il teatro e le arti sperimentali”, spiega Ilenia Caleo, attrice, performer e ricercatrice.
“Abbiamo provato a stimare quanto lavoro si perderà con questi tagli: tra le ventimila e le cinquantamila giornate lavorative. È come se fosse un licenziamento di massa dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo”, continua Caleo, tra le promotrici dell’assemblea. “Abbiamo pensato di occupare uno spazio, come fecero gli operai della Gkn di Campi Bisenzio quando ricevettero l’email che annunciava il licenziamento collettivo. Occupare per noi è un metodo di lotta nobile, mentre in questo momento c’è una criminalizzazione di tutti quelli che protestano e dissentono”.
L’appello della mobilitazione è a “occupare tutto, occupare gli spazi della cultura, i teatri, i cinema, le università”, contro l’azione dei governi che cancellano le attività e gli spazi culturali. Per Caleo convocare le persone e aprire uno spazio a tutti è nel dna di chi fa teatro: “Che cos’è la scena? Che cos’è il teatro? Corpi vivi di fronte ad altri corpi vivi. Per noi artisti e performer, il gesto di convocarci come abbiamo fatto oggi, di aprire una discussione, è già la possibilità di immaginare un’alternativa alla realtà che ci viene imposta. Significa rompere l’isolamento, parlare del futuro che ci viene tolto, sperimentare”. Secondo l’artista l’ostilità agli intellettuali e la rappresentazione della cultura come appannaggio di pochi servono al governo anche per colpire il dissenso.
Alla fine di giugno sono state pubblicate le graduatorie dalle commissioni del ministero della cultura incaricate di valutare le richieste di fondi. Le commissioni musica, teatro, danza, circo e progetti multidisciplinari hanno assegnato un punteggio ai teatri, alle compagnie e ai festival, e molti sono stati tagliati fuori o hanno ricevuto valutazioni molto basse. Festival con una storia consolidata come Teatri di vetro e Margine operativo a Roma oppure Wonderland a Brescia sono stati esclusi dai finanziamenti, mentre altre realtà come Santarcangelo dei teatri hanno perso moltissime posizioni nella graduatoria e quindi subiranno una consistente riduzione dei fondi.
“Il lavoro della cultura è strutturalmente intermittente, ha tutti gli elementi dello sfruttamento: finte partite iva, contratti stagionali, precarietà. Anche pensare di scioperare o di fare attività sindacale in questo settore sembra impossibile. Invece momenti come quello di oggi ci mostrano che si può ripartire dalla centralità del lavoro e dalla dignità”, spiega Tiziano Trobia delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap).
“Negli ultimi tre anni sono stati colpiti e penalizzati i progetti culturali, soprattutto quelli sgraditi al governo”, continua Trobia. “I tagli questa volta sono diretti al reddito dei lavoratori e delle lavoratrici, gli effetti saranno immediati. Ma in gioco c’è la sopravvivenza stessa della cultura a diversi livelli. Noi stiamo cercando di far convergere nello sciopero di settembre realtà diverse e anche distanti: dai lavoratori dei beni culturali, all’università, fino agli artisti. Il potere tenta di frammentare questi mondi, invece dobbiamo riconoscere il filo che li lega. Sono lavoratori e lavoratrici intellettuali e della cultura che pretendono autonomia dal potere, rispetto, indipendenza, giusti compensi e welfare”.
La regista teatrale Giorgina P della compagnia Bluemotion dice che con questo governo c’è stato un “salto di scala” nei tagli alla cultura, perché l’estrema destra pretende di “fare egemonia”, per usare una formula del politico e filosofo Antonio Gramsci, cioè di controllare in maniera capillare il sistema culturale e quindi l’immaginario delle persone.
“I tagli servono per cancellare esperienze di ricerca”, continua l’artista. “La cultura è stata maltrattata da molti governi anche in passato, ma questa volta è una scelta rivendicata. Il governo dice che questi contenuti culturali non vanno bene e perderanno i finanziamenti, quindi saranno cancellati. Ci sono state delle accelerazioni negli ultimi mesi per distruggere tutto il lavoro di produzione estetica, poetica e di ricerca. Il progetto è ammansire l’opinione pubblica, eliminare chi sperimenta e riflette sulla contemporaneità, affermare ideologie semplici eliminando ogni ostacolo”.
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