“Senti come cantano! Mi piace il suono che producono. Adoro stare in una stanza piena di grilli”, si entusiasma Esnath Divasoni. Gli occhi le brillano dietro i grandi occhiali. Indossa un abito blu e verde e una giacca nera, ha i capelli raccolti e il volto sorridente. “Sono soddisfatta di quello che faccio e del perché lo faccio”, dice quando ci sentiamo su Zoom.
Divasoni, 33 anni, un figlio, ha creato un allevamento di insetti commestibili nell’est rurale dello Zimbabwe. Da generazioni gli abitanti del suo villaggio e di tutta la regione mangiano gli insetti e i vermi che trovano nelle foreste o nei campi nella stagione dei raccolti. La giovane imprenditrice ha trovato un modo per renderli disponibili tutto l’anno e in quantità sufficienti a nutrire la sua comunità, contribuendo così ad alleviare gli effetti della crisi climatica.
Nel 2020 ha lanciato la sua unità di produzione di insetti commestibili in una stanzetta con il soffitto di lamiera nella fattoria dei suoi genitori a Marondera, una settantina di chilometri a est della capitale Harare. Gran parte della sua comunità è formata da agricoltori, piccoli proprietari che nei loro terreni coltivano mais, fagioli, arachidi e tabacco, e allevano mucche e polli. La fattoria dei genitori di Divasoni è una delle 150 proprietà raggruppate in tre villaggi, che sorgono in un’area pianeggiante attraversata da fiumi e dighe. Come in altre parti nell’Africa subsahariana, la vita nei villaggi zimbabweani sta diventando più difficile. Secondo il rapporto del 2020 della Rete globale contro le crisi alimentari, lo Zimbabwe è già in una situazione molto critica, con milioni di abitanti che hanno bisogno di aiuti umanitari.
“I cambiamenti del clima sono diventati più estremi negli ultimi anni. Abbiamo subìto alluvioni e siccità”, spiega Divasoni. Così sono diminuiti i raccolti mentre sono aumentate la malnutrizione, la fame e la povertà.
Questa situazione influisce negativamente sull’istruzione dei bambini perché quando le risorse sono limitate i genitori non possono permettersi di mandare i figli a scuola. Lo Zimbabwe è uno dei dieci paesi del mondo dove meno del 20 per cento dei bambini piccoli riceve un’alimentazione adeguata, e questo, secondo il rapporto sulle crisi alimentari, compromette la qualità della loro vita futura.
Le proteine del futuro
Quando Divasoni era piccola i suoi genitori avrebbero voluto farle continuare gli studi, ma non avevano i soldi per pagare le scuole superiori a tutte le figlie. “All’epoca, in una famiglia che aveva pochi soldi, era normale che una ragazza di quindici anni si sposasse. Molti pensavano che per una donna la conquista più grande fosse il matrimonio. Le mie quattro sorelle si sono sposate molto presto”, racconta.
Esnath Divasoni, però, voleva studiare. Grazie a una borsa di studio dell’organizzazione internazionale Campaign for female education (Camfed) ha potuto frequentare le superiori e poi l’università in Costa Rica. È stata la prima del suo villaggio a lasciare la famiglia per andare all’estero.
Oggi lavora come formatrice nel programma per le guide agricole di Camfed, e mostra a giovani donne provenienti da contesti rurali poveri come applicare delle tecniche di coltivazione innovative sviluppate localmente per contrastare il cambiamento climatico.
Finora Divasoni e un’altra collega hanno formato 320 guide agricole, che trasmetteranno a loro volta le competenze acquisite ad altre coltivatrici in tutto il paese. Divasoni e la collega si concentrano sulle donne perché spesso sono loro a occuparsi delle attività agricole e del sostentamento delle famiglie, e per questo sono le prime ad avvertire gli effetti del riscaldamento globale. Secondo la Fao, in molte parti dell’Asia e dell’Africa le donne formano fino al 60 per cento della manodopera in agricoltura.
Quando studiava scienze agrarie alla Earth university in Costa Rica, Divasoni voleva trovare a tutti i costi un modo per combattere la malnutrizione e l’insicurezza alimentare. “Mi piace mangiare gli insetti, perciò ho concentrato le mie ricerche su di loro”, dice sorridendo. “Quando eravamo piccoli raccoglievamo i vermi dagli alberi in estate e andavamo nei campi dopo il raccolto con delle buste di plastica per trovare gli insetti. Lo facevano tutti allora, e si continua a farlo oggi”. Il suo obiettivo, però, era fare in modo che le famiglie avessero a disposizione una fonte abbondante e regolare d’insetti, invece delle poche manciate che riuscivano a raccogliere solo in determinati periodi dell’anno.
Divasoni ha scoperto che i grilli sono una fonte di proteine sostenibile ed economica: “Sono molto nutrienti. Hanno pochi grassi e molte proteine, vitamine e sali minerali”. Richiedono poche risorse e, a differenza del bestiame, non producono quasi nessun gas serra. Specie autoctona della regione, i grilli non volano e sono cacciati da molti predatori come le lucertole, i topi e le galline, perciò non si corre il rischio che possano scappare e infestare i campi, a differenza delle locuste, che stanno devastando i raccolti in tutta l’Africa. Quando era giovane, ricorda Divasoni, alcuni cercavano di catturare gli sciami di locuste, ma oggi lei lo sconsiglierebbe perché con ogni probabilità questi insetti hanno ingerito pesticidi e altre sostanze chimiche usate per debellarli.
Dopo aver scelto i grilli, il passo successivo è stato progettare un modo semplice ed economico per allevarli, in modo che le altre donne della comunità potessero imparare a fare lo stesso. In realtà chiunque può creare un allevamento di grilli, perché basta poco spazio e non servono attrezzature particolari. Divasoni usa una stanza di cinque metri per sette, dove tiene delle file di grandi bacinelle di plastica blu e verdi impilate su due scaffali. “Non ho comprato niente. Ho preso quello che avevo intorno. Bisogna usare l’immaginazione”, osserva. “I contenitori dove do da mangiare ai grilli sono le grandi bacinelle di plastica dove di solito laviamo le coperte”. Su questi recipienti mette un pezzo di stoffa e dentro ci infila dei cartoni per le uova, sotto i quali i grilli possono nascondersi come fanno in natura. Per dargli da mangiare usa i vassoietti di plastica delle confezioni di carne e frutta dei supermercati. Altri contenitori di uso comune possono diventare incubatrici e abbeveratoi.
Una volta alla settimana somministra ai grilli un pasto speciale fatto di fagioli essiccati, sorgo e un po’ di calcio. Inoltre ogni cinque giorni gli dà degli avanzi e delle verdure coltivate nell’orto. “Uso solo prodotti locali, non devo importare soia o altro. Quello che do ai grilli poi torna nell’orto, perché i loro escrementi, ricchi di azoto e fosforo, sono un ottimo fertilizzante”, spiega.
Quando i grilli hanno raggiunto la maturità, dopo un periodo che a seconda delle temperature può variare tra le cinque e le otto settimane, Divasoni raccoglie le uova per cominciare un nuovo ciclo di produzione e mette da parte gli esemplari adulti. Per abbatterli bastano pochi secondi in acqua calda, poi possono essere bolliti in acqua leggermente salata, fritti, arrostiti o essiccati per brodi o zuppe. Un grillo adulto può crescere fino a tre centimetri in lunghezza e un centimetro in larghezza. “Sono dei concentrati di proteine”, con gambe e ali commestibili e il sapore che ricorda la pelle del pollo fritta, assicura Divasoni. All’inizio le persone della sua comunità erano scettiche. “Non avevano preso seriamente in considerazione la possibilità di allevare insetti. Per loro era uno spreco di spazio e denaro. Dicevano ai miei genitori: ‘Vostra figlia è andata all’estero e ha portato da noi questa cosa americana’”, racconta l’allevatrice divertita. “Oggi però è tutto normale”. Conserva una parte dei grilli per la famiglia e gli amici, e vende al mercato quelli che le restano: un pacchetto da 50 grammi di grilli essiccati costa un dollaro statunitense.
◆ Gli esseri umani mangiano insetti e altri piccoli animali da millenni. In varie parti del mondo due miliardi di persone si cibano abitualmente di duemila specie diverse: nella sola Africa quelle commestibili sono cinquecento e comprendono vermi, cavallette, grilli, formiche e api. La pratica, di cui vengono riconosciuti i meriti per l’ambiente perché si tratta di fonti di proteine sostenibili, è ancora tabù in Europa: in un recente sondaggio della European consumer organisation solo il 10 per cento degli intervistati ha detto di essere disposto a mangiare insetti al posto della carne. Ma le cose potrebbero cambiare: quest’anno Bruxelles ha approvato il commercio di larve delle tarme della farina per il consumo umano. Gli investimenti nell’allevamento e trasformazione degli insetti (che finora sono usati principalmente per l’alimentazione di alcuni animali) sono in crescita e si stima che entro il 2027 il settore raggiungerà i 4,63 miliardi di dollari. Bbc
Una famiglia di quattro o cinque persone ha bisogno di uno o due etti di insetti per un pasto nutriente. Di solito sono serviti con la sadza, un piatto tipico zimbabweano simile a una polenta, che è piuttosto insipida, perciò i grilli croccanti e salati aggiungono sapore.
Oggi Divasoni ha venti vasche, ognuna delle quali produce circa mille grilli – un chilo circa di proteine di alta qualità – ogni cinque-otto settimane. Produrre la stessa quantità di carne di pollo richiederebbe il doppio del mangime, il quadruplo dello spazio e una quantità dieci volte superiore d’acqua. “È un modo di produrre proteine sostenibile dal punto di vista ambientale. Sono le proteine del futuro”, afferma la donna, che progetta di creare una grande rete di allevatrici di insetti commestibili. Ha già trasmesso le sue conoscenze a quindici donne della comunità, ognuna delle quali ha cominciato a formarne altre quattro, che potranno così nutrire le loro famiglie e avere un reddito. “Non lo faccio solo per me, per guadagnare. Lo faccio anche per gli altri, perché la malnutrizione non si combatte da soli”.
Un dipartimento universitario
È troppo presto per stabilire gli effetti nutrizionali ed economici degli insetti commestibili sulla comunità, perché le donne hanno appena cominciato ad allevarli e la produzione è ancora limitata. Molte però sono felici di aver imparato un nuovo modo per sfamare le famiglie. “È stata una fortuna”, afferma Judith, 65 anni, che deve prendersi cura di quattro nipoti in età scolare. “Avevamo perso tutte le nostre galline per colpa di un’epidemia. Oggi però abbiamo a disposizione una fonte di proteine animali e i bambini adorano i piatti con i grilli”.
Divasoni è convinta che il suo modello possa essere replicato nel resto del paese e dell’Africa. Ci sono già degli allevamenti di grilli in Kenya, racconta, e all’università di scienza e tecnologia Jaramogi Oginga Odinga nella città keniana di Bondo c’è un dipartimento, finanziato dalla Banca mondiale, dedicato alla produzione d’insetti e alla ricerca sul loro impiego nell’alimentazione umana e animale.
L’allevamento di insetti commestibili e le attività di formazione sono per Divasoni un completamento del suo ruolo di guida agricola, in cui dimostra alle donne e ai giovani come migliorare la produttività e la sostenibilità delle loro fattorie attraverso metodi di conservazione del suolo, di irrigazione, di fertilizzazione, di gestione dei parassiti e di agroforestazione sostenibili anche rispetto al clima.
“Lavoro con la mia comunità per mitigare gli effetti di cose che sono successe molte generazioni fa, e spesso in posti lontani da qui”, conclude Divasoni. “Grazie alle cose piccole ma efficaci che facciamo possiamo mitigare i danni del cambiamento climatico e rendere più resilienti le generazioni future”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati