Le crescenti tensioni geopolitiche sono evidenti a diverse latitudini, e le Figi non fanno eccezione. Per la Cina dai primi anni duemila l’arcipelago è stato un punto di accesso fondamentale al Pacifico. Poste al centro della regione e seconde tra le nazioni insulari per numero di abitanti dopo la Papua Nuova Guinea, le Figi sono uno snodo importante, ma anche vittime della loro posizione. Da anni, infatti, l’arcipelago fa i conti con le ricadute di un contesto geopolitico complesso e da alcune recenti inchieste giornalistiche è emerso quanto sia coinvolto in uno degli aspetti più sensibili dell’ascesa cinese: il traffico di sostanze illegali.

Il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati parlano ormai esplicitamente del fondamentale ruolo della Cina nella crisi legata all’uso del fentanyl. Il 16 aprile 2024 un rapporto del congresso statunitense ha accusato Pechino di “uno dei più orrendi disastri che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato”, che sta “uccidendo almeno duecento persone al giorno” e che è la principale causa di morte nella fascia d’età tra i 18 e i 45 anni. Secondo il rapporto le aziende cinesi producono quasi tutti i precursori del fentanyl (il 97 per cento) e l’80 per cento dei precursori delle metanfetamine indirizzate ai cartelli messicani, che poi inondano i mercati globali con la loro merce devastante. Il rapporto ha anche evidenziato quanto ricavi la Cina dal suo ruolo nella proliferazione globale delle droghe illegali. “Le azioni e le omissioni della Cina violano le leggi degli stati e hanno provocato profonde sofferenze”, e questo contribuisce a “rafforzare i suoi interessi strategici ed economici”. Il rapporto però non riconosce che una simile strategia – acquisire un vantaggio politico attraverso il traffico di sostanze illecite sostenuto dallo stato – è stata già usata in passato con enorme successo.

Nel settecento il commercio di oppio sostenuto dal Regno Unito fu uno strumento fondamentale per dare a Londra un vantaggio nei rapporti commerciali con Pechino e contribuì a indebolire la Cina dall’interno. Il traffico violava le leggi cinesi e causò profonde sofferenze alle persone: si stima che nel 1890 i cinesi dipendenti dall’oppio fossero il 10 per cento della popolazione (40 milioni di persone). Quando i funzionari cinesi intervennero contro questo commercio innescarono una serie di guerre con il Regno Unito che devastarono la Cina dando enormi vantaggi a molti paesi europei e agli Stati Uniti. Per la Cina quello fu l’inizio del “secolo dell’umiliazione”. Nel 1842 il Regno Unito ottenne Hong Kong come premio più importante per aver sconfitto la Cina, e dopo quella vittoria ha continuato a costruire un’epoca di dominio globale ancora oggi insuperata. A distanza di 180 anni è impossibile non cogliere gli echi di questa storia. Il presidente Xi Jinping è, per dirla con le parole di un rapporto, “fissato con l’idea di porre fine al secolo dell’umiliazione cinese”, se non addirittura di vendicarsene. Ancora una volta le droghe illegali giocano un ruolo di primo piano.

Danno collaterale

Che impatto ha tutto questo sulle isole del Pacifico, e sulle Figi in particolare? Un impatto sostanziale, per dirla in modo sintetico. Le isole del Pacifico sono da tempo usate dalle organizzazioni criminali transnazionali per spostare carichi illegali in Australia e Nuova Zelanda dall’Asia e dalle Americhe. Vista la loro posizione e il loro ruolo di snodo regionale, le Figi sono al centro delle attenzioni dei trafficanti di stupefacenti. E, contrariamente alla fama di “paradiso” turistico di cui godono in tutto il mondo, sono state devastate dal traffico di droga. Come ha scritto nel 2022 Gavin Butler, giornalista esperto del tema, le Figi “sono diventate un danno collaterale nel traffico globale di droga: l’immissione di metanfetamine nella società provoca un aumento di prostituzione, povertà e corruzione”.

Dall’inizio del 2024 l’arcipelago è stato teatro di due grandi blitz antidroga culminati nel sequestro di 4,8 tonnellate di metanfetamine e nella denuncia di 13 persone accusate di aver importato la droga “destinata a essere di nuovo esportata”. Le Figi sono coinvolte in altri episodi che evidenziano il ruolo diretto della Cina nella proliferazione del traffico illegale. Nel giugno del 2023 Qingzhou Wang e Yiyi Chen, due cittadini cinesi che erano stati espulsi dalle Figi, sono stati arrestati dalle autorità statunitensi alle Hawaii perché in possesso di due quintali di “sostanze chimiche usate per produrre il fentanyl”. Alla fine di marzo i mezzi d’informazione australiani parlavano di Zhao Fugang, un noto imprenditore cinese della città di Suva, nell’arcipelago, definendolo “un importante criminale internazionale” legato al traffico di droga. L’intelligence australiana nel 2023 aveva aggiunto Zhao al suo registro degli obiettivi prioritari, in quanto leader di un’associazione a delinquere colpevole di “traffico di esseri umani, riciclaggio di denaro e di aver immesso grandi quantità di droga in Australia”.

Impigliate nella rete

L’ambasciata cinese a Suva, riferendosi al ruolo dell’oppio nella sua storia, ha replicato che “se c’è un paese che disprezza la droga più di tutti gli altri, è la Cina”. L’ambasciata ha poi richiamato un altro elemento apparso sui mezzi d’informazione australiani: un video del 2017 in cui si vedono alcuni poliziotti cinesi arrivati alle Figi a bordo di un aereo per “esfiltrare” 77 concittadini incappucciati e fatti salire a forza sul velivolo, il tutto sotto gli occhi degli agenti figiani. Questo video ha riacceso l’attenzione sul rapporto di Pechino con l’ex primo ministro delle Figi Frank Bainimarama, durante il cui governo, tra il 2006 e il 2022, la Cina è penetrata in profondità nel paese. Sotto i riflettori è finito inoltre l’accordo del 2011 che ha concesso ai poliziotti cinesi i poteri straordinari esercitati in occasione dell’operazione del 2017. Il fatto che quell’accordo sia ancora in vigore e le rivelazioni sulle attività criminali internazionali stanno creando problemi alla leadership figiana.

È probabile che quanto accaduto finora alle Figi abbia ricadute considerevoli, che colpiranno parecchi nervi scoperti a livello nazionale e regionale. Con gli Stati Uniti e i loro alleati sempre più espliciti nell’addossare alla Cina le responsabilità del traffico di stupefacenti, anche le isole del Pacifico potrebbero finire impigliate nella rete. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati