Sono in bagno con una cartina al tornasole in mano. Sto per urinarci sopra e spero che non diventi rossa, il che indicherebbe acidità. Non è una scommessa: è un test per capire se la mia dieta mi sta lentamente uccidendo. L’urina acida è un chiaro segno che il mio carico acido alimentare è troppo alto, e quindi mi sto esponendo a una serie di malattie. Per fortuna c’è una cura semplice: cambiare dieta. Perciò se vedo rosso, mangerò un po’ di spinaci e riproverò il test.

Potrebbe sembrare una sciocchezza, e ricorda in modo preoccupante una moda ormai screditata chiamata dieta alcalina. Ma i nutrizionisti sono sempre più convinti che ignorando il carico acido alimentare ci stiamo lasciando sfuggire l’opportunità di un’alimentazione sana. “Maggiore è il carico acido, più alto è il rischio di sviluppare malattie croniche”, afferma Hana Kahleova del Physicians committee for responsible medicine, un centro di ricerca non profit statunitense. Per esempio: malattie renali, malattie epatiche, tumori, obesità, ipertensione e perfino ansia e depressione.

Sorprendentemente, quasi tutti noi sbagliamo, soprattutto se seguiamo una tipica dieta occidentale. Ma la buona notizia è che, a differenza dei danni causati dal consumo eccessivo di sale o di calorie, il problema può essere risolto facilmente, a patto di sapere quali alimenti e bevande rendono il corpo troppo acido. Inoltre, la ricerca sul carico acido sta facendo luce sul perché alcune diete favoriscono l’insorgere di malattie croniche.

L’idea secondo cui quello che mangiamo influenza l’equilibrio acido-alcalino del nostro organismo è nata negli anni sessanta, quando i medici scoprirono che, mentre l’urina umana di solito è acida, quella dei vegetariani tende a essere leggermente alcalina. In seguito fu dimostrato che questo era legato alla quantità di “ceneri acide” nella dieta. Un metodo ormai obsoleto, il test delle ceneri acide, prevede di bruciare gli alimenti e analizzare quello che ne rimane, un processo che dovrebbe imitare il metabolismo e indicare se i prodotti finali sono acidi o alcalini.

Le ceneri della fenice

Nel 1968 due medici dell’università di Harvard ipotizzarono che un eccesso di ceneri acide fosse la causa di due importanti malattie legate alla vecchiaia: l’osteoporosi, ovvero la perdita di massa ossea, e la sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare. La loro ipotesi era che, per tamponare l’effetto dell’eccesso di acidi, ossa e muscoli si degradano rilasciando composti alcalini come carbonati, fosfati e ammoniaca. Il risultato, secondo loro, era una riduzione della densità ossea e della massa muscolare. L’ipotesi delle ceneri acide è stata da tempo accantonata, soprattutto perché non esistono prove che una dieta acida aumenti il rischio di osteoporosi. Ma l’idea di base sopravvive nel concetto di carico acido alimentare, come una fenice che risorge dalle ceneri.

The Kaplans, Trunk archive

Misurare l’acidità è semplicissimo. Probabilmente ricorderete di aver usato la cartina al tornasole in laboratorio a scuola per valutare il pH di varie sostanze su una scala da 0 a 14, dove 7 indica la neutralità, qualsiasi valore inferiore è acido e qualsiasi valore superiore è alcalino (o basico). Come nel mio test delle urine, la cartina diventa rossa per indicare l’acido e blu per l’alcalino. Una versione più sofisticata di questo test rivela che il pH del sangue umano, e dei fluidi intracellulari che ne derivano, è tenuto sotto stretto controllo, idealmente in un intervallo compreso tra 7,35 e 7,45, quindi leggermente alcalino.

“Il nostro corpo ha bisogno di mantenere un pH costante”, afferma Kahleova. Se si esce dall’intervallo le cose precipitano rapidamente, soprattutto se si scende al di sotto del limite inferiore. Questo stato, chiamato acidosi metabolica acuta, si manifesta con tachicardia, confusione, affaticamento, nausea, vertigini, mal di testa e, in casi estremi, morte. È una brutta cosa, ma è piuttosto rara. Normalmente, il nostro corpo non ha difficoltà a mantenere in linea il pH. La maggior parte dei casi di acidosi acuta è causata da disturbi come malattie renali o epatiche, cancro o diabete, sebbene possa verificarsi in persone che seguono una dieta estremamente ricca di proteine, che fanno esercizio fisico fino allo sfinimento, che soffrono di diarrea acuta o che assumono dosi eccessive di lassativi.

Le due principali fonti di acidità nel flusso sanguigno sono la respirazione, che produce anidride carbonica (che diventa acido carbonico quando è disciolta in acqua), e la digestione e il metabolismo di cibi e bevande, che producono molti altri composti acidi. I polmoni gestiscono la prima e i reni la seconda. L’anidride carbonica non provoca acidosi, perché i polmoni la espellono facilmente. Tuttavia, a seconda della dieta, gli acidi derivanti dagli alimenti possono farlo: l’equilibrio complessivo risultante da cibi e bevande è definito carico acido alimentare (Dal).

Per mantenere il suo stato leggermente alcalino, il nostro corpo deve espellere la stessa quantità di acido che assume. Quando l’acido prevale, i reni filtrano l’eccesso e lo riversano nelle urine. Se è necessario fare di più, recuperano anche gli ioni bicarbonato alcalini dal filtrato e li reimmettono nel flusso sanguigno. Per la maggior parte delle persone, il più delle volte, questo sistema è perfettamente in grado di mantenere il corpo nella zona di sicurezza. Ma purtroppo evitare l’acidosi metabolica acuta non è sufficiente. Anche avvicinarsi al limite inferiore del pH (7,35) può causare problemi, spingendoci in uno stato chiamato acidosi metabolica di basso grado, che, pur non essendo pericolosa come l’acidosi acuta, è comunque un rischio per la salute.

The Kaplans, Trunk archive

Gli agrumi non c’entrano

A determinare se un alimento è acido non è il suo pH quando è nel piatto, ma quello dei suoi metaboliti, prodotti di degradazione finali di ciò che mangiamo e beviamo. Questo valore varia enormemente, da abbastanza acido ad abbastanza alcalino, e in modi a volte sorprendenti. Molti alimenti relativamente acidi, come gli agrumi, sono in realtà alcalini perché l’acido citrico che contengono viene metabolizzato in bicarbonato, che è alcalino. Come altri tipi di frutta e verdura, sono anche ricchi di proteine, che producono metaboliti alcalini, a differenza delle proteine animali. Queste sono ricche di amminoacidi solforati, come cisteina, omocisteina e metionina, più altri tre amminoacidi, ovvero lisina, arginina e istidina, che portano tutti a metaboliti acidi.

Anche la frutta secca e molti cereali contengono questi amminoacidi che generano acidità. In effetti, le proteine sono il principale determinante del Dal. Altre fonti importanti di acido sono gli ioni di cloruro presenti nel sale da cucina (cloruro di sodio) e l’acido fosforico, un additivo alimentare presente nelle bevande gassate e in molti alimenti trasformati, come carni, latticini e barrette di cereali.

A questo punto potrebbe scattare un campanello d’allarme. Le diete occidentali, tipiche dei paesi del Nordamerica e dell’Europa settentrionale, sono notoriamente ricche di prodotti animali, sale, cereali raffinati e alimenti ultraprocessati, e povere di frutta e verdura: la ricetta perfetta per un’acidosi metabolica di basso grado. In effetti, i ricercatori ritengono che tra le persone che seguono la dieta occidentale sia molto comune, se non onnipresente. “Siamo esposti cronicamente a un elevato carico acido alimentare”, afferma Ilias Attaye dell’Erasmus university medical center di Rotterdam, nei Paesi Bassi.

Ma per affrontare questo problema non basta abbandonare la dieta occidentale: ci sono molti altri fattori da considerare. Uno è che alcuni tipi di frutta e verdura fresca contengono composti che sono metabolizzati in acido ossalico, il che li spinge verso la colonna acida. Questo, secondo Gabriela Leal-Escobar dell’Istituto nazionale di cardiologia Ignacio Chávez di Città del Messico, rende alimenti come barbabietole, more, ciliegie, uva e lamponi molto meno alcalini di quanto si possa sperare. Molti alimenti trasformati a base vegetale, inoltre, includono additivi acidificanti come l’acido fosforico. “Bisogna fare molta attenzione agli additivi, assicurarsi che le verdure non abbiano nulla di aggiunto, perché questo può aumentare di molto il carico acido”, afferma Attaye.

Le due principali fonti di acidità nel flusso sanguigno sono la respirazione, che produce anidride carbonica, e il metabolismo

Un altro problema è che valutare il Dal è notoriamente difficile. Il pH delle urine è una misura troppo approssimativa per essere utile a livello clinico. Non c’è una misura standard per il Dal, ma c’è un metodo per calcolarlo con maggiore precisione. Il carico acido renale potenziale, o Pral, è stato introdotto all’inizio degli anni novanta per sostituire il test delle ceneri insolubili in acido. Si calcola con un’equazione che stima la quantità di acido o alcali prodotta quando cento grammi di un dato alimento o bevanda sono metabolizzati, misurata in un’unità chiamata milliequivalenti per litro (mEq/L). Il risultato è un numero che va da circa -15 a circa +35. A differenza della scala del pH, tuttavia, più negativo è il punteggio Pral, più alcalino è l’alimento. In questo caso, 0 è neutro.

Il Pral è calcolato in base al contenuto di soli cinque nutrienti: proteine totali, fosforo, calcio, magnesio e potassio. Proteine e fosforo fanno salire il punteggio, mentre calcio, magnesio e potassio lo fanno scendere. Le proteine sono il principale determinante del Dal, e anche se in realtà possono avere sia effetti acidificanti sia alcalinizzanti, questo è compensato dal fatto che i prodotti animali contengono più fosforo rispetto ai prodotti vegetali, che sono invece più ricchi di calcio, magnesio e potassio, afferma Kahleova. “Quindi, se si consumano più proteine animali, automaticamente il carico acido alimentare sarà maggiore”.

In generale, il carico di un alimento di origine animale è acido, mentre quello dei vegetali è alcalino. “Il carico acido della carne è compreso tra 8 e 10. Il formaggio è ancora più acido, intorno a 30; il parmigiano è il più alto, circa 34”, afferma Kahleova. “Il pane di segale è 4, leggermente acido. I legumi tendono ad avere un carico acido intorno a 0 o leggermente negativo, e la maggior parte della frutta e della verdura si colloca tra i negativi, come -4 o -5. I campioni sono le verdure a foglia verde, con -14. Quindi le verdure a foglia verde sono il modo migliore per rendere la dieta più alcalina”. Le bevande alcoliche, invece, sono praticamente neutre. Il vino ha un punteggio Pral di +0,03 per 100 ml, i superalcolici +0,11 e la birra -0,2.

Reni sovraccarichi

Il Pral può essere adattato in base all’altezza e al peso di una persona, ma non è una misura perfetta. Il suo punto debole principale è che non tiene conto del sale, quindi probabilmente sottostima il vero Dal. Tuttavia, si presume che gli ioni di cloruro prodotti dal sale vengano soprattutto dagli alimenti trasformati, molti dei quali hanno punteggi Pral che ne tengono conto. Inoltre, poiché le persone che seguono una dieta occidentale tendono a consumare all’incirca la stessa quantità di sale, questo ha un impatto praticamente universale e quindi può essere ignorato. Ciononostante, nella vita di tutti i giorni, il Pral può farci capire se la nostra dieta ha un risultato acido o alcalino, e in quale misura, e quindi offrirci indicazioni su come passare a un’alimentazione più sana.

Non dobbiamo calcolarci il Pral da soli. Esistono tabelle con i punteggi di centinaia di alimenti, quindi tutto ciò che dobbiamo fare è annotare cosa abbiamo mangiato e in che quantità, quindi sommare il nostro punteggio Pral giornaliero, espresso in unità di mEq/giorno. Se il risultato è inferiore a 60, stiamo quasi certamente bene. Anche un punteggio complessivamente negativo – improbabile, dato che la dieta occidentale è prevalentemente acida – non è preoccupante. Sebbene esista una versione alcalina dell’acidosi, chiamata alcalosi, secondo Kahleova non sono noti casi in cui sia causata da una dieta troppo alcalina. Ma se il punteggio è superiore a 60 mEq/giorno è un problema.

Ho fatto questo test per alcuni giorni. (non è stato facile, dato che le tabelle riportano solo ingredienti crudi) e ho scoperto che il mio valore Pral si aggirava costantemente intorno ai 70 mEq/giorno: è un valore basso rispetto a quello tipico di chi segue una dieta di tipo occidentale, ma io sono vegetariano, sebbene con una passione per i formaggi. In ogni caso il mio punteggio non è buono. Attaye osserva che i reni sani possono eliminare senza problemi tra i 40 e i 60 mEq di acido al giorno. Possono gestirne molti di più, ma a un certo costo. “Troveranno sempre un modo per mantenere il pH al suo livello ideale. Ma questo comporta un enorme sforzo”, afferma Kahleova. I reni sovraccarichi lavorano per portare il pH oltre la soglia minima, ma non molto più in là. Il risultato è un’acidosi metabolica di basso grado con i relativi problemi di salute.

Il primo organo a risentirne sono i reni stessi. Un superlavoro continuo li logora gradualmente, portando a una lieve insufficienza renale cronica. Questo innesca un circolo vizioso, afferma Attaye. I reni malati sono meno efficienti nell’eliminare l’acido in eccesso, quindi devono lavorare sempre di più per mantenere un pH sano. Alla fine, non riescono a tenere il passo e un’acidosi metabolica di basso grado può trasformarsi in un’acidosi conclamata. Alle persone con malattie renali viene spesso consigliato di seguire una dieta a basso Pral. Ma probabilmente è meglio intervenire prima che i problemi si manifestino. “Più alleggeriamo il lavoro dei reni, meglio è per noi”, afferma Kahleova.

Sempre infiammati

Il legame tra un Dal alto e le malattie renali è ormai ampiamente dimostrato. Ma tra i nutrizionisti si sta diffondendo il sospetto che l’acido corroda il nostro corpo anche in altri modi. L’acidosi metabolica di basso grado è stata collegata a varie patologie croniche, tra cui diabete, obesità, malattie epatiche e cardiovascolari, ipertensione, cancro, ansia e depressione. Per ora si tratta solo di associazioni basate su studi limitati. Sono necessarie ricerche più ampie prima che il Dal possa essere integrato nelle linee guida dietetiche, afferma Attaye. Ma è solo questione di tempo. Lui stesso ha appena ricevuto finanziamenti per uno studio clinico che mira a valutare come le diete a basso e alto contenuto di acidità influenzano la salute metabolica delle persone affette da diabete.

Anche il legame con l’obesità è piuttosto chiaro. Kahleova ha completato uno studio in cui due gruppi di adulti sovrappeso hanno seguito una dieta mediterranea o una dieta vegana a basso contenuto di grassi per 16 settimane, per poi passare dall’una all’altra. I partecipanti potevano mangiare quanto volevano, purché non mangiassero cibi sbagliati. La dieta mediterranea ha avuto un effetto trascurabile sul peso, ma quando i soggetti hanno seguito la dieta vegana, hanno perso in media sei chili di grasso corporeo. Ciò è dovuto principalmente al fatto che hanno assunto meno calorie, che però rappresentano solo circa i tre quarti della perdita di peso. Kahleova ritiene che il Dal sia responsabile del resto. Ha misurato l’acidità delle diete usando il Pral e ha scoperto che, sebbene entrambe fossero alcaline, quella vegana lo era molto di più: il suo punteggio era di circa -19,3 mEq/giorno, rispetto a -1,6 mEq/giorno della dieta mediterranea. “L’ambiente alcalino consente ai processi metabolici di funzionare in modo più efficiente”, afferma. “La dieta vegana aumenta il metabolismo, quindi dopo i pasti il corpo brucia più calori”.

Spinaci contro parmigiano
Punteggio del carico acido renale potenziale (Pral) di alcuni alimenti. Se è maggiore di 0, gli alimenti hanno un effetto acidificante (Remer e Manz 1995)

Per stabilire un collegamento tra un Dal elevato e altri disturbi servono ulteriori studi. Ciononostante, Attaye vede un meccanismo plausibile. “La mia idea è che una dieta eccessivamente acida contribuisca a un’infiammazione di basso grado”, afferma. Il sovraccarico renale induce il rilascio del cortisolo, l’ormone dello stress, che provoca infiammazione. E l’infiammazione cronica è un noto fattore di rischio per molte patologie.

Considerate le conseguenze note e presunte di una dieta ricca di acidi, forse non sorprende che aumenti anche il rischio di morte prematura. All’inizio del 2025 un team guidato da Mohammad Reza Pashaei dell’università di scienze mediche di Urmia, in Iran, ha pubblicato una revisione della letteratura sul Dal. I ricercatori hanno scoperto che per ogni 10 mEq/giorno in più il rischio di morte per qualsiasi causa aumenta del 3 per cento.

Vantaggi per tutti

Tutto ciò suggerisce un tipo di alimentazione sana che sia Attaye sia Kahleova ritengono diventerà influente e diffuso quanto la dieta mediterranea: la dieta a basso contenuto di acidità. Per essere chiari, non è la stessa cosa della dieta alcalina, che si basa sul presupposto non scientifico secondo cui un eccesso di acidità causa il cancro mentre una dieta alcalina può prevenirlo e curarlo. Questa ipotesi è stata ripetutamente smentita. Nel 2018 la British dietetic association l’ha definita “priva di senso”.

Una dieta a basso contenuto di acidità scientificamente valida non sarebbe molto diversa dalle attuali linee guida per un’alimentazione sana. “Il Dal conferma il concetto più generale di mangiare meno proteine animali, meno alimenti trasformati e più verdure a foglia verde”, afferma Attaye. “Ma non è esattamente la stessa cosa, perché anche alcune verdure e cereali hanno un elevato carico acido”.

Sappiamo da tempo che ciò che mangiamo può contribuire alle malattie croniche. Una migliore comprensione del Dal sta portando nuove intuizioni su come questi due aspetti sono correlati. “Stiamo andando verso una visione più olistica dell’alimentazione. Credo che il Dal sia uno dei modi per arrivarci”, dice Attaye.

C’è un vantaggio immediato che possiamo trarre tutti. Il danno che ci procuriamo consumando troppi cibi e bevande acidificanti può essere invertito scegliendo alternative alcaline. Posso confermarlo io stesso. La prima volta il mio esame delle urine è risultato rosso, ma dopo aver mangiato un sacchetto di spinaci ho riprovato, e questa volta la cartina al tornasole è diventata blu. “È qualcosa che possiamo cambiare con le nostre scelte alimentari”, dice Kahleova. “È un modo di intervenire semplice, alla portata di tutti”. ◆ bt

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1640 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati