Oggi che l’intelligenza artificiale (e le sue allucinazioni, la capacità di inventare contenuti completamente falsi) fanno apparire i motori di ricerca tradizionali come strumenti affidabili e neutri, può essere utile ricordare che Google e i suoi simili neutri non lo sono affatto. In questo libro uscito negli Stati Uniti nel 2018 e ora opportunamente tradotto in italiano con nuove prefazioni dal gruppo Ippolita, la sociologa e attivista statunitense Safiya Noble spiega che i motori di ricerca (nati e sviluppati per creare profitti) sono strutturalmente orientati e parziali e che in questa parzialità veicolano spesso pregiudizi razzisti e di genere. In parte la cosa si deve alla pornografia e alle avanzate tecnologie pubblicitarie a cui fa ricorso, ma non solo. Noble dimostra come internet sia stata costruita soprattutto da uomini bianchi (o asiatici), non abituati a mettere in discussione i propri preconcetti, abbia contribuito a renderla un mezzo per riprodurli e diffonderli, ampliando le forme di esclusione di soggetti già marginali, come le donne nere. Il libro non si limita alla denuncia del problema, ma propone soluzioni pratiche come il “diritto all’oblio informatico” o la modifica delle categorie di classificazione. È raro che l’immagine di copertina esprima in modo così chiaro ed efficace il contenuto di un saggio. Andate a cercarla e capirete perché. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1617 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati