Tuvalu, striscia di terra di 26 chilometri quadrati nell’Oceania polinesiana, “sta scomparendo a causa del riscaldamento globale”, scrive Antonio Politano nella prefazione. “Gli abitanti se ne stanno andando. Quasi metà della popolazione si è iscritta a una lotteria per stabilire chi potrà partire”. Se il personaggio di Pratt era pirata apparente e umanista non dichiarato, magari anarcoide, per il quale il vero tesoro da scoprire era l’essere umano nella sua grande diversità (soprattutto se povero), quello di oggi è un pirata apparente che finisce per esser sempre al soldo degli attivisti, qui più che mai. La coppia francese, con il Corto trasposto nel reportage avventuroso contemporaneo, riesce ora a essere quasi sempre fedele alle caratteristiche del personaggio, aggiornandolo ai tempi e, insieme a un découpage di grande maestria per la sua scorrevolezza, all’efficacia delle tante scene d’azione, a vari personaggi femminili molto ben delineati, ci trascinano nella disperazione degli ultimi, tra i dimenticati di un riscaldamento globale che prima o poi travolgerà tutti per ignavia. E pongono una domanda sull’attivismo. Fino a dove può spingersi, con quali limiti? Quasi nessuno, è la provocazione degli autori. Attivismo che in parte riesce, in parte no, nel suo intento. Ma è meglio l’illusione, l’utopia, che niente. Totalmente l’etica di Corto Maltese.
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Questo articolo è uscito sul numero 1637 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati