Leviatano ricostruisce il viaggio meditativo che lo scrittore britannico Philip Hoare intraprese alla ricerca dei giganti dei nostri oceani, con in tasca una copia di Moby Dick. Quando si trovò faccia a faccia con una balena al largo del Massachusetts, la prima reazione di Hoare fu di gridare: “Cazzo!”. Poi cominciò a seguirle: da un acquario di Coney Island alle sale del museo di storia naturale di Londra, fino a nuotare nelle acque più profonde dell’Atlantico. La reazione iniziale di Hoare nel vedere una balena non cambia molto più avanti nel libro, quando si tuffa per nuotare con un capodoglio e se la fa addosso dalla paura. Eppure queste pagine contengono una quantità enorme d’informazioni: dalla dimensione del cervello del capodoglio (più grande del nostro) a quella dei testicoli della balena franca (molto, molto più grandi dei nostri), fino ai mille modi in cui abbiamo utilizzato la carne dei cetacei. Ma Leviatano è soprattutto una preghiera per la sopravvivenza di queste creature. Le balene sono eroiche nel prendersi cura del branco ed è proprio la tattica usata dai capodogli per difendersi dalle orche – creare un cerchio protettivo attorno ai piccoli – che permise ai balenieri di ucciderne a decine. W.G. Sebald aveva lodato uno dei precedenti libri di Hoare e capisco perché i due scrittori potrebbero ammirarsi a vicenda. Entrambi guardano il mondo con occhi tristi e sapienti.
Ruaridh Nicoll, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati