L’epoca è vent’anni nel futuro, e l’ambientazione sono gli Stati nordamericani totalitari, o Nas. Le persone vivono nella paura, e sono tutt’altro che libere di parlare. La punizione per chi esprime la propria opinione può essere la “cancellazione”. Adriane, 17 anni, è arrestata per il suo discorso di commiato dalla scuola: fare domande è considerato tradimento. La sua punizione è di essere “teletrasportata” indietro nel tempo. Si lascia tutto alle spalle: genitori, amici, il suo nome. Ora è Mary Ellen. Oates evoca abilmente gli anni cinquanta come un’epoca sospetta. Quando Mary Ellen vede una macchina da scrivere per la prima volta, sviene. Ma non è la macchina antiquata a sconvolgerla, è la data su una pagina dattiloscritta: 23 settembre 1959. Il lettore apprezzerà o meno questo romanzo a seconda di quanto ama il genere distopico. _Pericoli di un viaggio nel tempo _sembra essere stato scritto in fretta, come se l’autrice avesse agito sotto l’imperativo immaginario di non dire troppo. Oates racconta in modo convincente la pervasiva miseria di vivere nella paura, e della solitudine che genera. In modo più incoraggiante, mostra che il senso morale superiore è testardo: rimanere curiosi e mettersi in pericolo involontariamente è il forte di Mary Ellen. Ma l’idea principale del romanzo è che il tempo stesso è politico: “L’America è fondata sull’amnesia e la negazione”, scrive Oates. Il finale è spiazzante, allarmante, compromettente. Kate Kellaway, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1395 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati