Il romanzo in forma di monologo ha una tradizione illustre, ma la forma insolitamente impegnativa che ha scelto Katharina Volckmer per il suo esordio è forse più strettamente associata allo scrittore austriaco Thomas Bernhard, le cui opere ermetiche e cariche di invettive ipnotizzano e soffocano in egual misura. Non bisogna stupirsi, quindi, se tutte le recensioni di Un ca**o ebreo fanno paragoni con Bernhard, considerate anche le origini tedesche dell’autrice. Allo stesso tempo, il libro rappresenta una lotta per liberarsi dalle proprie radici nazionali contaminate, perché la protagonista, come Volckmer, è una tedesca che vive a Londra e ha scritto un romanzo in inglese. Dopo poche pagine, la narratrice descrive la testa del dottor Seligman tra le sue gambe. Le cose si chiariscono abbastanza presto: è al suo ginecologo ebreo che è rivolto il monologo. Nel corso di poco più di centocinquanta pagine, il flusso di discorsi della donna vaga da una disquisizione sul pane secco tedesco e i suoi effetti deleteri sul sesso orale alle speculazioni sui sentimenti d’inadeguatezza repressi di Adolf Hitler. Ci sono momenti in cui il dottor Seligman sembra intervenire, ma le sue parole non sono mai riprodotte sulla pagina, leggiamo solo le risposte della protagonista alle sue domande occasionali. L’elegante costruzione di Volckmer non attira mai l’attenzione sul suo uso abile dei meccanismi letterari; le descrizioni fisiche del dottor Seligman e del suo studio e le informazioni sugli altri personaggi si accumulano in modo naturale, senza dare un’impressione di artificio. Allo stesso modo, le frasi semplici di Volckmer raramente impressionano ma neppure distraggono, e l’allegra provocazione che si coglie non è mai al servizio del nichilismo disinvolto o dell’amoralità. A ben vedere questo è un libro profondamente morale, che sotto i sarcasmi al vetriolo e i discorsi sessuali molto espliciti si occupa del trauma storico dell’Europa contemporanea, dell’oppressione dei ruoli di genere e della responsabilità personale nei confronti del passato. Seth Katz,Slant Magazine

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Questo articolo è uscito sul numero 1392 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati