Tra il 1941 e il 1945 i partigiani jugoslavi, guidati dal leader del Partito comunista jugoslavo Josip Broz Tito, diedero vita a un grande movimento di resistenza contro l’occupazione nazista e fascista. “Durante la seconda guerra mondiale la produzione culturale era al centro dell’attività rivoluzionaria dei partigiani che volevano promuovere l’attivismo politico e ottenere l’emancipazione del popolo jugoslavo”, spiega Davor Konjikušić.

Nel 2019 il giornalista croato ha curato il libro _Crveno svjetlo – jugoslavenska partizanska fotografija i društveni pokret 1941-1945 _(Luce rossa – Fotografia partigiana jugoslava e movimento sociale 1941-1945), in cui ha raccolto cinquecento immagini, per lo più inedite, che ritraggono la vita quotidiana dei partigiani, le azioni sul campo e le attività che organizzavano.

Nella pagina accanto: partigiana a Supetar, Croazia, 1943. (miceli Ćoći)

Alcune sono state scattate da fotografi professionisti, altre da amatori istruiti a usare la macchina fotografica. Secondo Konjikušić, la maggior parte sono anonime perché i fotografi hanno seguito ­un’idea comune, realizzando un lavoro collettivo.

Attori del Teatro di liberazione nazionale della Jugoslavia durante le prove di uno spettacolo in occasione della seconda sessione del Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia a Jajce, in Bosnia Erzegovina, 1943. Da sinistra: la cantante, ballerina e coreografa Anika Radosevic, il fotografo e ballerino Žorž Skrigin e l’attrice Nada Borozan. Skrigin aveva lasciato Zagabria il 22 aprile 1942 insieme a un gruppo di operatori culturali del Teatro nazionale croato, con i quali fondò il Teatro di liberazione nazionale della Jugoslavia, la prima istituzione culturale partigiana. Skrigin era un importante ballerino di danza classica e un fotografo dell’associazione fotografica Fotokluba Zagreb. (Žorž Skrigin)

“Anche se sappiamo che la fotografia partigiana aveva un ruolo sociale e politico, l’obiettivo del libro è sottolineare il valore artistico di questi scatti”, dice Konjikušić. “Sono immagini che si situano al confine tra arte, propaganda e documentazione. Raccontano la storia di un movimento che è riuscito a creare una rappresentazione di sé e delle proprie battaglie. E ancora oggi possono farci riflettere sul ruolo che la fotografia può avere in una società”. ◆

soldati dell’esercito jugoslavo a Zagabria, 8 maggio 1945 (museo della jugoslavia)
raduno giovanile a Skopje, nel 1944 (autore sconosciuto)
un rifugiato dalla Bosnia orientale. Boško Buha, giovane eroe della resistenza jugoslava. (Autore sconosciuto, Museo di Storia della Bosnia Erzegovina)
delegazione giovanile della seconda divisione proletaria per il primo congresso della Gioventù antifascista jugoslava sulla strada tra Livno e Glamoč, il 22 dicembre 1942 (Museo della Jugoslavia)
donna con arance, Ciovo, 1942. (Zivko Gattin, Per gentile concessione di Ingrid Gattin Pogutz)
Da sapere
Il libro

Davor Konjikušić è un giornalista e fotografo croato. Si occupa di identità, migrazioni, e del ruolo della fotografia nelle relazioni politiche. Il volume _Crveno svjetlo – jugoslavenska partizanska fotografija i društveni pokret 1941-1945 _è stato pubblicato dalla Rosa-Luxemburg-Stiftung in collaborazione con l’associazione Kolektor – Center for visual arts nel 2019.
Il libro attualmente è disponibile solo in lingua croata.


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Questo articolo è uscito sul numero 1374 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati