Rhea Seehorn si prende un minuto per pensarci su. È stata sottovalutata? L’attrice, 53 anni, inclina la testa e manda giù un boccone di uova strapazzate. “Non credo di averlo pensato”, mi risponde in una mattina autunnale e piovosa all’interno del Crosby Bar, nel quartiere newyorchese di Soho.
Vent’anni fa Seehron ha fatto rotta verso Hollywood per recitare come protagonista in I’m with her, una sitcom del canale statunitense Abc che si è conclusa dopo un’unica stagione. In seguito ha accettato molte parti minori, ha girato un’infinità di episodi pilota e ha fatto ridere il pubblico nelle due stagioni della commedia della Nbc Whitney. I ruoli più consistenti, però, le erano sempre sfuggiti, almeno fino a quando i creatori di Better call Saul, Vince Gilligan e Peter Gould, l’hanno scelta per interpretare Kim Wexler, avvocata tutt’altro che moralista che segue il truffatore Jimmy McGill ( interpretato da Bob Odenkirk) nei meandri della malavita di Albuquerque, in New Mexico.
Holly Twyford, veterana della scena teatrale di Washington, ha recitato accanto a Seehorn in diverse produzioni negli anni novanta e duemila. A suo parere solo con l’esordio in Better call Saul nel 2015 Hollywood ha finalmente liberato il talento multiforme di Seehorn. “Io l’avevo già notato, come d’altronde molti di noi che sono ancora qui a Washington”, racconta Twyford. “Ma adesso tutti si sono accorti di cosa è capace di fare Rhea”. Anche gli sceneggiatori che avevano deciso di puntare su Seehorn sono rimasti stupiti. “Quando l’abbiamo scritturata non sapevo quanto fosse vasta la gamma delle sue abilità”, racconta Gilligan.
Nel 2022, al termine di sei stagioni incensate dalla critica, Better call Saul non era più incentrata esclusivamente sul personaggio di Jimmy McGill, ma girava intorno alla coppia Jimmy-Kim. Lo spinoff di Breaking bad ha regalato a Seehron due nomination agli Emmy, i principali premi televisivi statunitensi, per la sua interpretazione di Wexler, l’avvocata cinica piena di traumi irrisolti e sensi di colpa diventata uno dei personaggi televisivi più complessi degli ultimi anni. “La scritturavano solo per le commedie. Non c’è niente di male in questo, ma le sue capacità erano enormemente superiori. Era un po’ bloccata in quei ruoli”, sottolinea l’attore Bob Odenkirk. “A volte Hollywood non capisce un cazzo. Nel suo caso mi sembra assurdo che non si accorgessero di quanto è brava”.
Il 7 novembre la nuova serie di Vince Gilligan, Pluribus, ha esordito su Apple Tv. Per Seehorn è il primo ruolo da protagonista.
Il suo personaggio, Carol Sturka, è una scorbutica autrice di romanzi rosa che risulta immune a un’epidemia globale. La natura di questa nuova malattia? Rende tutti felici. Di ampio respiro ma con una visione estremamente nitida e ricca di dettagli, Pluribus sembra pensato appositamente per esaltare il particolare talento di Seehorn. Anche se Carol non ha il rigido autocontrollo dell’avvocata Kim – al contrario, è schietta e aspra, e tende a finire nei guai per le sue parole – c’è una certa sovrapposizione tra i due personaggi. Entrambe hanno traumi repressi, sono intense e indipendenti.
“Non voglio sembrare una persona che pensa di essere migliore degli altri”
Perseveranza
Che interpreti Carol o Kim, scene di fantascienza o di crudo realismo, che sia arrabbiata o triste, Seehorn riempie lo schermo con una qualità affinata da decenni di perseveranza. “Rhea dice che quando era più giovane la gente non la considerava una protagonista”, osserva Karolina Wydra, che affianca Seehorn in Pluribus. “Mi sembra assurdo, perché guardando quello che fa oggi ti viene da dire: ‘È una protagonista nata’”.
Nel corso della nostra colazione di inizio ottobre, mentre era in visita a Manhattan dal Texas dove stava girando il thriller Eleven days, Seehorn è stata calorosa, spontanea e decisamente modesta. “Se esiste il modo di diventare la perdente in tutto questo, lo troverò sicuramente”, spiega. Poi ridacchia e si schernisce. “Non so cosa sto dicendo, fossi in te non lo scriverei”.
Nata a Norfolk, in Virginia, Seehorn ha vissuto con i genitori e una sorella minore in Giappone e in Arizona, per poi trascorrere gran parte della giovinezza a Virginia Beach. La carriera del padre nel controspionaggio ha costretto la famiglia a viaggiare per il mondo. Quando studiava alla George Mason university di Fairfax County, ha scelto la recitazione come materia opzionale, scoprendo la scena teatrale regionale e rimanendo incantata dal palcoscenico.
Nell’anno in cui si è laureata, lavorava già come maschera per il Woolly Mammoth theatre di Washington, leggeva le sceneggiature durante le prove dei nuovi spettacoli e chiedeva consigli ai suoi idoli. “C’erano tantissimi attori incredibili che recitavano lì e io pensavo a come avrei potuto guadagnarmi da vivere con quel lavoro”, racconta Seehorn. “A volte andavo da attrici come Holly Twyford e dicevo: ‘Ho 40 dollari. Mi daresti istruzioni per una scena?’. Lei accettava. Anche Nancy Robinette ha accettato. Sono state queste persone fantastiche a insegnarmi il mestiere”.
Twyford ricorda una ragazza tenace, che prima di cominciare a recitare da protagonista riusciva a trasformare parti irrilevanti in scene madri. “Il suo talento era chiaro fin dall’inizio”, spiega.
Debutto a Broadway
In poco tempo Seehorn si è affermata nell’ambente artistico di Washington, recitando regolarmente al Woolly Mammoth e in altri teatri. Nonostante abbia fatto diversi lavoretti (per anni è stata la commessa nel negozio di dischi Kemp Mill Music), è riuscita a mantenersi soprattutto grazie all’assicurazione sulla vita del padre, morto a soli 52 anni per disturbi da alcolismo. “Il motivo per cui ho avuto quei soldi è molto triste, ma resta il fatto che con quella cifra sono riuscita a pagarmi l’università”, racconta.
Dopo aver vissuto a Washington per una decina d’anni, Seehorn si è trasferita a New York e nel 2001 ha debuttato a Broadway portando in scena il dramma 45 seconds from Broadway di Neil Simon. Poco dopo ha ottenuto la parte in I’m with her e ha fatto rotta verso Los Angeles.
Da quel momento la sua carriera televisiva è stata abbastanza stabile: ha interpretato una donna nubile nella commedia The singles table (mai andata in onda), un’assistente procuratrice distrettuale in , una beffarda donna divorziata in Whitney. Tuttavia, ogni volta che Seehorn cercava di ottenere parti più impegnative, la sua reputazione di attrice comica diventava un ostacolo.
“L’industria del cinema tende a intrappolare sempre nello stesso ruolo chi fa commedia e chi recita nelle sit-com, specialmente quelle multi camera (cioè quelle in cui più telecamere fisse riprendono simultaneamente la stessa scena, come in Friends e Big bang theory)”, spiega Seehorn. “Una volta mi sono presentata per una parte drammatica e mi hanno fatto i complimenti, ma poi hanno aggiunto di essere ‘molto preoccupati’ dal fatto che fossi un’attrice comica. Ho risposto: ‘Ho appena recitato per voi la scena in modo drammatico. Pensate forse che un giorno potrei presentarmi sul set con scarpe rosse e un naso da clown?’”.
Quando Gilligan e Gould l’hanno ingaggiata per Better call Saul, il personaggio di Kim aveva solo una battuta nell’episodio pilota e non era chiaro come si sarebbe evoluto. “Forse Jimmy s’innamorerà di lei”, ricorda di aver pensato Gillian. “Oppure no. In ogni caso se Kim non funziona troveremo a Jimmy una nuova ragazza”.
◆ 1972 Nasce a Norfolk, negli Stati Uniti.
◆ 2009 Recita da protagonista nell’episodio pilota della serie Eva Adams, che non andrà mai in onda.
◆ 2014 Entra nel cast di Better call Saul.
◆ 2025 Esce la serie Pluribus, nella quale interpreta la protagonista, Carol Sturka.
Alla fine la versatilità di Seehron e la sua empatia hanno reso sorprendentemente duraturo il personaggio di Kim. Odenkirk apprezza l’etica del lavoro dell’attrice – i suoi copioni erano sempre pieni di appunti – e ci tiene a precisare che “è una delle persone migliori che conosco”. “Si è resa indispensabile senza nemmeno provarci. Lo è diventata semplicemente perché è una grande attrice e una splendida persona”, sottolinea Gilligan.
Dopo aver pronunciato la sua ultima battuta in Better call Saul, Seehorn era curiosa di scoprire cosa stessero preparando Gould e Gilligan. Così ha trovato un momento per chiacchierare con loro durante la post-produzione dell’ultimo episodio della serie, chiedendogli quali fossero i loro piani. “Gould ha detto ‘Di sicuro spero di lavorare ancora con te, ma credo che Vince voglia dire qualcosa’”, ricorda Seehorn. “Poi è intervenuto Vince: ‘Ho scritto qualcosa per te, se sei interessata’. Quel ‘se sei interessata’ mi ha fatto davvero ridere. Poi sono scoppiata a piangere”.
Gilligan racconta che l’idea alla base di Pluribus gli è venuta circa dieci anni fa, quando ha immaginato un uomo che all’improvviso scopre che tutta l’umanità gli riversa addosso un’adorazione incondizionata. Ma quando ha pianificato la serie e ha scritto l’episodio pilota, era ormai talmente entusiasta di Seehorn da aver cucito il ruolo della protagonista appositamente per l’attrice. “È stata una mossa a sorpresa”, ammette Gilligan. “Credo che nessuno se lo aspettasse, nemmeno lei. Ma ho pensato che era il momento che recitasse da protagonista assoluta”. Spiegare davvero Pluribus significherebbe togliere al viaggio mentale di Gilligan la sua potenza enigmatica. (“Perfino la mia famiglia ne sa pochissimo”, ammette Seehorn, che ha un partner da molto tempo e due figli dal suo matrimonio precedente. “Ho nove pagine di cose di cui non posso parlare”). Quello che possiamo rivelare è che questa serie distopica solleva interrogativi multiformi sulla felicità, l’autonomia e la condizione umana.
Al centro di questo spinoso esercizio mentale c’è la disillusa Carol, la protagonista immune al virus che infetta la mente della popolazione mondiale, da Albuquerque all’Italia. Per Seehorn ha significato affrontare un personaggio isolato dagli altri, le cui emozioni emergono improvvisamente in superficie.
Un esempio: in una scena che vediamo all’inizio del secondo episodio, Seehorn esprime quasi nello stesso momento confusione, rabbia e dolore. “Mi piace che Carol sia furiosa senza rimorsi. È un sentimento che nella mia vita reale sopprimo costantemente”, spiega Seehorn. “Quando Carol è esposta a tutto ed è in preda ai suoi nervi non ha quasi nessuna capacità di ricomporsi e seguire il flusso”.
Le occasioni
Negli ultimi anni Seehorn ha colto occasioni che vanno oltre l’universo di Gilligan, compreso un ruolo al fianco di Will Smith e Martin Lawrence in Bad boys: ride or die (2024) e una parte candidata agli Emmy nella serie Cooper’s bar. Significa che finalmente Hollywood sta riconoscendo il suo valore? “Non voglio che l’attenzione cada su questo aspetto, sull’idea che mi sento sottovalutata”, insiste Seehorn con una risata imbarazzata. “Come se pensassi di essere una persona fantastica”.
Dopo più di un’ora di conversazione, Seehorn sembra ancora allergica all’ipotesi di aver ricevuto meno occasioni e riconoscimenti di quanto meritasse. A un certo punto, facendosi beffe della cosa, sfoggia un tono narcisistico e fa una battuta come quelle che si sentono alle premiazioni degli Emmy: “Diciamo che finalmente la gente può valutarmi nel modo più corretto”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1645 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati