Più di cinquanta università, duemila arresti e almeno una cerimonia di laurea cancellata. Negli Stati Uniti la guerra tra Israele e Hamas ha dato vita alla più importante rivolta studentesca dagli anni settanta. Nelle ultime due settimane le proteste nei campus si sono estese rapidamente. Dopo che i manifestanti filopalestinesi hanno creato accampamenti negli spazi pubblici degli atenei, si sono scontrati con i sostenitori di Israele e hanno subìto la risposta violenta della polizia in più di trenta università.

Mentre crescono le tensioni, è difficile capire cosa stia veramente succedendo nelle università. Per fare chiarezza Politico ha contattato gli studenti di giornalismo che da mesi seguono gli eventi sul campo. Osservatori neutrali in grado di interagire con tutti gli schieramenti, questi ragazzi ci portano nel vivo delle proteste. I direttori e le direttrici dei giornali universitari di 13 atenei parlano della crescita del movimento a sostegno del popolo palestinese, della posizione degli studenti sull’antisemitismo e delle possibili conseguenze politiche delle proteste. Frequentano università molto diverse tra loro e sparse per il paese, ma collettivamente dipingono un quadro generale della lotta degli studenti che chiedono di essere ascoltati dagli amministratori delle università e dai leader politici a livello nazionale.

Come si sono svolte le proteste? Ci sono stati conflitti con l’amministrazione, con i contromanifestanti o la polizia?

Arianna Smith, Ohio state university. Le proteste consistono soprattutto in slogan, preghiere e canti. Ci sono stati contrasti con gli studenti che sostengono Israele. L’unico episodio conflittuale a cui ho assistito in prima persona si è verificato quando è intervenuta la polizia. Gli agenti hanno urlato contro i manifestanti e hanno subito cominciato ad arrestarli.

Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. La polizia di New York è arrivata nel campus per sgomberare l’accampamento. Alcuni studenti arrestati mi hanno parlato di un uso eccessivo della forza da parte degli agenti. Ho sentito dire che qualche manifestante è stato afferrato e gettato a terra. Fuori dell’accampamento, su una strada pubblica non transennata, alcune persone sono state prelevate e arrestate. Il motivo non era chiaro. Mi sono avvicinato il più possibile all’accampamento con l’autorizzazione della polizia. Tra le tende ho visto studenti malmenati dagli agenti. Su Instagram i manifestanti hanno sostenuto che gli agenti hanno rotto i denti a due ragazzi. Alcuni di quelli arrestati hanno raccontato che le manette e le fascette di plastica erano così strette che le loro mani sono diventate viola.

Emmy Martin, university of North Carolina a Chapel Hill. Il 30 aprile, alle sei del mattino, l’accampamento è stato sgomberato dalla polizia su richiesta degli amministratori dell’ateneo. Poche ore dopo ci sono stati altri episodi di tensione quando i manifestanti hanno ammainato la bandiera statunitense nel campus e l’hanno sostituita con quella palestinese. Circa cinquanta persone si sono presentate con bandiere israeliane. Sembravano appartenere a una confraternita e volevano sostenere il rettore ad interim dell’università, Lee Roberts, entrato nel campus insieme a diversi agenti di polizia per rimettere la bandiera americana sull’asta. Ci sono stati scontri tra la polizia e i sostenitori del popolo palestinese. Gli agenti hanno usato spray al peperoncino e ci sono stati diversi spintoni, mentre i contromanifestanti chiedevano che la bandiera degli Stati Uniti tornasse al suo posto.

Isabelle Friedman, university of California, Los Angeles. Nel campus ho visto gravi episodi di violenza. I contromanifestanti hanno cercato di prendere il controllo dell’accampamento nella piazza principale. Ci sono stati diversi feriti, tra cui uno dei nostri reporter. Le lezioni in programma il 1 maggio sono state cancellate. In precedenza il rettore era stato chiamato a testimoniare davanti a una commissione parlamentare per riferire sull’antisemitismo e sulla gestione delle proteste da parte dell’università.

Studenti di giornalismo della Columbia nella redazione della radio Wkcr. New York, 26 aprile 2024 (Bing Guan, The New York Times/Contrasto)

Ci sono stati episodi di antisemitismo durante le proteste e negli scontri con i sostenitori di Israele?

Sophia Peyser e Madi Olivier, Emory uni­versity, Georgia. Parlando con l’Emory Wheel, il giornale dell’università, alcuni studenti hanno detto di aver assistito a episodi di antisemitismo, riferendosi a slogan come “C’è solo una soluzione, intifada e rivoluzione” e “Via tutti i sionisti”.

Jacob Wendler, Northwestern uni­versity, Illinois. Ogni studente ha la sua interpretazione di cosa possa essere considerato antisemita o islamofobo. Personalmente penso che le proteste si siano concentrate soprattutto sul comportamento di Israele. Alcuni manifesti pubblicati sui social network hanno fatto pensare che nell’accampamento circolassero immagini antisemite (uno mostrava il presidente dell’università, che è ebreo, con le corna da diavolo, mentre in un altro c’era la stella di David sbarrata). Gli organizzatori della protesta hanno immediatamente condannato quei gesti e hanno rimosso i poster, sottolineando che non rappresentano il messaggio della mobilitazione studentesca.

Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. Sono uno studente ebreo, quindi posso raccontarvi la mia esperienza. Non indosso la kippah e non sono religioso, ma conosco molti studenti ebrei nel campus. Non ho sentito niente di antisemita e nessuno ha mai citato il fatto che sono ebreo. Credo che alcuni studenti ebrei abbiano avuto la percezione che gli oppositori di Israele siano ostili agli ebrei in generale. Qualcuno non si è sentito al sicuro nel campus. Ho parlato con una studente che mi ha raccontato di essere stata insultata perché indossava una spilla con la bandiera di Israele.

Manasa Gudavalli, New York uni­versity. Sembra che quando è stato messo su il primo accampamento ci siano stati episodi di antisemitismo, ma i professori dell’American association of university professors (un’organizzazione che riunisce docenti e accademici negli Stati Uniti), oltre a decine di funzionari di dipartimento, hanno garantito che nessun iscritto all’università è coinvolto in quegli incidenti.

Alex Steil, university of Minnesota. Le accuse di antisemitismo sono arrivate non tanto per il messaggio delle proteste ma a causa degli slogan e dei poster appesi fuori dell’edificio della nostra associazione studentesca, con scritte come “Intifada, rivoluzione e lotta armata” e “Solo odio per Israele e il sionismo”. Questi slogan, molto diffusi nei giorni dopo la protesta del 30 aprile, sono gli esempi principali citati dai leader ebrei nel campus per giustificare i loro timori.

Una protesta alla New York university, il 26 aprile 2024 (Stephanie Keith, Getty)

Ci sono stati episodi di islamofobia?

Manasa Gudavalli, New York uni­versity. Diversi sostenitori del popolo palestinese sostengono di essere stati ingiustamente puniti per la loro posizione sulla guerra nella Striscia di Gaza. Gli studenti hanno continuato a difendere il loro diritto alla libertà d’espressione.

Sophia Peyser e Madi Olivier, Emory uni ­ versity, Georgia. Il 28 aprile l’organizzazione Emory students for justice in Palestine (Esjp) ha dichiarato all’Emory Wheel che le azioni intraprese negli ultimi sei mesi dall’amministrazione hanno “incitato a compiere atti di violenza” nei confronti degli arabi, dei musulmani e dei palestinesi dell’ateneo. Tre giorni prima la polizia locale aveva arrestato 28 manifestanti in un accampamento pro-Palestina. Il 6 aprile l’Emory Wheel ha riferito che il Council on american-islamic relations-Georgia e il Palestine legal hanno depositato una denuncia per violazione dei diritti civili per conto dell’Esjp presso l’ufficio per i diritti civili del dipartimento dell’istruzione, chiedendo un’indagine immediata sull’ambiente islamofobo e “ostile” nei confronti dei palestinesi e degli arabi nel campus. Secondo la denuncia, molti studenti sono stati chiamati “terroristi” e sono stati pedinati.

Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. Nel campus non ho notato un peggioramento del sentimento antiarabo. Al City college ci sono molti studenti arabi e musulmani. Ma uno studente musulmano mi ha raccontato che sua sorella, che indossa l’hijab, si è trovata in una situazione spiacevole al Queens college, dove studia: mentre era con un gruppo di persone, è stata l’unica a cui è stato chiesto perché stesse entrando nel campus.

Avete notato un aumento dell’antisemitismo e dell’islamofobia nel campus al di là delle proteste?

Alex Steil, university of Minnesota. Sì, c’è stato un aumento dell’antisemitismo nel campus. Delle 112 segnalazioni di casi di pregiudizio razziale depositate quest’anno all’università, 42 riguardavano Israele e l’antisemitismo. Sedici riguardavano la Palestina e l’islamofobia.

Zhane Yamin, university of Michigan. Il Michigan Daily ha riferito di episodi di antisemitismo e islamofobia nel campus. Un componente del consiglio della School of information ha aggredito verbalmente gli studenti arabi e musulmani. L’università non ha preso nessun provvedimento disciplinare nei suoi confronti. All’inizio dell’anno la sede del Michigan Hillel, un’organizzazione che rappresenta gli studenti ebrei, è stata vandalizzata con graffiti antisemiti. Gli studenti responsabili sono stati puniti dall’università.

Ultime notizie

◆ Il 6 maggio 2024 la Columbia university di New York, l’ateneo dove sono cominciate le proteste degli studenti contro la guerra di Israele nella Striscia di Gaza, ha annullato la cerimonia di consegna dei diplomi.

L’università della California a Los Angeles (Ucla) aprirà un’indagine sugli scontri scoppiati nel campus a fine aprile. Un’inchiesta del New York Times ha rivelato che la violenza è cominciata quando un gruppo di sostenitori di Israele è intervenuto per smantellare l’accampamento dei manifestanti filopalestinesi, e che la polizia è intervenuta con molte ore di ritardo per calmare la tensione.

◆In molti atenei continuano le manifestazioni contro la guerra, alimentate anche dall’intervento dell’esercito israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.


Anika Seth, Yale university. Per tutto l’anno sono circolate notizie di episodi antisemiti o islamofobi. Nel semestre autunnale ci hanno riferito il caso di una persona a cui era stato tolto il copricapo con la forza. Non abbiamo verificato tutti i resoconti sugli episodi di violenza specifici e individuali, ma vale la pena sottolineare che riguardano entrambi gli schieramenti.

Jared Mitovich, university of Pennsylvania. Durante lo scorso semestre ho avuto l’impressione che le critiche principali agli amministratori dell’università riguardassero più che altro una percezione di antisemitismo. Questa accusa è stata alimentata da un gruppo di studenti molto coinvolti ma anche da alcuni donatori ed ex studenti. Naturalmente i donatori hanno le risorse per influenzare i mezzi d’informazione e per farsi sentire con l’amministrazione. Per loro è facile manifestare le preoccupazioni e avere un impatto sulle decisioni dell’università.

Come definiscono l’antisemitismo gli studenti del campus? Dove tracciano il confine tra antisemitismo e la critica a Israele?

Jared Mitovich, university of Pennsylvania. L’università ha adottato la definizione di antisemitismo dell’International holocaust remembrance alliance. E questo ha attirato ancora più critiche dai sostenitori del popolo palestinese, perché secondo loro quella definizione considera antisemita anche le critiche rivolte al governo israeliano.

Shane Brennan, Arizona State uni­versity. Credo che gli studenti siano sempre più in grado di comprendere che la critica al governo israeliano non significa odio contro il popolo ebraico. Nel campus ci sono studenti ebrei che sostengono la causa palestinese.

Da Gaza

◆ Nei campi per sfollati e nelle strade della Striscia di Gaza le manifestazioni filopalestinesi nei campus universitari degli Stati Uniti e di altri paesi sono seguite con attenzione. Il movimento di protesta ha risollevato il morale a Gaza, conferma la giornalista Esraa al Arir, raggiunta all’ospedale di Deir al Balah, dove sua figlia è ricoverata per lo stress causato dai raid aerei. Secondo Ninive el Madhoun, che gestisce una mensa popolare a Rafah, nel sud, gli abitanti di Gaza sono “fieri degli studenti”, e sono felici di non essere stati dimenticati. Sono un “barlume di speranza”, conferma Nour al Yaacoubi, traduttrice e madre di una bimba di sei mesi, che vive ancora nel nord nonostante la devastazione causata dai bombardamenti israeliani. Commentando le immagini della dura repressione di polizia nei campus che ha visto in tv, Al Yaacoubi si chiede dove sia finita “la democrazia negli Stati Uniti di oggi” e invita “le persone libere di tutto il mondo a mobilitarsi. Perché possono cambiare le cose”. L’Orient-Le Jour


Alex Steil, university of Minnesota. Alcuni studenti ebrei, durante una conferenza stampa, hanno equiparato le parole contro il sionismo a un attacco agli studenti ebrei. Ho parlato con tante persone della nostra organizzazione studentesca ebraica, e per molte di loro il discorso violento contro Israele equivale a un discorso violento contro gli ebrei. Questa è una delle mie conclusioni più importanti al momento: giusto o sbagliato che sia, adulti e studenti considerano antisionismo e antisemitismo come sinonimi.

Anika Seth, Yale university, Connecticut. In passato alcune persone nel campus hanno affermato che qualunque critica a Israele è una critica al popolo ebraico. A giudicare da quello che ho visto dall’ottobre 2023, penso che questa prospettiva sia meno diffusa. Sul giornale studentesco alcuni studenti hanno raccontato di aver ricevuto critiche che li hanno fatti sentire meno ebrei per aver criticato Israele. E questa è un’altra forma di antisemitismo di cui ci parlano le persone: “Non sei ebreo se non sei filoisraeliano”.

Quanta parte del corpo studentesco è impegnata attivamente nelle proteste filopalestinesi ? La solidarietà verso il movimento è in crescita?

Neil Mehta, Brown university, Rhode Island. Negli ultimi mesi hanno partecipato alle mobilitazioni molti più studenti rispetto agli anni passati. Alcune centinaia di persone hanno aderito alla mobilitazione per chiedere la cancellazione degli investimenti legati all’apparato bellico israeliano. A febbraio abbiamo condotto un sondaggio intervistando mille studenti: più del 50 per cento ha dichiarato di aver partecipato a una manifestazione o a una protesta nel periodo trascorso alla Brown. Circa due terzi degli intervistati, tutti iscritti a corsi di laurea di primo livello, hanno detto di essere in disaccordo con la posizione presa dall’università sul conflitto nella Striscia di Gaza, e una percentuale simile ha dichiarato di essere favorevole a una proposta di disinvestimento.

Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. Credo che negli ultimi giorni molte persone si siano convinte che l’università sta gestendo male le proteste. E penso che questo possa spingere alcuni studenti verso le posizioni dei manifestanti o a criticare la condotta di Israele.

Alex Steil, university of Minnesota. È difficile dare una cifra, perché ci sono momenti di maggiore o minore partecipazione. Detto questo, i nostri cronisti hanno stimato il numero di manifestanti intorno ai duecento, però è frutto di un conteggio grossolano. Nel corso della settimana i numeri sono calati, anche se sui social network i manifestanti continuano a parlare di centinaia di presenze. In proporzione ai numeri complessivi del campus, che ospita circa 55mila studenti, si tratta di una minima parte.

Il sondaggio
Cosa pensano gli statunitensi degli aiuti militari di Washington a Israele nell’ambito della guerra contro Hamas, percentuale per fasce d’età (Fonte: pew research center)

Manasa Gudavalli, New York uni­versity. La maggior parte delle proteste nel campus, non solo adesso ma da mesi, è a sostegno dei palestinesi. In passato ci sono state grandi proteste di questo tipo nell’università, ma le due manifestazioni con accampamenti e il recente sciopero al Wash­ington square park sono state finora le più imponenti. Questo è il segnale di un crescente sostegno alla causa palestinese nel campus e a favore del disinvestimento da aziende legate a Israele.

Cos’è che i mezzi d’informazione non capiscono delle proteste nel tuo campus?

Zhane Yamin, university of Michigan. I mezzi d’informazione nazionali raccontano che le proteste a sostegno dei palestinesi e quelle a favore di Israele si equivalgono. Non è così. Le prime sono più frequenti e generalmente più partecipate delle seconde. Tuttavia, questo non significa necessariamente che l’opinione degli studenti sulla campagna militare israeliana a Gaza sia omogenea, o che non ci siano simpatie filoisraeliane nell’università.

Isabelle Friedman, university of California, Los Angeles. Su una cosa abbiamo cercato di essere attenti: mettere in chiaro da dove viene e dove ha avuto origine la violenza nel campus. Alcuni mezzi d’informazione hanno parlato della violenza come se venisse da entrambe le parti: in realtà la violenza è stata causata dai contromanifestanti. I mezzi d’informazione dovrebbero tenerne conto.

Jacob Wendler, Northwestern uni­versity, Illinois. I giornali e le tv non capiscono che nel movimento a favore dei palestinesi c’è una grande varietà di punti di vista. Non tutti concordano su come dovrebbero svolgersi le manifestazioni o su quale potrebbe essere un accordo soddisfacente con l’ateneo. Nell’accampamento ci sono studenti arabi e palestinesi, studenti ebrei, studenti musulmani. Non sempre la pensano allo stesso modo su come reagire alla repressione della polizia. Dopo la creazione dell’accampamento, per esempio, le tende sono state più volte montate e smontate: i manifestanti non erano d’accordo su rispettare o meno gli ordini della polizia, è c’è stato dissenso interno anche sul livello di interazione con i mezzi d’informazione.

Le parole di Biden

◆ Il 2 maggio 2024 Joe Biden ha fatto la sua prima dichiarazione pubblica sulle proteste degli studenti a favore del popolo palestinese. Il presidente statunitense ha detto che nei campus “l’ordine deve prevalere”, per poi aggiungere: “Ma non siamo un paese autoritario che mette a tacere le persone”. Il 7 maggio Biden, parlando al congresso durante una commemorazione dell’Olocausto, ha messo in guardia da quella che ha definito una “feroce ondata” di antisemitismo negli Stati Uniti. Secondo il New York Times, “il presidente non pensa che la mobilitazione studentesca possa fargli perdere consensi tra i giovani e danneggiarlo alle elezioni. È convinto che un cessate al fuoco nella Striscia di Gaza possa aiutarlo anche sul fronte interno, e che a novembre, quando gli elettori andranno alle urne, la guerra potrebbe non avere la stessa risonanza politica di oggi. Inoltre nelle prossime settimane gli studenti lasceranno il campus per le vacanze estive, il che, secondo molti, contribuirà a smorzare l’intensità delle proteste”.


Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. Una cosa su cui sbagliano è la narrazione dell’agitatore esterno. Molte delle persone con cui ho parlato nell’accampamento e durante le proteste erano studenti dell’ateneo, e molte delle persone più grandi erano ex studenti, docenti o dipendenti dell’ateneo. È sbagliato descrivere gli accampamenti come se non fossero realmente gestiti da persone che fanno parte della comunità universitaria.

Cosa pensi delle critiche che sono arrivate dai parlamentari del congresso agli amministratori delle università per la gestione delle proteste e dei casi di antisemitismo?

Jared Mitovich, university of Pennsylvania. A dicembre ero presente al congresso mentre la rettrice della mia università veniva interrogata dai parlamentari repubblicani. E ho potuto vedere fino a dove può arrivare la presa del congresso sugli atenei. Dopo l’elezione di Trump – quando da destra si è levata un’ondata di critiche nei confronti delle università d’élite per come gestivano la libertà di parola e per il presunto indottrinamento degli studenti – è stato molto interessante vedere questo cambiamento. E vedere i repubblicani rendersi conto che la critica alle università d’élite per il modo in cui stanno gestendo l’antisemitismo potrebbe essere un argomento politicamente utile su cui fare campagna elettorale. L’università della Pennsylvania è stata uno dei primi atenei sui quali la commissione per l’istruzione ha aperto un’inchiesta. Penso che molti studenti di entrambi gli schieramenti direbbero che non abbiamo bisogno di politici che ci vengano a dire come far funzionare le università.

Manasa Gudavalli, New York uni­versity. Se da una parte è comprensibile che i leader politici vogliano dire la loro su un tema che è finito al centro del dibattito nazionale, c’è però anche il timore che questo possa potenzialmente causare ulteriori divisioni e portare a una semplificazione eccessiva di una questione complessa.

Alex Steil, university of Minnesota. Direi che le proteste sono prevalentemente guidate dagli studenti e rivolte agli studenti, e concentrate sulla nostra università più che sul livello nazionale. I deputati al congresso intervengono, e va bene. Ma ho l’impressione che gli studenti che stanno protestando siano più focalizzati sul cambiamento che è alla loro portata – rivolgendosi alla propria università, potenzialmente a persone con le quali in passato hanno parlato di diversi temi – invece di lanciare appelli a livello nazionale.

Hai la sensazione che gli eventi degli ultimi mesi abbiano cambiato l’orientamento politico degli studenti? Pensi che le proteste avranno un impatto duraturo sulla politica nazionale?

Jacob Wendler, Northwestern uni­versity, Illinois. Non saprei dire se le opinioni politiche delle persone stiano cambiando. Ma credo che la guerra a Gaza abbia fatto crescere ulteriormente il malcontento nei confronti del governo degli Stati Uniti e di entrambi i partiti. In autunno potremmo vedere l’impatto di questa dinamica sull’affluenza alle urne tra i giovani. All’accampamento ci sono stati cori o cartelli su “Genocide Joe”, un riferimento al ruolo dell’amministrazione Biden e al suo sostegno al governo israeliano.

Jared Mitovich, university of Pennsylvania. Quello dell’università della Pennsylvania è un campus progressista. Le persone qui non sono favorevoli a Donald Trump, ma gli ultimi eventi mostrano che non sono neanche necessariamente dalla parte di Biden. Di recente ci sono state le elezioni primarie in Pennsylvania e la percentuale di voti uncommitted [cioè quelli espressi da chi non vuole mostrare sostegno per nessun candidato], nel nostro quartiere di Filadelfia è stata la più alta della città. E secondo me è un riflesso del fatto che gli studenti, anche in una città molto progressista, potrebbero essere più ostili nei confronti di Biden rispetto alla media nazionale.

Leon Orlov-Sullivan, City college di New York. Penso che queste proteste spingeranno la politica nazionale su posizioni meno filoisraeliane. I sondaggi mostrano che i giovani tendono a sostenere Israele meno degli americani più anziani. Per le vecchie generazioni il sostegno all’alleato israeliano è fondamentale, ma credo che per i più giovani non sia così. Allo stesso tempo c’è una buona percentuale di giovani statunitensi che continuerà a sostenere Israele.

Anika Seth, Yale university, Connecticut. Sembra esserci un’impostazione molto diversa nella copertura giornalistica di ciò che sta succedendo nelle università. La realtà di questi accampamenti e proteste di massa in tutto il paese, e di studenti che per questo motivo sono arrestati e pubblicano online la loro fedina penale, ha cambiato il modo in cui parlano della guerra i miei amici, i miei genitori, i miei cugini, i media nazionali, le persone su internet. Il tono adesso è: “Wow, guarda quanto tengono a questa causa gli studenti!”. ◆ as, fdl

Questo articolo si può ascoltare podcast di Internazionale In copertina. Disponibile ogni venerdì nella nuova app di Internazionale e su internazionale.it/podcast.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati