Nell’ambito del processo diplomatico avviato da Washington, l’8 dicembre il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha incontrato a Londra i leader di Germania, Regno Unito e Francia, e il giorno dopo a Roma ha visto il papa e Giorgia Meloni (nella foto). Come spiega il Kyiv Independent gli europei sono preoccupati di essere messi ai margini dei negoziati, mentre Zelenskyj ha dichiarato che ci sono “questioni sensibili”, come le garanzie di sicurezza e lo status delle regioni orientali del paese, su cui non c’è ancora un’intesa. Il presidente ha anche aperto alla possibilità di organizzare le elezioni entro tre mesi. Intanto la Banca centrale europea ha detto di non poter fare da garante per l’uso dei beni russi congelati per finanziare un nuovo pacchetto di aiuti a Kiev, citando possibili violazioni dei trattati europei. Anche il governo del Belgio aveva sollevato dubbi. La questione, però, non è chiusa: “Se l’Europa non vuole, o non può, usare i beni russi, dovrà fare ricorso alle sue risorse”, scrive l’Economist. “Cioè fare debito comune con gli eurobond, con titoli strategici e qualsiasi altro strumento politicamente accettabile”. Critico con il governo conservatore belga di Bart De Wever è Le Soir: “Se al prossimo consiglio europeo i paesi voteranno a maggioranza qualificata a favore del prestito, come sembrano voler fare, il Belgio si ritroverà in compagnia di Ungheria e Slovacchia nel gruppo di chi non ha fatto abbastanza per aiutare l’Ucraina e proteggere l’Europa da un tragico effetto domino”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati