Con Quaranta (2023), Danny Brown aveva mostrato un volto più introspettivo. Stardust, il suo nuovo album, ribalta la prospettiva: è un’esplosione di energia e colori, un tuffo nell’hyperpop che conferma la sua versatilità. Su basi frenetiche e glitchate, Brown mantiene sempre il controllo: in Copycats gioca con bassi distorti e synth da videogame, in 1l0v3myl1f3! fluttua su drum’n’bass, mentre 1999 è un vortice di pura adrenalina. Sobrio e rinato, Brown celebra la propria salvezza con grinta e umorismo, tra versi esilaranti e un flow impeccabile. In Starburst l’artista di Detroit mostra la solita curiosità onnivora. Anche quando inciampa in eccessi verbali, è chiaro che Danny Brown ha trasformato il suo dolore in creatività.
Grant Sharples, Paste
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Questo articolo è uscito sul numero 1640 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati