Dopo il concerto del 2024, di cui questo disco è la fedele riproduzione, la critica era rimasta spiazzata dall’approccio antimodernista di Andris Nelsons, al tempo stesso sinfonico, drammatico e romantico. Sinfonico: le parti di Yuja Wang e delle onde Martenot di Cécile Lartigau, e anche le percussioni, sono immerse nel flusso sonoro della Boston Symphony Orchestra. Non è un rapporto concertante, ma un gioco d’equilibri complesso. Drammatico: l’inclinazione di Nelsons per la sfumatura forte tradisce un gusto dello spettacolo che non è semplicemente spettacolare. Come nel climax del Finale, dove trattiene tutta la potenza dell’orchestra fino all’ultimo accordo in un crescendo immobile che sembra non avere mai fine. Romantico: Yuja Wang schumannizza il canto degli uccelli nelle parti soliste che rivendicano una sfumatura sentimentale. Più che un Technicolor, è la sensualità sulla quale Boulez vomitava definendola “musica da bordello”. Non stupisce che la Joie du sang des étoiles e il siano dei vertici di questo album: Nelsons non si preoccupa delle avanguardie del secolo scorso, ma di far proclamare a gola spiegata alla sua orchestra questo canto d’amore cosmico.
Paul de Louit, Diapason
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1640 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati