Chi conosce il lavoro di Rosalía sa che è un’artista in costante mutamento. Le giustapposizioni musicali sono la sua forza. Il suo album del 2018, El mal querer, filtrava il flamenco attraverso il pop elettronico; Motomami (2022) era invece una visione d’avanguardia del reggaeton arricchita da suoni industrial e sfumature cyberpunk. Ma con il nuovo disco, Lux – un compendio di 18 brani – la cantante spagnola firma la sua opera più ambiziosa: un’inversione delle regole pop che reinterpreta la musica classica deformandone i suoni con una produzione audace. Registrato con la London Symphony Orchestra e cantato in tredici lingue, Lux riflette la formazione accademica di Rosalía e la sua propensione alla collaborazione. È una sovversione panoramica dei modelli sinfonici che espande il senso di libertà di Motomami, viaggiando nel tempo e nello spazio – dalla Catalogna alla Cina, dal Messico fino ai territori più antichi e spirituali. Diviso in quattro movimenti, l’album esplora il misticismo femminile e la santità come metafore del percorso interiore di Rosalía, divisa tra sacro e profano, amore e solitudine, tradizione e innovazione. Slegata da ogni ancoraggio, l’artista incontra amanti, amici, spiriti e versioni di sé stessa. Nell’apertura operistica Sexo, violencia y llantas, tra archi drammatici e silenzi cavernosi, Rosalía riflette sul rapporto con dio, unica costante nella sua vita. In Divinize, un sogno febbrile e solenne, canta di miti della creazione e del desiderio proibito. Berghain, realizzata con Björk, Yves Tumor e un coro catalano, mescola cerimonia e conflitto, mentre Rosalía affronta la sottomissione amorosa. Il vertice arriva con La yugular, in spagnolo e arabo: un inno d’amore come forza trascendente. E nella chiusura funerea Magnolias campane, archi solenni e voci eteree si fondono in un omaggio alla vita e alla memoria. Rispetto alle uscite pop contemporanee, Lux è un gesto unico e visionario: un respiro d’aria nuova, un antidoto alla frenesia dell’algoritmo. Non importa se sia o meno “musica classica”. Quello che conta è la sua capacità di trascinarti fuori dall’apatia del presente e portarti altrove.
Shahzaib Hussain, Clash

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Questo articolo è uscito sul numero 1640 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati