Christian Caujolle è morto il 20 ottobre 2025 a Tarbes, in Francia. È stato un critico, curatore e photo editor. Era nato il 26 febbraio 1953 a Sissonne. Dal 2008 collaborava con Internazionale alla sezione Portfolio. Questo è uno degli ultimi articoli che ha scritto.

Il suo primo libro s’intitolava L’amour se porte autour du cou (L’amore si porta intorno al collo). Cinque anni dopo è arrivato Le bonheur tue (La felicità uccide). Tra una pubblicazione e l’altra, il 4 agosto 2020, intorno alle 18, ci sono state le due esplosioni nel porto di Beirut, pochi giorni dopo l’uscita del primo libro dell’artista libanese Rima Samman in Italia. L’esplosione dell’hangar numero 12 , in cui erano immagazzinate tonnellate di nitrato di ammonio, ha causato 235 morti, 6.500 feriti, 300mila sfollati e 77mila edifici danneggiati. La Banca mondiale ha stimato danni per circa quattro miliardi di euro. Si tratta di una delle più gravi esplosioni non nucleari della storia. “Questa tragedia ha scosso il Libano e la diaspora libanese rialimentando tutta l’angoscia e il dolore di essere libanesi”, ha detto Samman. Come si può affrontare una tragedia del genere? Nel suo primo libro l’artista ha usato foto tratte dagli album della sua famiglia o di amici: “Da bambina ero affascinata dal mondo fantastico che vedevo nelle foto dei miei genitori. M’immaginavo un sacco di storie romantiche ispirate ai film egiziani trasmessi dalla tv libanese. Il bisogno di portarle a casa mia in Francia è venuto molto dopo. Da qualche anno mi ero resa conto che ogni volta che andavo in Libano, mia madre me le prestava più volentieri. Questo mi ha fatto pensare che con lo scorrere del tempo avesse cominciato a volermi trasmettere, attraverso quelle foto, una memoria familiare”.

Nel secondo libro, Le bonheur tue, l’iconografia cambia: tranne due o tre foto di famiglia, si è al centro di una realtà violenta il cui ricordo è stato risvegliato dalle esplosioni del 2020. Qui l’artista ha sentito il bisogno di trasformare immagini del Libano di vari periodi storici, tratte soprattutto dai giornali, per far dialogare il passato con il presente. “Volevo rivelare ciò che era rimasto fuori campo nel primo libro attraverso una rappresentazione contrastata di un paese schizofrenico, caratterizzato da immagini di caos che ritornano come simboli quasi identici nel corso del tempo, segno evidente di un problema strutturale”. Scegliendo di colorare ogni singola foto, scansionata dai giornali cartacei o presa su internet, Samman ha costruito un racconto molto coerente e ci offre una visione lontana da qualunque forma di realismo o foto di attualità. L’artista è rimasta colpita da una mostra in cui il pittore britannico David Hockney ha esposto le sue opere realizzate in digitale. “L’iPad mi permette di lavorare senza pittura e senza assistente. Le mie mani sono sempre pulite”, ha detto Hockney.

Esiste una lunga tradizione di foto colorate a mano ma di solito lo scopo principale era quello di attenuare l’aspetto astratto del bianco e nero per ridare un po’ di “verità” alle immagini. Il discorso è completamente diverso con Samman. La maggior parte delle volte l’artista sceglie colori intensi – rossi accesi, gialli molto luminosi, verdi saturi, blu profondi. Altre, interviene sulle immagini con toni più chiari, pastello. E questa tavolozza di colori trasforma deliberatamente, quasi maltrattandola, l’immagine iniziale.

Il colore in questo modo esaspera e al tempo stesso nasconde le scene rappresentate. Ma la procedura non ha nulla di meccanico e per ogni immagine l’approccio è istintivo, un insieme di matite colorate, tempera spessa, campiture con colori acrilici. In alcune foto ricorre anche a motivi decorativi, cornici, fregi, in assoluta libertà. “A volte uso il fotomontaggio per far dialogare nella stessa immagine fatti di periodi diversi. In altri casi aggiungo dei segni iconografici legati alla mia sensibilità. Molto distanti nel tempo, alcuni temi si ripetono, quasi fosse un eterno ritorno di quello che è stato represso”. A seconda del momento, dell’ispirazione, dello stato d’animo, ogni risultato è unico.

La folle tragedia umana

Queste foto contrappongono una visione idilliaca di un paese ricco, con le donne a passeggio sul lungomare o in piscina e gli uomini in posa orgogliosa davanti agli ombrelloni, a delle immagini di violenza: bambini che giocano alla guerra con armi di legno che hanno costruito; un bambino che posa con una vera arma, troppo grande per lui; le esplosioni; i feriti insanguinati portati via; una donna mentre torna a casa con la spesa e si protegge all’angolo di un muro mentre un giovane sta sparando; altre donne che si addestrano a sparare; una famiglia alla finestra del proprio palazzo crivellato dai colpi di arma da fuoco. Tutto questo non vuole essere una storia del Libano né un catalogo di violenze. “Per me non si tratta di scegliere le foto più dure o quelle più spettacolari, ma quelle che rivelano il principio del trauma, che trasmettono pace o disperazione nel modo più semplice e più diretto possibile. E che attraverso la loro dimensione universale diventano archetipi della folle tragedia umana. Un fenomeno terribilmente attuale ed eterno”.

Rima Samman non sembrava destinata a una carriera artistica. Dopo un diploma da ortottista alla facoltà di medicina Pierre e Marie Curie di Parigi aveva interrotto la sua tesi in sociolinguistica araba alla Sorbonne Nouvelle per lavorare nel cinema con i registi Bruno Dumont e Ziad Doueiri, e per scrivere i propri film. Il suo ultimo lungometraggio Dans le ­coeur une hirondelle è stato presentato e premiato in vari festival.

Oltre a essere attrice e produttrice, Samman ha sviluppato un’opera che avvicina il cinema e la fotografia. Forse per le sue immagini colorate non si può parlare di vere e proprie foto, ma quasi di una sorta di icone, che hanno un potere tranquillizzante. Riprendendo le immagini del passato e della storia recente, mescolando foto personali ad altre di attualità, l’artista ci rivela le sue immagini mentali: non ci chiede di affrontare di nuovo la realtà, ma di dare ai ricordi dei colori improbabili per non dover più soffrire.

“Ho passato la vita a fuggire dalle immagini che mi ossessionavano, e di cui oggi cerco di riappropriarmi. Prima o poi viene un momento in cui le ferite ancora aperte richiamano le sofferenze del passato per esorcizzare quelle del presente. Il dolore causato dal flusso ininterrotto delle foto di guerra dev’essere dominato, altrimenti porta all’odio per l’altro e per se stessi. Del resto non sorprende che molti libanesi oscillino tra orgoglio e profonda avversione per ciò che sono”. ◆ adr

I libri

◆ I libri L’amour se porte autour du cou (2020) e il più recente Le bonheur tue (2025) di Rima Samman sono entrambi pubblicati da Filigranes éditions.


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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati