Uno psichiatra di New York, un tipo un po’ alla Oliver Sacks, deve fare i conti con un “uomo che cadde sulla Terra” particolarmente ottimista. Uno strano paziente, che si fa chiamare prot (con la p minuscola) e che afferma di essere un visitatore di 357 anni proveniente dal pianeta K-Pax, viene affidato alle cure di questo psichiatra di nome Gene Brewer. Prot, come scopriamo, è uno schizofrenico con una doppia personalità che ha inventato una fantasia elaborata per compensare un trauma. K-Pax, come lo stesso prot dice a Gene durante le loro sedute, è un mondo per lo più incantevole privo di carnivori, aggressività e stress, dove tutti evitano il sesso (perché è doloroso) e parlano con gli animali. Superando la velocità della luce, i k-paxiani possono vagabondare verso altri pianeti, cosa che prot ha fatto per aiutare il suo corrispondente umano, Robert Porter, un ex lavoratore di macelli catatonico, carico di ricordi repressi. Sfortunatamente per Gene, prot è destinato a “partire” solo pochi mesi dopo l’inizio della loro terapia, quindi il dottore deve correre contro il tempo per recuperare ciò che può della biografia sommersa di Robert dal suo protettore e portavoce – cioè prot – prima che scompaia. Con l’aiuto dell’ipnosi e di un’intraprendente giornalista, Gene potrebbe curare l’alieno e riportare Robert in vita dalla catatonia. Nel frattempo, prot offre rimedi di buon senso e adotta un approccio quasi cristiano. K-Pax è una piacevole lezione di psicologia arricchita da una lunga coda utopica.
Kirkus reviews
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati