Ho 35 anni, sono di Cagliari e vivo a Roma da quando ne avevo diciannove. I miei genitori in Sardegna hanno deciso di trasformare la mia camera da letto in una grande cucina open space. Ma ti pare normale?–Leonello

Quando ho letto la tua domanda mi sono indignato insieme a te. Ma certo che non è normale, ho pensato. Questo povero ragazzo vive lontano dalla sua famiglia e anche se è a Roma da tanto tempo, casa per lui sarà sempre quella a Cagliari. E lo stesso vale per la sua stanza: quelle quattro mura erano le sue radici! E poi, non pago, ho anche inventato il concetto di “stanza dei figli divorziati”: sì, perché per come vanno le cose oggi, i genitori hanno il dovere di lasciare libera una stanza in cui possono rifugiarsi i figli se si separano dalla persona con cui vivono. È finito il tempo in cui i figli si sposavano e uscivano per sempre di casa, oggi c’è una buona possibilità che si ripresentino alla porta. Insomma, ero molto fiero della mia risposta, ma il mio orgoglio è andato in frantumi quando ho sottoposto la tua domanda a una collega in redazione. “Ma possibile che a 35 anni ancora sta a pensare alla sua stanzetta?”, ha inveito. “Basta con questi eterni figli, che si devono sentire protetti da mamma e papà tutta la vita! La sua stanza ora è a Roma, la sua casa è quella che si è costruito lì. E al limite è lui che deve avere una stanza per i genitori, semmai ne avessero bisogno”. Al di là del tono leggermente minaccioso, non ha tutti i torti. E in effetti tu sei andato via di casa e ti sei fatto la tua vita, ora i tuoi genitori hanno diritto alla loro cucina open space.
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Questo articolo è uscito sul numero 1552 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati