Il 18 settembre 2023 il primo ministro canadese Justin Trudeau, parlando al parlamento, ha detto che ci sono “prove credibili” che dietro all’uccisione di Hardeep Singh Nijjar, il separatista sikh ucciso a giugno nella British Columbia da uomini con il volto coperto, ci siano agenti di New Delhi. Il ministero degli esteri canadese ha poi riferito di aver espulso un diplomatico indiano di alto livello, ritenuto il capo dei servizi segreti indiani. Trudeau ha lanciato le accuse una settimana dopo il G20 di New Delhi, dove ha avuto “un incontro tempestoso con il premier indiano Narendra Modi”, scrive The Hindu. Le due parti si erano accusate rispettivamente di “interferenze straniere negli affari interni del Canada” e di “fornire rifugio agli estremisti antindiani”, ma non avevano rivelato di aver discusso dell’omicidio di Nijjar, cittadino canadese. È poi emerso che ad agosto la consigliera per la sicurezza nazionale canadese Jody Thomas era andata a New Delhi due volte per parlare del caso con il collega indiano Ajit Doval. Secondo le autorità indiane il Canada non ha fornito prove specifiche, ma secondo l’Associated Press Trudeau prima del G20 le aveva condivise con i partner dei Five eyes – Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda – e alcuni dei leader di quei paesi ne avevano parlato con Modi.

L’India ha definito “assurde” le accuse di Trudeau, ha espulso a sua volta un diplomatico canadese e ha sospeso il rilascio dei visti ai cittadini canadesi. Il portavoce del ministero degli esteri di New Delhi ha accusato Ottawa di avere un pregiudizio nei confronti degli indiani e ha etichettato la sua mossa come “motivata politicamente”. Asia Sentinel scrive che l’accusa potrebbe avere un fondamento: Trudeau guida un governo di minoranza sostenuto dal New democratic party di Jagmeet Singh, un sikh che non ha mai nascosto la sua antipatia per Modi.

Erano anni che l’India si lamentava con il governo canadese per le attività dei separatisti sikh della diaspora, ma il governo di Ottawa ha sempre replicato di dover garantire la libertà d’espressione. Nel 2020 le autorità indiane avevano definito Nijjar “terrorista” e secondo l’associazione dei sikh canadese l’intelligence di Ottawa l’aveva avvertito delle minacce contro di lui.

“Il prossimo passo dev’essere una riflessione a freddo sul da farsi”, scrive The Hindu in un editoriale schierato con il governo indiano. “La priorità per Trudeau è provare pubblicamente le sue accuse. Oppure ammettere di non poterlo fare. Le affermazioni dell’India secondo cui il Canada è un rifugio per i violenti gruppi separatisti antindiani favorevoli al Khalistan sono state confermate da molti incidenti in passato. Il fatto che Nijjar, leader del gruppo Khalistan tiger force, fosse cittadino canadese parla da sé”.

Il New York Times scrive che dopo l’omicidio di Nijjar l’intelligence statunitense aveva fornito informazioni al governo canadese. Il segretario di stato statunitense Antony Blinken ha esortato l’India a collaborare con l’indagine di Ottawa, ma in generale i funzionari statunitensi hanno cercato di evitare tensioni diplomatiche con New Delhi. Le rivelazioni sul coinvolgimento dell’intelligence di Washington, continua il quotidiano statunitense, rischia di mettere gli Stati Uniti in difficoltà in un momento in cui l’amministrazione Biden cerca di rinsaldare le relazioni con l’India per farne un partner fidato in funzione anticinese.

Il 25 settembre a New Delhi si è aperta la conferenza dei capi degli eserciti dell’Indo-Pacifico, organizzata dall’India e dagli Stati Uniti con la partecipazione di più di trenta paesi per rafforzare la cooperazione tra gli stati della regione, preoccupati per l’influenza crescente della Cina. Nella capitale indiana è arrivato anche il maggiore generale Peter Scott, dell’esercito canadese, secondo cui “la disputa non influenzerà la collaborazione militare tra i due paesi”, scrive The Hindu. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati