È una soleggiata mattina di aprile e nella cucina dell’hotel Saligari, a Verceia, in provincia di Sondrio, Mario Saligari sta cucinando due specialità della Valchiavenna, dove si trova l’hotel, e della vicina Valtellina: sciatt – frittelline croccanti con cuore di formaggio fuso – e pizzoccheri di saraceno – una pasta simile alle tagliatelle, ma dal colore scuro, tipico di quella varietà di grano.
“Sono un cuoco, non uno chef. Quando insegnavo cos’è la brigata di cucina, spiegavo che ci sono gli aiutanti di cucina, ci sono i cuochi e poi a capo c’è uno chef. Lo chef racchiude un mondo di esperienza e di capacità che non tutti riescono ad acquisire nel loro percorso professionale. Tutti possiamo essere cuochi, ma non tutti possiamo essere chef”, afferma Mario Saligari. “Sono nato a Grosio in Valtellina nel 1963. Quest’anno compio 60 anni. Tutti impegnati nella ricettività, turismo, enogastronomia”. Oltre a essere il cuoco dell’albergo, ne è anche il proprietario dal 2001 e condivide la gestione con Enrica Pedaferri, direttrice della struttura, accessibile anche a chi, come me, si sposta grazie a una sedia a rotelle.
La sua passione per la cucina e il mondo della ricettività nasce ai tempi della scuola. “Ho frequentato la scuola alberghiera di Bormio e dopo il diploma ho lavorato sulle navi per circa un anno e mezzo. Poi ho insegnato alla scuola alberghiera per quasi dieci anni. Nel 1996 ho rilevato questo albergo prendendolo in affitto, successivamente l’ho comprato”.
Punto di forza
L’hotel Saligari si affaccia sulla sponda orientale del lago di Mezzola, a nord del lago di Como, e sulla riserva naturale Pian di Spagna, sito di importanza comunitaria (Sic) e parte della Rete ecologica natura 2000, un insieme di luoghi caratterizzati dalla presenza di specie animali e vegetali ritenute fondamentali per preservare la biodiversità della flora e della fauna europee, e zona essenziale per la migrazione di numerose specie di volatili. Dalla terrazza si vedono le Alpi Retiche innevate, che segnano il confine con la Svizzera, e in primo piano si staglia il monte Berlinghera, ricoperto da un riposante manto verde. Dietro l’hotel si apre la valle dei Ratti, collegata alla vicina val Codera attraverso il Tracciolino, un sentiero pedonabile e ciclabile realizzato sui binari di un’ex ferrovia a 900 metri d’altezza, che corre attraverso suggestive gallerie e offre una vista mozzafiato sul lago di Mezzola, sulla parte alta del lago di Como e sulla Valchiavenna.
L’investimento economico per migliorare l’accessibilità dell’hotel è stato importante ma è stato ripagato
Tra i principali sforzi messi in campo da Saligari ci sono quelli per l’ecosostenibilità: “Siamo intervenuti con la progettazione dell’illuminazione al passaggio dell’utente, ottenendo un risparmio veramente tangibile. Abbiamo progettato e installato tutte le lampade a led, venti kw di fotovoltaico e dodici pannelli solari per l’acqua calda, predisposto un’irrigazione di tutto il giardino attraverso l’acqua che scende dal fiume, senza usare quella dell’acquedotto. Non da ultimo abbiamo aumentato la qualità dei serramenti e predisposto l’impianto di riscaldamento-raffrescamento centralizzato gestito dalla reception, quindi scaldiamo o rinfreschiamo solo le camere che lo richiedono”.
Mario Saligari ha investito anche nell’accessibilità della struttura alle persone con disabilità. “Abbiamo circa trenta pernottamenti all’anno di persone con disabilità. Più di frequente ospitiamo pranzi di associazioni di persone con disabilità, perché anche la zona ristorazione è accessibile al cliente con disabilità fisica: sia l’ingresso del ristorante sia i bagni sono accessibili”. I lavori di riqualificazione degli ambienti, in termini di accessibilità e di ecosostenibilità, sono cominciati nel 2018 e terminati nel 2020. “Abbiamo installato l’ascensore, rispettando le dimensioni previste dalla legge, e allargato l’ingresso delle aree dei vari corridoi, maggiorato le porte delle camere e quelle dei bagni, realizzato tutte le docce a filo pavimento, un saliscendi della doccia, il lavandino che permette l’accesso della carrozzina. La rampa di accesso all’hotel, invece, l’avevamo già realizzata”.
Anche l’investimento economico è stato importante. “Per l’accessibilità avremo investito la metà dell’importo, per cui 220-230mila euro dei 450mila spesi in totale. Le camere accessibili sono costate circa 25mila euro l’una, mentre le altre circa 20mila”. Ma è stato ripagato. “Quella ristrutturazione ci ha permesso di aumentare il nostro volume di affari del 35 per cento circa, che è stato generato per circa il 15 per cento dall’aumento delle tariffe e per circa il 20 per cento dall’aumento dei pernottamenti, percentuali che non avremmo mai raggiunto altrimenti”.
Per finanziare la ristrutturazione, Saligari ha partecipato al bando Por Fesr 2014-2020: bando turismo e attrattività – Sostegno alla competitività delle imprese turistiche in Valchiavenna, finalizzato al sostegno di progetti di riqualificazione delle strutture ricettive alberghiere, extra alberghiere e dei negozi situati nei comuni dell’area interna della Valchiavenna. Il contributo previsto per gli imprenditori era pari al 40 per cento della spesa complessiva, a fronte di un investimento minimo di 20mila euro, e non poteva superare i 200mila euro. La misura si inserisce nell’ambito della Strategia nazionale delle aree interne (Snai), finalizzata a sostenere i territori più svantaggiati dal punto di vista geografico o demografico. La Snai è una delle linee strategiche di intervento prevista dall’Accordo di partenariato con la Commissione europea per il ciclo di programmazione 2014-2020 e confermata nel 2021-2027, finanziata da risorse nazionali e da Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e Fondo sociale europeo (Fse, oggi Fse+). Questi due fondi sono tra gli strumenti attraverso cui in Italia viene finanziata la Politica di coesione dell’Unione europea, un insieme di diversi fondi e strumenti che hanno l’obiettivo di garantire pari opportunità socio-economiche alle cittadine e ai cittadini europei. Per il ciclo di programmazione 2014-2020 sono stati stanziati quasi 48 miliardi di euro. Per quello attuale, 2021-2027, più di 42 miliardi di euro.
Dal portale OpenCoesione risulta che l’hotel Saligari sia stato destinatario di 161.950,79 euro, di cui 80.975 fondi dell’Unione europea, 56.683 risorse statali e 24.293 fondi regionali.
Le norme e le persone
“Senza questo bando non ce l’avrei fatta a realizzare questa ristrutturazione”, ammette Saligari. Ma le difficoltà non sono mancate. “Per noi imprenditori il tempo che passa prima di riscuotere i contributi è sempre troppo lungo e quello per rendicontare le spese troppo breve, ma la rendicontazione è stata semplice e, con un po’ di ritardo, i fondi sono stati erogati. Abbiamo dovuto coinvolgere l’istituto di credito per farci finanziare la parte non coperta dal bando. Accedere alla parte mutuata è stato impegnativo: ci siamo dovuti impegnare in un paio di istituti per arrivare a coprire tutto l’investimento”.
Le camere dell’hotel Saligari hanno i nomi delle montagne, del lago e delle valli circostanti. La mia è la “Berlinghiera”, una di quelle accessibili ai clienti con disabilità. Il dispositivo di chiusura automatica della porta, previsto dalla normativa europea sulla prevenzione antincendio, non rende agevole aprirla ma ci informeranno che la sua pesantezza può essere regolata, facilitandone l’apertura. Le quattro camere accessibili hanno una metratura diversa l’una dall’altra: in tutte è possibile muoversi con la sedia a rotelle anche se è più agevole in quelle più spaziose.
Nella nostra stanza chiudere la porta del bagno richiede qualche manovra: lo spazio è abbastanza ristretto. Accanto al wc ci sono due maniglioni mobili per facilitare il passaggio dalla sedia a rotelle ma, per le mie caratteristiche di mobilità, sarebbe stato più utile poter afferrare un maniglione verticale fisso. La maggior o minor accessibilità dipende anche dalla disposizione dell’arredo. Nel bagno della stanza “Albonico”, per esempio, la disposizione della doccia e del lavandino rende difficile, anche se non impossibile, il passaggio della carrozzina per raggiungere il wc.
La colazione a buffet è ricca, ma per una persona in sedia a rotelle potrebbe essere un po’ complicato scegliere cosa assaggiare, perché il banco del cibo non è ad altezza di una persona seduta. Lo stesso vale per il banco della reception. Mancano anche gli ausili per i clienti con disabilità visiva, come le mappe tattili, o i dispositivi luminosi per comunicare con le persone con disabilità uditiva, ma in Italia sono veramente poche le strutture che ne sono dotate.
In Italia, su una media di 76,1 stanze per struttura alberghiera, solo 3,58 camere sono accessibili
Al Saligari le stanze accessibili, così come le aree comuni, rispettano i requisiti richiesti dalla normativa sull’abbattimento delle barriere architettoniche nell’edilizia privata, ma non è sufficiente. “La legge è di carattere tecnico e si occupa solo della parte edilizia, dettando parametri minimi. Per esempio le rampe possono arrivare fino all’8 per cento di pendenza, ma per garantire l’autonomia e la sicurezza a chi si muove in carrozzina non si dovrebbe superare il 5 per cento”, spiega Roberto Vitali, amministratore delegato del Village for all – V4A®, il primo portale dedicato all’ospitalità accessibile. “Inoltre è riduttivo ricondurre il turismo al solo rispetto di norme edilizie senza tener conto delle relazioni tra le persone, cioè la capacità di dare ospitalità, che deve essere necessariamente preparata e competente rispetto a tutte le esigenze. Bisogna garantire a ciascuno la sua vacanza”.
Secondo i dati dell’Osservatorio avanguardie del turismo Isnart-Unioncamere(2019), in Italia, su una media di 76,1 stanze per struttura alberghiera, solo 3,58 camere sono accessibili. Nello specifico, in media, 3,72 camere sono accessibili per persone con disabilità motoria, 0,94 per persone con disabilità visiva, 0,8 per persone sorde.
L’accessibilità è una questione di cultura, prima che di norme. Mario Saligari ne è consapevole. “È una cultura che noi operatori non conosciamo. Va bene la legge, ma c’è bisogno di un confronto con le persone con disabilità. Un cliente in carrozzina mi ha fatto notare che non riesce a vedere l’operatore alla reception perché il bancone è troppo alto. A questo io non avevo pensato”.
Le persone non viaggiano per stare in albergo, quindi la sola presenza di strutture ricettive accessibili non basta a garantire un’esperienza turistica fruibile da tutti. L’accessibilità, inoltre, deve riguardare l’intero territorio, sia al livello locale sia nazionale.
Verceia è un comune piccolo, conta poco più di mille abitanti, ma l’amministrazione è molto sensibile a questo tema. “L’accessibilità nelle strutture o negli uffici pubblici c’è: al municipio si accede grazie a uno scivolo – gli sportelli sono al pian terreno –, c’è l’ascensore che porta al primo piano, dove c’è la sala consiliare. Le poste sono a pian terreno, la banca idem, così come tutti i negozi”, assicura Flavio Oregioni, sindaco da nove anni. “I marciapiedi sono stati riqualificati quasi tutti. Manca un lotto finale, ma gradualmente si stanno usando le risorse per abbattere le barriere. Non è semplice: si va a intervenire su zone, edifici, infrastrutture vecchi, mai pensati con quella logica”.
I limiti dettati dal territorio
Il sindaco fa parte della lista civica Verceia viva e prima di ricoprire questo incarico è stato consigliere comunale. Alla base del suo impegno politico c’è la passione per il bene comune: “Il poter vedere in concreto quello che fai sul territorio in cui vivi, per le tue persone e anche una personale propensione a cercarmi i guai da solo”. Verceia non ha una lunga tradizione turistica, spiega il sindaco: “Storicamente è un comune povero. Durante gli anni delle due guerre, le famiglie del paese vivevano di agricoltura, avendo comprato terreni nei comuni vicini, dove ci sono le piane per il fieno. Poi, gradualmente, hanno cominciato a lavorare nelle cave di granito a Novate”.
Negli ultimi vent’anni anni le bellezze paesaggistiche del luogo hanno attirato un crescente turismo naturalistico ed escursionistico. “Ci sono circa diecimila persone all’anno che percorrono il Tracciolino, e ci sono le uscite nelle località montane”. Nello stesso periodo si è anche sviluppata l’offerta turistico-culturale. “C’è la Galleria di mina, scavata nella roccia nel 1917 e il museo della Guerra bianca, che gestisce anche altre fortificazioni riconducibili alla prima guerra mondiale”.
Promuovere proposte di turismo accessibile in questo territorio significa spesso scontrarsi con limiti imposti dalla conformazione montuosa del territorio oltre che dalla soprintendenza dei beni culturali. La Galleria di mina, costruita nel corso della prima guerra mondiale, sarebbe dovuta servire, in caso di invasione, a tagliare i collegamenti ferroviari e stradali della Valchiavenna attraverso lo scoppio di grandi quantità di esplosivo posto nei pozzi presenti nel tunnel e pieni di acqua del lago. “Nella galleria c’è una rampa di accesso, ha una sua pendenza ma è accessibile nella sua parte iniziale. Poi, per ragioni fisiche e storiche, ha delle scale. Poiché da lì fa parte del demanio militare, la soprintendenza non ha permesso di installare un montascale. È stato fatto un recupero esclusivamente conservativo”. Nonostante le criticità l’amministrazione intende comunque puntare su proposte turistiche accessibili. “Quest’estate realizzeremo un osservatorio accanto alla Galleria di mina. L’affaccio sarà realizzato all’ingresso della galleria e permetterà di avere la vista sul lago e su parte della riserva del Pian di Spagna per ammirare la parte naturalistica. L’intento, una volta realizzato l’osservatorio, è di farne un punto di turismo accessibile, con installazioni che permettano a tutti, anche a chi non vede e chi non sente, di apprezzare la bellezza dei dintorni”.
Il comune di Verceia fa parte del Consorzio per la promozione turistica della Valchiavenna, la cui sede è a Chiavenna, una ventina di chilometri più a nord, all’interno della stazione ferroviaria, dove si trova anche l’Infopoint. La rampa di accesso c’è, ma le dimensioni dell’entrata non sono tali da permettere l’ingresso di una carrozzina e non riusciamo ad aprire la seconda anta della porta. “Abbiamo segnalato più volte il problema all’amministrazione comunale e al rispettivo ufficio tecnico. E più volte anche a Trenord-Trenitalia, proprietaria dell’immobile e delle relative porte d’accesso, sempre scontrandoci con un muro di gomma”, spiega Filippo Pighetti, direttore del consorzio per la promozione turistica della Valchiavenna. “Al momento, per aprire la porta, serve l’intervento di un operatore dell’Infopoint. Nelle prossime settimane, in accordo con l’amministrazione comunale, sposteremo la rampa nella porta centrale, più larga”.
Città e natura accessibili
Forse è anche per questo motivo che Pighetti ci dà appuntamento all’hotel Saligari. “Fino a quindici, venti anni fa, in Valchiavenna il turismo invernale era il modello dominante e registrava 280-290mila presenze all’anno, ma nel corso del tempo è profondamente cambiato. Oggi si parla non più solo di turismo invernale ma di turismi della montagna”, spiega. “È cresciuto molto il turismo del fondovalle: da aprile a tutto ottobre. Il 2022 è stato un anno record, con una media di 80mila pernottamenti, il doppio di quelli registrati negli ultimi dieci anni. Questo ci ha costretto a riorganizzare l’offerta con dei servizi come visite culturali gratuite nel centro storico, eventi a palazzo, le uscite per il trekking, il servizio di noleggio biciclette e così via”.
Chiavenna è stata tra le prime “città slow”, le città del buon vivere, e Bandiera arancione Touring Club, un marchio di qualità turistico-ambientale. “Nel 2020 ha ottenuto il riconoscimento di città capofila del progetto “Cittaslow tourism outdoor”, specifica Pighetti. Difficile stabilire se e come l’aumento del mercato turistico della valle abbia inciso sul flusso dei turisti con disabilità, perché finora quest’aspetto non è stato monitorato, tranne che in occasione della 19ª edizione delle Winter Deaflympics – le Olimpiadi invernali dei sordi, ospitate in Valchiavenna nel dicembre 2019, a cui hanno partecipato più di mille persone, tra atleti, staff e accompagnatori. “L’iniziativa è caduta in periodo di bassa stagione, prima di Natale, quindi l’indotto generato in termini di pernottamenti e quello sul territorio sono stati abbastanza importanti”, continua Pighetti. “Parallelamente si sono dovuti attrezzare gli impianti sportivi alle esigenze degli atleti, e questo comporta la necessità di un sostegno da parte degli enti pubblici. Ma se le spese servono a realizzare degli interventi infrastrutturali che comportano un innalzamento del livello qualitativo dell’infrastruttura duraturo nel tempo, allora hanno senso”.
Nella valle, le amministrazioni comunali si stanno impegnando nella promozione dell’accessibilità dell’ambiente urbano. “Il comune di Chiavenna, per esempio, è molto attento all’abbattimento delle barriere architettoniche”, sottolinea Pighetti. “Abbiamo la bellissima ciclabile della Valchiavenna, realizzata dalla comunità montana, lunga una quarantina di chilometri, e fruibile anche da persone che sono in carrozzina”. Gradualmente sta anche aumentando l’impegno a rendere il patrimonio naturalistico fruibile da tutti. Le cascate dell’Acquafraggia, a Borgonuovo, frazione di Piuro, prendono il loro nome dal latino aqua fracta, perché l’acqua, a causa della conformazione geologica del territorio, si “rompe” in una serie di salti, per poi riversarsi nell’omonimo torrente. Sulla roccia da cui scende l’acqua cresce una flora particolare, favorita dalla nebulizzazione delle particelle d’acqua.
“L’accessibilità è una cosa che viene tutt’al più giustapposta, non è pensata in termini di progettazione”, osserva l’architetta Piera Nobili
Lo spettacolo che offrono, maestoso e imponente, è stato riconosciuto monumento naturale dalla regione Lombardia. Anche Leonardo da Vinci, vedendole, ne rimase impressionato e le citò nel Codice atlantico. “Dal 2020 l’amministrazione comunale ha scelto, il sabato e la domenica nei periodi estivi, di far pagare un ingresso simbolico di pochi euro alle cascate”, spiega Pighetti. “Questo ha consentito al comune, tra l’altro, di creare all’interno del parco un percorso accessibile fin sotto le cascate”. Nonostante queste buone prassi, ”non c’è a livello di Valchiavenna, così come all’interno della strategia delle aree interne, un’azione specifica sull’accessibilità”, ammette. “Sono tante azioni lasciate ai singoli comuni”.
Eppure, se si mettesse in campo una strategia comune di promozione dell’accessibilità di persone con tutti i tipi di disabilità, e non solo quella motoria, forse le azioni delle singole amministrazioni ne risulterebbero potenziate. “Il primo vero problema è di natura culturale, all’interno degli uffici pubblici in generale, partendo dalle amministrazioni locali e via via sempre più su. C’è una disattenzione al tema dell’accessibilità, perché non è conosciuta”, afferma Piera Nobili, architetta e presidente del Cerpa Italia onlus (Centro europeo di ricerca e promozione dell’accessibilità) di Trento.
“L’accessibilità è una cosa che viene tutt’al più giustapposta, non è pensata in termini di progettazione. Molti edifici nuovi, sia privati sia pubblici, progettati dal 2000 in avanti, non sono accessibili, non rispettano per intero le normative in vigore. Eppure hanno avuto il nulla osta da tutti gli enti. Il secondo problema è il ginepraio delle normative: sono tantissime in Italia quelle che riguardano la gestione dei territori, delle città e dell’edilizia, sono emanate da più e diversi enti, che spesso non si parlano. Per cui spesso manca un’interconnessione tra le diverse normative, che alcune volte sono anche in contraddizione tra loro. Poi esiste una scarsa cultura anche tra i liberi professionisti, che vedono l’accessibilità come un ulteriore paletto-limite alla loro creatività”.
Coinvolgere le nuove generazioni
A creare delle sinergie virtuose, sia tra loro sia con le amministrazioni locali, sono le realtà del terzo settore, e, talvolta, i singoli cittadini. Stefano Bini, persona con disabilità motoria, dipendente del comune di Gordona e Massimiliano Fomasi, educatore presso la cooperativa Nisida, nel 2018 hanno creato il blog Senza b@arriere ValChiavenna. “Raccontiamo i luoghi accessibili del nostro territorio, andandoli a visitare, e le esperienze delle associazioni locali che si occupano di disabilità”, racconta Fomasi. Oltre che in formato testuale, gli articoli del blog sono disponibili anche in formato audio. Di questo aspetto si occupa Bini, usando il suo sintetizzatore vocale, un ausilio che facilita la comunicazione di chi ha difficoltà nell’eloquio. Senza b@arriere ValChiavenna è supportato dalla cooperativa Nisida, che sul territorio gestisce servizi socioeducativi e di turismo sociale, tra cui l’Ostello al Deserto, a Chiavenna, accessibile anche a persone con disabilità motoria.
Il progetto del blog ha generato sinergie fruttuose con altri soggetti presenti nel territorio, come quella con l’associazione dappertutto Odv, che si occupa di accessibilità dell’ambiente domestico e urbano e di montagna accessibile in Valtellina, e quella con il comune di Chiavenna: “Abbiamo mappato le vie di Chiavenna, segnalando i percorsi più accessibili e l’accessibilità dei principali servizi: banche, supermercati, farmacie, eccetera. Ora dovremo pubblicare la mappatura sul sito dell’associazione dappertutto”.
Se l’accessibilità è, prima di tutto, una questione di cultura, è importante educare le nuove generazioni a ripensare allo spazio urbano in chiave inclusiva. Per farlo Fomasi e Bini sono partiti dagli alunni dell’istituto comprensivo Garibaldi, a Chiavenna, e da coloratissimi mattoncini della Lego. “L’idea delle rampe costruite con i mattoncini Lego è venuta alla signora Rita Hebel, in Germania”, racconta Bini. “Le abbiamo chiesto di inviarci il progetto e abbiamo pensato di replicarlo, coinvolgendo le scuole”. Il progetto, proposto nell’anno scolastico 2021/2022 e concluso nel gennaio 2023, ha coinvolto la scuola dell’infanzia A. Maggiora e la primaria Segantini di Chiavenna, oltre che le primarie di Gordona e Mese.
“Abbiamo chiesto a tutti i bambini della scuola di farsi regalare pezzi di Lego, anche usati, e portarli a scuola”, racconta Alice Timini, maestra presso la scuola di Gordona. “La fase di raccolta dei Lego ha coinvolto genitori, nonni, amici ed è servita a sensibilizzare sul tema dell’accessibilità”. Poi sono passati alla realizzazione vera e propria di tre rampe, che ha coinvolto una decina di classi per un totale di circa duecento bambini. Le rampe sono state posizionate rispettivamente all’ingresso della sede dell’associazione Il Quadrifoglio, a Mese, alla scuola dell’infanzia A. Maggiora e all’entrata della scuola di Gordona.
Il bilancio dell’esperienza secondo gli insegnanti è stato positivo. “Il progetto è riuscito a coinvolgere i bambini nelle loro specificità: chi fa un po’ più di fatica a mantenere l’attenzione a lungo, chi ha un po’ più di rigidità mentale e quindi ha bisogno di lavorare in modo più schematico”, commenta Timini. “È stato molto utile perché ha coinvolto le diverse discipline: matematica, italiano, arte, attività motoria, ma anche diversi tipi di intelligenza e apprendimento”.
“Ha aiutato la socializzazione”, aggiunge Giovanni Lucati, insegnante di sostegno presso la scuola dell’infanzia A. Maggiora.
Sentirsi al sicuro
Ripensare l’ambiente, urbano o naturale, in chiave di accessibilità significa anche trovare gli accomodamenti ragionevoli che permettano a tutti di godere di determinate esperienze. Ad Albosaggia ci aspettano quattro volontari e volontarie dell’associazione dappertutto per cominciare una passeggiata lungo il sentiero Pedrusc, nelle Alpi Orobie, a bordo della joelette, una carrozzina da fuoristrada monoruota, usata per le escursioni in montagna. La seduta della joelette è comoda, mi allacciano la cintura di sicurezza e partiamo. Davanti a noi si stagliano le Alpi Retiche, appena coperte da uno spruzzo di neve. Il sentiero, dapprima, si snoda tra case di pietra abbandonate, poi prosegue in mezzo ai prati. Sopra un masso, un artista del luogo ha riprodotto un modellino del paese in pietra. “Per gli accompagnamenti con le joelette servono minimo tre persone, una davanti che tira, una dietro che spinge, e una laterale che tiene la stabilità”, ci spiega Marilisa, una volontaria.
Ci addentriamo nel bosco, il terreno è un po’ scosceso, la joelette talvolta oscilla ma mi sento in buone mani. Qua e là in mezzo agli alberi incontriamo una postazione di cacciatori. Ci fermiamo su un ponticello per una breve pausa. Quando chiedo ai miei compagni di viaggio le motivazioni che li hanno spinti a diventare volontari dell’associazione, Marianna mi dà una risposta condivisa anche dagli altri. “A me piace andare in montagna, voglio condividerla con chi non riesce ad accedervi da solo”.
Ripartiamo per tornare alla Casa dell’accessibilità ad Albosaggia, sede dell’associazione dappertutto. Nata nel 2009 inizialmente con il nome di Tecnici senza barriere, l’associazione offre consulenze gratuite in materia di abbattimento delle barriere architettoniche nell’ambiente domestico e urbano, sia a privati cittadini sia alle amministrazioni comunali. “Abbiamo una convenzione con quasi tutti i comuni della Valtellina”, spiega Francesca Rogna, vicepresidente dell’associazione. “Offriamo consulenze gratuite agli uffici tecnici dei vari comuni per abbattere le barriere architettoniche, senza crearne di nuove”. Il sito dell’associazione contiene anche alcune sezioni dedicate alla mappatura delle strutture ricettive, dei luoghi di interesse e delle aree gioco accessibili in provincia di Sondrio.
Dal 2016 dappertutto cede in comodato d’uso gratuito, a chi ne fa richiesta, le joelette e gli altri mezzi di trasporto che permettono alle persone con disabilità motoria di fare escursionismo, dopo una breve formazione agli accompagnatori. Mette anche a disposizione, sempre su richiesta, dei volontari disponibili per gli accompagnamenti durante le escursioni.
Le prime joelette sono state acquistate grazie a una raccolta fondi. Le successive, così come gli altri ausili – le joelette kids, per bambini; le mountain trike, un altro tipo di carrozzina da montagna; le handbike, biciclette le cui ruote si muovono usando le braccia e le cargo bike, biciclette dotate di uno spazio per posizionare la carrozzina – sono state comprate, una dal parco delle Orobie, e le altre dalla comunità montana di Sondrio, tramite un bando Interreg, e date in gestione all’associazione. Dappertutto collabora con il parco dello Stelvio, che, a sua volta, ha acquistato questi ausili, per un totale complessivo di una ventina di mezzi. “Tra noi e il parco dello Stelvio messi insieme abbiamo il più importante parco ausili per la montagna”, dichiara Rogna. I sentieri percorsi durante le escursioni sono stati mappati dall’associazione nell’ambito del progetto Sentieri accessibili ed è possibile trovarne la descrizione in una sezione del sito dell’associazione.
Lavorare affinché il nostro patrimonio urbano, naturale e culturale diventi accessibile a tutti è molto complesso. Negli ultimi anni i governi hanno mosso qualche passo in questa direzione. Migliorare la fruibilità della cultura e l’accessibilità turistica rientra tra gli obiettivi della missione 1 del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che ha previsto uno stanziamento di trecento milioni di euro per la “rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura”. A queste risorse si aggiungono i 18 milioni di euro del Fondo accessibilità turistica – sei milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024 –, istituto con la legge di bilancio 2021, destinato anche agli esercizi alberghieri e volto a finanziare i servizi utili al conseguimento delle certificazioni di accessibilità. Un ulteriore fondo di 30 milioni è stato assegnato con decreto legge del marzo 2021 alle regioni e province autonome che hanno presentato progetti per rendere più accessibili le realtà turistiche.
Segnali importanti che però devono essere accompagnati da un profondo cambiamento culturale sia dei nostri rappresentanti istituzionali – a tutti i livelli della politica – sia dei ruoli tecnici che si occupano di accessibilità, sia del mondo degli operatori turistici.
“Abbiamo un modo di pensare alla gestione del territorio che non passa né dall’esperienza né dalla collaborazione con i cittadini che abitano quel territorio”, spiega Piera Nobili. “Le esigenze e le necessità che incontrerà un progetto sono formulate a tavolino, le normative diventano dei vincoli e non dei percorsi di condivisione con i cittadini e con gli attori che possono essere coinvolti nel processo trasformativo di uno spazio urbano, di un’area archeologica, naturalistica. Manca quel percorso che consentirebbe di sviluppare norme ed esperienze effettivamente condivise, in cui la norma non sarebbe più calata dall’alto, bensì nascerebbe dal basso, attraverso l’esperienza, la valutazione, la condivisione”.
Bisogna quindi ripensare lo spazio urbano e quello naturale, affinché possano davvero diventare un patrimonio comune, godibile da tutti. Per farlo occorre ripartire dal basso e creare percorsi di condivisione e riprogettazione dell’ambiente urbano e naturale che si avvalgano del contributo di tutti coloro che quegli spazi li vivono.
Questo articolo fa parte di A Brave New Europe – Next Generation, un progetto di Slow News, Percorsi di Secondo Welfare, Internazionale, Zai.net e La Revue Dessinée Italia finanziato dall’Unione europea.
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