Il New York Times festeggia i suoi primi cento anni immaginando il mondo nel 2096.
Siamo nel 2096: UniNet, la rete di comunicazione mondiale, è saltata. Non resta che temperare le matite, scrive Max Frankel.
Nel 2096 la logica del diritto individuale sarà sostituita dalla regola universale della solidarietà.
Bianchi, neri, rossi, gialli. Nel prossimo secolo non avremo più l’ossessione di distinguerci secondo categorie etnico-culturale.
Cinque trasformazioni economiche che si potevano prevedere. Krugman finge di scrivere nel 2096, e prende in giro gli economisti del 1996.
Dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, nel prossimo secolo l’idea di meritocrazia sparirà, scrive Nicholas Lemann.
Perché così tanta gente crede che le cose peggioreranno? Per John Tierney, giornalista del New York Times, il futuro non è poi così nero.
Il futuro non ci riserverà molte sorprese. Perché siamo fatti della stessa pasta dei nostri antenati e dei nostri pronipoti.
Non sono più necessari i dittatori perché le nostre vite private siano sotto controllo. Le mettiamo in vendita noi stessi al miglior offerente.
Il mondo avrà una seconda lingua a tutti nota: l’inglese. William Safire spiega perché è la più adatta ad assorbire il meglio da tutte le altre.
Calpestata dal cinismo intellettuale e dai travestimenti commerciali, la bellezza tornerà a essere consolazione e nutrimento dell’anima.
Si può fare un bambino senza mamma e papà? Secondo Perri Klass, pediatra del Boston Medical Center, il loro contributo sarà sempre più marginale.
Difficilmente gli americani cambieranno le loro abitudini alimentari e il rapporto di amore-odio con il cibo. Ma se lo faranno la vita avrà più gusto.
Se amate le previsioni, seguite i consigli di Victor Navasky, editore e direttore di The Nation, ed ex caporedattore del New York Times.
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