26 giugno 2019 17:33

1. Tusks, Avalanche
Lei è inglese di Hastings. Un paradiso minore, non da neomaggiorenni. Suona la chitarra, va a Londra, studia musica, impara. E fabbrica canzoni, ballate, un album. Pratica l’arte, mette da parte il disagio. Quella cosa lì con tre lettere, come un aeroporto: il suo terminal si chiama ocd, disordine ossessivo-compulsivo. Sulle Alpi fa un incidente in snowboard e si rompe un gomito. Deve restare ferma e riordinare il disordine in testa. Quando la pila di pensieri è troppo alta, vien giù di tutto. Avalanche, il suo nuovo album, è costruito sulle macerie di sé.

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2. Gianluca Gill, Una particella
Giovane cantautore catanese va a una conferenza sulla fisica: c’è Franco Battiato con Jack Sarfatti, fisico statunitense psichedelico. La quantistica, lato pop: Interstellar, gatti in scatola, buchi neri. Un planetario/palestra per allenare la mente alle complessità del conoscere. Lui va a lambiccarsi con il gatto in un villone vista Etna, e poi a Berlino, nella Funkhaus, già studi radiofonici della Ddr, a riversare le sue elucubrazioni in elettronica. Ed ecco l’album Disco quantistico: “Il percorso è durato un paio d’anni, ma ho continuato a non capirci un bel niente”.

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3. Joy Division, Disorder
Oh, quei ragazzi di Manchester. Il capolavoro Unknown pleasures compie quarant’anni, le grafiche pulsazioni bianche su fondo nero opaco di Peter Saville ritornano, un kebab di angoscia. Severa disciplina sonora intorno ai disordini mentali e fisici del cantante Ian Curtis, in un’officina della desolazione. Quella produzione cavernosa, industriale, dove anche i cocci di bottiglia si spaccano a orologeria. L’ossessione ritmica, un basso pulsante che fende il buio. L’intensità di quel nero esistenziale, il terrore di stare al mondo mai descritto così, mai così ritmato.

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