Gli americani adorano vedere le loro istituzioni distrutte sullo schermo. Che sia a opera di alieni, zombi, meteoriti o altro, è una fantasia che non smettiamo di inseguire. Senz’altro indulgendo nelle proprie fantasie si diventa insensibili a esse. Il film è ambientato in una versione del presente in cui una combinazione di strategie di uomini forti e movimenti secessionisti ha fratturato gli Stati Uniti in varie fazioni armate e politicamente non specificate. Come e perché siamo arrivati qui non sembra importante per Lee (Kirsten Dunst) e Joel (Wagner Moura), due reporter di guerra, insensibili agli orrori che raccontano, diretti a Washington per intervistare il presidente assediato. Li accompagnano Jessie (Cailee Spaeny), una fotografa giovane e inesperta che ha il mito di Lee e un anziano reporter che vuole arrivare in prima linea. La mancanza di un punto di vista politico nel film è stata oggetto di critiche. Ma davvero vogliamo vedere un film che tenti di spiegare quale politica può condurre alla guerra civile? Mostrandoci in modo realistico come potrebbero andare le cose Alex Garland sembra più invitare alla riflessione che lanciare un grido di allarme. Non lo fa per suscitare emozioni ma per farci chiedere come mai non proviamo più nulla di fronte alle immagini della guerra.
Bilge Ebiri, Vulture
Stati Uniti / Regno Unito 2024, 109’. In sala
Regno Unito / Stati Uniti / Francia 2024, 122’. In sala
Per un’attrice poco navigata come Marisa Abela, il ruolo di Amy Winehouse può essere un sogno e contemporaneamente il lavoro più duro e ingrato possibile. Il carisma fulminante di Winehouse, la sua nuda onestà emotiva, l’intensità con cui ha vissuto ogni attimo, la sua voce: impossibile replicare tutto ciò. Eppure ci sono istanti in cui Marisa scompare e sullo schermo appare Amy, come se un obiettivo magico, per un attimo, avesse messo a fuoco l’immagine. Ma il film è clamorosamente incostante e incline a catastrofici errori di valutazione. In questo almeno è fedele allo spirito di Amy Winehouse.
Wendy Ide, The Observer
Regno Unito / Stati Uniti / Francia 2023, 100’. In sala
L’austera zitella Edith (Olivia Colman) e la sua chiassosa vicina Rose (Jessie Buckley) entrano in conflitto su una serie di misteriose lettere, piene di oscenità, che cominciano a circolare nel villaggio britannico di Littlehampton, nel 1920. Ispirato a una storia vera, il film volge alla farsa e dietro un mistero leggero nasconde un’innegabile verità: quanto erano fastidiosi gli uomini di Littlehampton (e, per estensione, tutti gli uomini) nel 192o, intontiti dalla loro misoginia. Tutto è elevato dalla complessità di Colman e Buckley, spesso la cosa migliore di ogni film in cui recitano.
Alissa Wilkinson, The New York Times
Belgio / Francia / Congo 2023, 90’. In sala
Dopo quindici anni passati in Belgio, Koffi torna a Lubumbashi, in Congo, per presentare la moglie alla sua famiglia. A questo avvenimento s’intrecciano altre storie, non necessariamente collegate al protagonista. Koffi è considerato uno zabolo (una specie di mago cattivo) e Baloji si serve della stregoneria non solo come soluzione culturale e spirituale per mescolare e confondere le storie, ma anche come strumento per rilanciare le sue ambizioni formali.
Fernando Ganzo, Cahiers du Cinéma
Islanda / Regno Unito / Germania 2023, 97’. In sala
Questo thriller stravagante comincia durante un corso per superare l’aerofobia. Presentato come una commedia, il film prende velocemente la forma di un’opera sulla paranoia: un incubo a occhi aperti in un hotel di lusso sperduto tra i ghiacci islandesi. Si ha la sensazione di vedere un regista che gironzola nel profondo di un’ansia generalizzata che non ha quasi niente a che fare con la paura di volare. Maroussia Dubreuil, Le Monde
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